La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

martedì 28 dicembre 2021

Lucca e l'impero, passando da una fibbia



Vent'anni e anche un po' di più da quando Elisabetta e Susanna la sottrassero alla terra, e poi la misero in mostra, luccicante della sua bella patina ancor dorata, e del gioco dei punzoni. Lucca, Via Fillungo, Loggia dei Mercanti ...

E capita di ritornare su quella immagine, per salutare le fatiche remote, e volare su artefacts.mom.fr, chiave di infiniti misteri, con gingilli muti che s'aprono e divengono assai loquaci.

La scienza ha fatto strada ...

Fibbia di cintura tipo Viminacium, dicono i sapienti d'Oltralpe, qualche problema di cronologia, ma poi veloci si vola sul mar Nero, e un dotto studioso che ha navigato su Reno Danubio e su tutto il Mediterraneo dà anche il tipo, A, variante A 1. In russo è più generoso, vale la pena di spendere cinque euro per soffermarsi da ogni legione, indagare ogni distaccamento ... 

Anni degli imperatori antonini, o dei Severi, non si dovrebbe andare molto più in là ... certo che a Lucca piacerebbe di più l'epoca di Probo, gli anni delle rinnovate mura, torri che dovevano fermare gli Alamanni in marcia su Roma, appena il tempo per far arrivare la cavalleria... Ma occasioni non mancavano, soldati truci come quelli che viaggiano incontrando l'Asino d'Oro non dovevano essere rari, anche negli anni felici degli Antonini. E briganti e banditi non mancavano, negli anni felici degli Antonini e dopo.

Lasciamo sul vago, non stringiamo il cingulum che serra Lucca all'Impero, il pallino rosso che si aggiunge, un po' fuori strada. Ma si sa, le strade dell'Impero arrivavano dappertutto.

domenica 26 dicembre 2021

Il ketos dell'imperatore. In compagnia dei delfini.



Ketos, pistrice, un po' simurg, animali ambigui e anfibi, capaci di percorrere i tre elementi, e chissà forse anche il quarto ...

E dopo aver inseguito i delfini dell'imperatore un po' dappertutto, negli anni di Giustiniano, ecco il ketos questa volta è proprio lì, pronto ad azzannare la preda ... sembra, perché l'immagine può essere ambigua, se dal ketos esce salvo Giona. E certo, visto che il mosaico strappato ai clandestini mirava le acque dell'Ellesponto, a Parion, negli anni dell'imperatore fortunato, non è astruso immaginare che la storia del ketos Porphyrios fosse ben presente a chi passeggiava su immagini e colori, in devozione, perché sembra di chiesa. Sta per spiaggiarsi, il ketos, inseguendo il delfino, di certo ... la fortuna dell'imperatore, morto prima degli infiniti guai del successore.

Un po' meno presente la storia, forse, al Longobardo morto a Chiusi, sepolto nel luccichio dell'oro, ma non pacchiano, oro delle officine romane, oro dell'Impero. C'è da dubitare che leggesse Procopio, e ai barbari della gelida e piovosa Pannonia la storia doveva interessare anche poco. Anni di LALIA, la Piccola Età Glaciale del VI secolo ...

Ma siamo in pochi a dirlo, nell'anno che è stato dei Longobardi di Toscana, gente ambigua, come il ketos dell'imperatore.


domenica 12 dicembre 2021

Seguendo cerchi concentrici, tangenti. Reliquie che divennero reliquiari. Forse.









Scendendo ancora, trentacinque anni dopo, nella cripta di Santa Reparata, a Lucca, ora che con forza s'immagina opera diretta o indiretta dei due fratelli, vescovi prima e dopo, Giovanni e Iacopo, nomi di apostoli per schiatte longobarde, negli anni dei Franchi, 780, o 800, o poco dopo ma non troppo ... e riaffiorano le lamine d'osso esposte con passione al museo un po' nell'ombra, Villa Guinigi, e anche qui si pensa al tempo, sono dieci anni.

