La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

sabato 26 dicembre 2009

La Città di San Frediano (ovverosia: pianta i pali, e poi San Frediano fa il miracolo)





Potrebbe essere cosa da sciacalli commentare e filosofeggiare mentre c'è chi si dibatte fra le acque del Serchio, dilavate dall'Appennino e dalle Panie; forse lo è. Ma in queste ore livide e di sofferenza, dopo che gli otto venti si sono succeduti portando ognuno la sua dote di neve e poi di acqua, di caldo e di freddo, non si può non ricordare che Lucca non è la città di San Pompeo (Batoni), di San Carlo Ludovico (...), di Sant'Elisa, co-fondatrice dell'Ordine delle Zoccolone, o di Sant'Hermès, Patrono dei Foulards (sono le fisse di Segni dell'Auser, è un po' vecchio, sopportiamo le sue debolezze della prima senescenza). È la Città di San Frediano, celebrato nelle superbe immagini della chiesa che lo ricorda anche ai Lucchesi dimentichi, di lui e di San Giovanni Leonardi, tanto dimentichi che pagano per far vedere Amico Aspertini a Bologna, e non nelle pareti della Chiesa del Santo.
L'oscura civitas di Lucca due volte appare nel VI secolo, come direbbe lo 'scienzato dell'antichità', quell'incrocio tedeschizzante fra archeologo e storico che usa tutti gli strumenti della Altertumwissenschaft. La storia non è magistra vitae, la storia antica è roba da bambini delle elementari, ma qualche volta rammentare gli eventi del passato potrebbe far comodo anche ai giorni nostri, e a qualcuno che non è più bambino.
Quando le soldatesche bizantine assediano la città, presidiata dalle soldatesche gote (franche: già allora i Francesi facevan del male alla città devota di Sant'Hermès), la 'società lucchese' si agita parecchio, in trattative e intrighi, e infine patteggia il cambiamento di parte, indolore, appena appena sollecitato dalle macchine da guerra di Narsete; e siamo negli anni Cinquante del secolo forse più terribile della storia d'Italia, con alluvioni e carestie, guerre e pestilenze, tutti i Cavalieri dell'Apocalisse impegnati a far morire il mondo antico, e crearne uno (comunque lo si voglia vedere) assai peggiore: alla faccia della Magistra Barbaritas, buona per un titolo di librone bancario, o delle celebrazioni francesi di Roma e i Barbari, in una città salvatasi dai Barbari (Venezia).
E poi, un po' dopo (forse), nell'infuriare dei Quattro Cavalieri, quel che resta della civitas Lucensis s'impegna a regimare il fiume riempito dalle acque inesorabili delle continue alluvioni del secolo (riscaldamento globale anche allora?). Amico Aspertini celebra la città dei suoi anni con un primo piano sulle tecniche di regimazione idraulica del Cinquecento. Solo all'insufficienza della civitas sopperisce il Santo Idraulico, con il Rastrello. Aiutati che San Frediano ti aiuta, sembra dire Amico Aspertini o chi gli detta il tema: i Fiorentini sono alle porte, i torrioni del '14 sono appena appena un deterrente,ma anche il Serchio è sempre lì, divaga sin sotto le mura, come vide solingo l'archeologo nell'81, quando le ghiaie con il morto apparvero sotto i terrapieni del Cinquecento, e come ha rivisto, in splendida compagnia delle meravigliose archeologhe lucchesi, un paio d'anni fa nelle ghiaie che fecero crollare le nuove mura, appena appena oltre la Chiesa del Santo. Ma i Lucchesi, dal VI al XVI secolo, e oltre, piantavano i pali, e non costruivano sulle ghiaie del fiume ... e San Frediano, quando poi tutto falliva, usava il Rastrello.

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