La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

venerdì 12 gennaio 2018

Cinquecento, trentasette e l'inverno dell'Ottantuno (la Capannuccia nel Pantano di Orentano)




Cinquecentopost, dice statistica, spalmati in anni quasi nove, trentasette anni nel ministero, cambiando dieci volte il nome ma sempre lo stesso anzi peggio. E via numerando, piacerebbe a Alberto Angela e a chi del numero si fe' vanto (ricordiamo i Longobardi cui fu prodezza il numero, oggi che van tanto di moda come i Fenici un dì). Vale più un verso del Manzoni di una mostra, direbbesi se non ci fosse il rischio della Volpe&Uva, rimugina l'archeologo scippato del Vir Magnificus di Lucca dopo aver letto il suo divoto pensiero.

E quindi, in giorni di memorie, sfinate da pioviggini invernali, giacché è il dì natale di uno dei compagni di quell'avventura remota, più dei photoshoppati tramonti di Xperia valgono le flebili diapositive del dicembre 1981, appena anni trentasei, con Silvio Lorenzini e gli altri, figure in un orizzonte di nebbia e nuvole. La Capannuccia nel Pantano a Ponte Gini, smontata alla vigilia del Natale, due saggi, sotto a scavare fango cocci pietre, i primi segni degli Etruschi del secolo IV e un po' anche del III.
Obblivion si stende, direbbe il Manzoni, e di suo manto avvolge, se la lavagnetta e il gesso non memorassero il Ventidue Dicembre dell'anno Millenovecento e Ottantuno. Nuovi orizzonti, cultura, musei, scavi, pubblicazioni, conferenze, Studi Etruschi, MuseodiLucca e poi di Orentano. Sogni di un inverno annegato nell'estate franceschiniana.

mercoledì 3 gennaio 2018

Nostos: la spiaggia degli Argonauti


Il sole del mezzogiorno traccia sul mare la via alla spiaggia degli Argonauti, dove giunse Telamon e al pozzo qualche scambio ebbe con una Tyrò dell'Età del Bronzo.
Il nostos dell'archeologo è certo meno arduo, viaggia nel tempo, rammenta i trenta anni dacché e i venti da quando sulle smosse zolle della Puntata apparvero i segni e poi le memorie ordinate in isonomiche dimore degli Etruschi di Fonteblanda, il vino le anfore i mercanti d'oriente il ferro il pozzo i disastri ecologici l'abbandono.
Il Giglio a dividere le rotte, l'andata e il ritorno, prora rivolta al castello che fu senese o alla possente torre che fu dei Re di Spagna. Uno scoglio inquietante, esaltato dal sole appena filtrato. Lì apparve Glauco, chissà, a profetare dalle onde.
E poi le ombre già lunghe richiamano alle vie di terra.

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