Mirabile lo studio di Clotilde Amante Simoni, in un volume nobile e un po' triste, pochi colori, ma c'è tutto, pettini cassette reliquiari. Tuttavia ora che le reti schizzano dall'una all'altra terra, è più facile partire da lastrine sparse nella cripta quando fu sepolta, trecento anni dopo, forse, e andare sull'Adriatico, Loreto A
prutino, e poi nelle tombe del Mantovano, e infine raggiungere la capsella di Hessigheim, terra alamanna, attraversate le Alpi alla Novalesa. Di lì no, viaggio un po' complicato, ma con la rete è facile.

C'è tutto a Loreto Aprutino, c'è tutto a Hessigheim. Secolo VII, un po' prima che la cripta venisse costruita da magistri casari che avevano visto Roma, decorata da pittori che anch'essi avevano visto Roma. Cerchi concentrici in sequenza e allacciati, come a San Frediano, la capsella gemella, cerchi con croci, cerchi che fanno croci, spezzate parallele ...

Storie di pettini e di cassette, che divennero (forse) reliquiari quando erano esse stesse reliquie.


 

martedì 9 novembre 2021

Keats a San Casciano. Inseguendo Atalanta, in Val di Pesa


What men or gods are these? What maidens loth?
What mad pursuit? What struggle to escape?

Viaggi di un anno che fu, di là dall'Elsa, confine di infiniti percorsi di gioventù, dopo un po' meno, di appassionati viavai fra Romani e Medievali, e un po' di Etruschi. Poi amici ti invitano, superi il tenue confine, e ti avventuri oltre, nel saliscendi di valli e colline, Orme, Pesa, Greve, e fiumi e fiumiciattoli, fino di nuovo a vedere il Padre Arno, dal Valdarno di Sotto al Valdarno di Sopra.

Qualche paginetta, un po' di mestiere, datato si direbbe, ma anche l'autore ha i suoi anni, e torna infine lì, a San Donato, Luciana, bronzetti trovati chissaccome, un'associazione un po' inquietante, votivi allungati e anse di brocche o di chissaccheccosa.

Oggi stanchi in stanca vetrina di stanco museo, ove si dissolve l'eterogeneo fascino della prima età ellenistica, loro e degli Etruschi del Valdarno. Aristocratici e plebei, Roma che arriva e ci si adatta o adegua.

Però c'è lei, che chiamano Andromeda, a sfidare e invitare, fuggente come la fanciulla di Keats, irraggiungibile nella sua bellezza eterna, o, meglio raggiunta, perché qualcuno l'afferra, e lei si volge, un po' contratta, molto attonita. Non se lo immaginava, soprattutto.

What mad pursuit? What struggle to escape? Non Andromeda, di certo, una danzatrice senza nome, dice qualcuno, e s'avventura Atalanta, per l'atletica veste che un po' rammenta le fanciulle che si cimentavano nelle Heraia. Chissà, afferrata da Hippomenes mentre si volge a mirare la terza delle mele d'oro. Ahiahaiahi, iconografia non pervenuta. E di certo una Menade non andava vestita così. Ma se il modellatore non aveva niente di meglio a portata di mano, andava bene anche la Menade, vestita da Atalanta, per fare un bel symplegma. Innovativo, diremmo oggi. Sperimentale. 

Domande fatte per non aver risposta. Si sa, le domande, per essere fascinose, non devono avere risposta.

venerdì 5 novembre 2021

Dal Portus Argous al Portus Cosanus, seguendo triremi e tonni





Certo guidavano la flotta imperiale, da Forum Iulii ai neosoikoi visti da Strabone e a quelli immaginati dall'archeologo davanti alle acque placide o tormentate della Tagliata, le potenti volte delle Grotte, in crescente serie. Portus Argous, di ville santuari tombe di schiavi e liberti, marinai della flotta (di Ravenna). Che ricordi, davanti ad una mappa finita in Francia ...

Ma anche tonni, se quelli sfuggiti alle tonnare elbane finivano avvistati dal thynnoskopeion visto da Strabone, sempre lui, a Cosa. O viceversa.

Storie di marinai, pirati, e tonni, infinite sfumature del mare dei Romani ... riviste ancora, nel sogno di appassionati anni Ottanta, seguendo Sirene del Mar Cantabrico.

sabato 16 ottobre 2021

... o arrivando con l'Imperatore (dalla Francigena all'Aurelia, autunno 1211)

 





Il Ponte del Diavolo e un po' più in là i ruderi del monastero benedettino, vedeva il geometra di Capalbio, alla metà del Settecento ... è Sant'Angelo de Subterra, suggerisce l'amico massimo esperto dell'archeologia di queste terre, e subito si mettono le vele di Google, è vero, sì, la cisterna della villa Subterra, la chiesa sul Chiarone dell'Abbazia delle Tre Fontane, presidio di confine della donazione, fra Catamare e la laguna, e poi Aldobrandeschi e Senesi, e infine rovine della chiesa costruita su rovine.
Ma nel frattempo l'erede di Ad Nonas/Ad Novas, o chissà, aveva visto l'imperatore guelfo, Ottone IV e il suo corteggio, marchesi e conti, in viaggio da Montefiascone a Pisa, dalla Francigena passando all'Aurelia, e lì fermati, 1° dicembre 1211, in tempo per godere fresco di Maremma. Maremma dei primi del Duecento, castelli e castellotti aldobrandeschi e pastori transumanti di Garfagnana.
Paesaggi da ritrovare in compagnia del geometra di campagna del Settecento. E dell'imperatore, dei marchesi e dei conti di Germania, e di Guido Cacciaconti, signore di castella del Senese, e di remoti scavi.


giovedì 14 ottobre 2021

Ritorno al Chiarone, passandolo sul Ponte del Diavolo

 


Splendidi doni la Regione Toscana, qualche volta, con il suo CASTORE, che ti fa navigare nei colori del passato, senza il tedio delle parole. Solo immagini, lumi, geometrie e un po' di poesia, quando il geometra agrimensore indulge al vedutismo, e descrive le terre di Capalbio non per misure, ma volando su paesaggi di confine.
E si sofferma, memore delle ruine tanto amate dai suoi contemporanei, in tocchi veloci degni del Magnasco, che di certo non conosceva, a lumeggiare le arcate del Ponte del Diavolo, uno degli'infiniti segni del passato che le Maremme ancora vedevano, prima che le pietre finissero nelle nuove strade o nelle ferrovie. Laicamente dimenticando per il frastuono del treno superstiziosi rispetti per le inquietanti meraviglie del passato. Diverse, diaboliche.
Sarà realistico, e perché no, o un sogno del geometra rustico, ma quanto basta per ritornare al campo degli asparagi, fine del millennio, tre anni di affannose e festose ricerche sull'Origlio e sul mare, con generosa compagnia e scoperte continue.
Poco aggiungono agli archi al rettifilo dell'Aurelia e poi Origlio, ma solo ad averlo saputo quando si scrutavano le zolle nel campo degli asparagi, pagina 246, figura 1.16 ...

venerdì 1 ottobre 2021

Riportare il reliquiario nella cripta. Sogni per Santa Giustina, trent'anni dopo.




Si ritorna alla cripta di Santa Giustina, trent'anni dopo, guidati dalle pagine limpide di una studiosa che a Villa Guinigi, Lucca, è a suo agio, complete, il monumento, la storia, la badessa Erizza e il suo giallo, c'era vita e anche agitata a Lucca nel secolo XI.

E seguendo quelle pagine, si scivola sino al Fiorentini, la Quellenforschung di remota scuola, ora agevole con la rete. Non molto divertente leggerlo, un po' lunga la storia di San Silao, ma chissà, con un po' di pazienza cosa svela ... però rammenta come era la capsella-reliquiario della Santa, poche righe oltre il ritmico epigramma, «di diverse sacre Imagini, e del martirio di S. Giustina adornata». Quanto basta per partire sulla rete, arrivare a Milano, ritrovare diverse sacre immagini, e il martirio di Santa Giustina nel reliquiario già Trivulzio.

E quando girovagando nelle fitte note di studiosa accorta s'arriva alla memoria che dicevasi venir da Lucca la cassetta, si vola a prenderla, rifatta, per riportarla sul sostegno murato della cripta vista trent'anni fa.

Ora è completa la cripta voluta da Erizza, secondo la moda che tanto piaceva al vescovo Giovanni (da Besate). Cose di Longobardia, sulla via di Roma. 

Al sogno poco basta, e meno ancora all'archeologo un poco stanco, per far squillar l'argento e le sue storie su denudate pietre (e un po' di mattoni).


sabato 11 settembre 2021

I sogni delle archeologhe che scav(av)ano le mura ... da Scarlino alle tarsie di Cristoforo da Lendinara









Un faticoso ritorno a Villa Guinigi, quanto basta per risolvere nuovi enigmi, o così si spera, e ritrovare antichi percorsi ... Occhi vecchi ma colori nuovi, per rivedere cose viste infinite volte.

E così è per le surreali immagini dell'autunno del Medioevo, o degli albori di Rinascimento, tagliate nella monocromia infinita del legno da Cristoforo, anni Ottanta del secolo XV ... le mura che son di Lucca, certo, ma astratte e senza abitanti, trasformano il contingente in rarefatta poesia dell'assoluto. Sì, l'archeologo dilettante sente le geometrie di Piero della Francesca, ma sono solo suggestioni da liceo mal vissuto ...

Epperò l'alterno ritmo delle feritoie, in mura merlate che pulsano con le torri tonde di Lucca, subito echeggia sulla costa del Tirreno nelle mura quattrocentesche di Scarlino, ritmate da bocche per balestre o per passavolanti, o chissà quale altra diavoleria che sparava fiamme e palle.

E poi folgora la memoria degli antichi scavi di Elisabetta e Maila, che quasi volava dalle mura, e anche Serena e le altre, amiche di giorni che si perdono quasi nella memoria, ma si incontrano su carta. Mura del Medioevo rinnovate, un restyling, si direbbe oggi, rialzate e doppio camminamento e doppia sequenza di feritoie.

E dunque la ricostruzione di Elisabetta s'invera non solo nella festosa immagine che commenta rigorosi rilievi di scavi ineccepibili, ma s'adatta all'immagine della città di Cristoforo.

Alterni ritmi di merli e feritoie, doppio registro ... per le archeologhe che hanno scavato mura, e le hanno capite, e per quelle che oggi scavano mura del Rinascimento, e le capiscono.

mercoledì 8 settembre 2021

Pendendo (e tintinnando?) ...



Non è facile salire al castello che è anche un po' museo, a Rosignano Marittimo, e alle luminose sale da cui s'ammirano mare e colline da cui vengono le storie narrate da oggetti e da pannelli.

Ma quando appaiono gli Etruschi di Pian dei Lupi, che si aggiungono a quelli di Castiglioncello, e s'affollano i ricordi di quarant'anni prima, cippi di Valdera e di Pisa, e poi gli Etruschi di Ponte Gini, subito si corre al triplice pendente, forse di fibula, forse tintinnante al passeggio di chi lo indossava, chissà.

Visto singolo a Ponte Gini fra le reliquie salvate da Augusto Andreotti, sempre con molti dubbi, ora almeno ne è chiara l'epoca, metà più o meno del III secolo a.C., e più si stringono – direbbe l'archeologo dei tempi andati – le affinità fra gli Etruschi del Valdarno e quelli del mare di Castiglioncello e delle aspre e dolci colline di Pian dei Lupi, con vista sul mare che i Pisani di Strabone navigavano audaci, quando combattevano i Liguri ma anche ne sposavano le figlie. Scambi merci matrimoni, da vivere anche in queste terre solatie, con le Etrusche di Volterra che qui venivano, velia carinei, armni ...

Storie narrate da un museo, il massimo che da un museo si possa attendere, con l'amicizia della direttrice ritrovata dopo tanti mai anni, e il garbo di un'archeologa che ama il suo lavoro tanto da fartelo amare, nonostante tutto.

domenica 5 settembre 2021

Le grappe di Lucca




Emersero un dì dai depositi di Villa Guinigi, affreschi staccati quasi quarant'anni prima dalla cripta di Santa Reparata, e ci fu chi volle esporli, in una prospettiva aerea che facesse rivivere in una stanza gli spazi dello scavo e della storia.

E ora che son lì, e ora che un dotto studioso ha raccontato le storie dei marmi dipinti degli anni oscuri fra VIII e IX secolo, dalla Torre di Torba alla Longobardia Minore, luoghi fatati, la Cripta del Peccato Originale di Matera, San Vincenzo al Volturno ... in quei colori un po' stinti, come quasi sempre è degli affreschi staccati, legati da potenti grappe, si completa a Lucca, con l'ultima grappa, la via dei pittori erranti che negli anni degli ultimi re longobardi o di Carlo prima re, e poi imperatore, facevano rivivere la memoria dell'antico con oblique strisce policrome.

Ringraziando Maria Teresa Filieri ...

martedì 24 agosto 2021

Andare a Staggia per riveder poligoni lucchesi. Storie di torri del tardo Trecento










Per chi studia le mura del Trecento, e anche del secolo seguente

Torridi giorni d'estate, ottimi per girovagare nelle terre fiorentine di confine, e per le loro mura, Lastra a Signa Malmantile Campi sul Bisenzio, e infine, la prime e le più limpide, Staggia Senese, che allora era fiorentina, sulla via per Siena. Torri contro torri, anche più antiche, Staggia e Monteriggioni, percorso ideale.

Un manuale di pietra, mura camminamenti di ronda beccatelli feritoie doppie e singole, ancora per balestre, e caditoie, porte, quasi come ancora le vedevano i cartografi del Granduca. Post 1372, dicono i documenti pubblicati dai dotti dell'Ottocento, ancora insuperati ...

E in quelle torri rettangolari, e nei poligoni angolari, si vedono le storie di guerre di anni in cui peste e carestia completavano l'opera e la Repubblica difendeva i confini per aggredire i vicini.

Sono passati gli anni, dacché Elisabetta e le sue amiche scavavano il poligono di mattoni, e Alessandro con Elena ed Enrico ritrovavano il rettangolo, le mura dei Borghi di Lucca, tutte descritte da documenti e carte, ma vedere nella terra pietre e mattoni è un'altra cosa.

Eh sì, si sapeva che la risuscitata Repubblica Lucchese aveva chiamato maestri di pietra fiorentini ad assicurare la ritrovata Libertas; e quelle mura, qualche decennio dopo, ancora efficaci, la avrebbero difesa dall'ambigua vicina, vorace e manovrata da voraci aspiranti a signoria. Il sangue sulle mura, per salvare la Repubblica.

Non c'è sangue sulle torri e le mura di Staggia, ma la storia delle mura dei Borghi si distende sulle loro pietre.
 

lunedì 9 agosto 2021

Andar per vigne dei (tempi) longobardi



Son riuniti a Grosseto, tutti o quasi i Longobardi di Toscana, ed altri barbari, e i Romani che con loro dovevano vivere ... ma girovagando per arroventate campagne e periferie eclettiche d'antico e di contemporaneo, si può ancora trovare a Peretola, chiesa di Santa Maria, un tralcio di vite dei tempi dei duces e dei gastaldi.

Non sono gli anni del vescovo Specioso, ultimo dei Romani di Florentia, chissà, ma forse di Tommaso, che nel 743 andava a Roma, sì, ci si può arrivare, la seconda fase delle produzioni artistiche del secolo VIII, 
 

Anni di vigne di marmo ed altre pietre, stilizzate e nascenti dalla croce, o rampicanti su per pilastrini, figlie di quelle che nella Longobardia sul Po, da Pavia a Voghenza, e sull'Adige divagano in cornici di dotte iscrizioni o si perdono su amboni di vescovi, a rallegrare pavoni. 

Nella terra che fu la provincia Tuscana del dux Tasone, dal mare di Populonia e dalla memoria di San Cerbone alla Santa Maria di Peretola, memoria delle vigne del secolo VIII, la metà andante. Paesaggi da visitare, prima di andare a Grosseto, a ritrovare le storie del lungo secolo delle croci infinite.

mercoledì 28 luglio 2021

Cavalcando dalle steppe al deserto, e passando da Lucca e Grosseto



Van verso Grosseto, i Longobardi di Toscana, come quando si radunavano gli arimanni per muover verso Roma, a preda e conquista.

Oggi è per capire, e riflettere, forse, chissà ... 

Rimane a Lucca il cavaliere che perse la fittile fiasca in una pozzanghera di Via San Paolino, per farla ritrovare alla raffinata arte di Susanna tanti anni dopo. Germanica fiasca, memore del bronzo e del legno, ma foggia anche dell'Impero d'Oriente, vista dalle steppe di Pannonia alle sponde del Mar Rosso.

Sono tempi di immagini, questi, non di parole. Ma con una fiasca di ceramica e tre immagini si può capire più che con mille parole, del secolo VII e dell'VIII,


 

martedì 15 giugno 2021

I misteri (o mysteria) di Laetilia L.f. Celerina.


Quarantacinque anni, dietro a Laetilia, una passione intensa, a senso unico, iniziata in un giorno di primavera del '76, un giovanile giretto a Corazzano, l'idea che CIL XI 1735 aveva trovato un altro pezzo. Emozioni al ritorno, subito a sfogliare il Corpus ... E immaginarsela intera, con i rustici strumenti di quegli anni, e scriverlo, babbo Venuleio Montano, figlio Venuleio Montano Aproniano, consoli sotto Nerone e Domiziano, a far dedica alla Dea Bona, e questa incerta signora in fondo, caratteri assai consunti, minuti per il rango subalterno, molto di moda allora, moglie del senatore, ma sola a concludere l'atto. Si doveva vedere poco, ma vedere. Talmente poco che si poteva dubitare, se non fossero piuttosto Laetilia et Celerina. E via a commentare ...

Ritrovare babbo e figlio a Massaciuccoli, giorni del '91, ma nei muri, Laetilia sarà stata anche lei nel ninfeo-triclinio, a sentir scrosciare l'acqua con vista-mare e vista-Pisa, e salutare le sue pari; e poi, nel fulgore della maturità, con Roberto Cerri e Paolo Pecchioli, a vedere nel gesso rinascere il marmo diviso, Segni e lettere, la terra dei Venulei. Anno 2000. E vedere bene nell'allineamento perfetto che una sola era la dedicante, Laetilia L.f. Celerina, uxor dedicavit. Di chi uxor non si sa, forse non importava.

Tanti anni ancora, 2021, per ritornare a San Miniato, gentile accoglienza nel Museo della Civiltà della Scrittura, per sentire la coazione della simmetria, il testo centrato. e percepire che dopo dedicavit qualcosa manca. Altrimenti non c'è simmetria, né centratura. Chissà ...

Tutto sembrava limpido, e invece no. Nell'ultima parte dell'ultima linea, perduta, si cela il senso della dedica, di certo. Il mistero di Laetilia L.f. Celerina, perché dedicavit? Voto suscepto, che aveva avuto dalla Bona Dea, e forse eran memorie di Bitinia, dove la Grande Madre aveva altro nome? Chissà! Mysteria, e s'immagina l'attesa di un figlio, ma chi era L. Venuleius Apronianus Octavius Priscus, che darà il nome agl'infiniti laterizi del 123, il figlio di Laetilia, grata alla Bona Dea, o no? 

E oltre non si va.


martedì 1 giugno 2021

Il pane di Ursacius





 Quante volte si arriva fino all'ultima delle pagine del memoriale del Marcelliani, Orbetello e le sue storie di tombe e scavi dell'Ottocento, accozzaglia di solide notizie e di fantasie, iscrizioni però sempre confermate. E infine quella immagine VRSAC VIVAS, fatta per stampiglia, a croce ... 

E poi ci ritorni, i primi Cristiani di Maremma ti appaiono negli innumeri stampi per pane, cruciformi, eucaristici o forse anche no, sparsi in latino e soprattutto in greco nel Mediterraneo, Salute, Vita, Fede, auguri ... innumeri nel mondo che chiamiamo bizantino.

E certo, se fosse la fine del IV secolo, e perché no, Ursacius potrebbe non essere un qualsiasi. Ursacius di Singidunum, il vescovo ariano, metà del IV secolo ... mai si saprà, se dalle parti di Orbetello o della Tagliata un devoto ariano celebrava il vescovo della sua hairesis.

Ma il disegno del Marcelliani basta per visitare i porti del Mediterraneo d'Oriente ...

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