La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico
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domenica 13 marzo 2011
La G di San Frediano
Una sera di primavera, a Lucca, degnamente cupa come vuole questo 2011, ma un sentore appena degli anni del VI secolo, infinitamente più cupi, anni di morte per guerra, morte per peste, morte per fame, morte per acqua, Morte dovunque, salvo che nei mosaici e nei capitelli, nei dittici e nei segni del potere; come sempre. E i santi taumaturghi elencati da Gregorio Magno sola speranza, storie del passato per un po' di fiducia nel presente e nel futuro, per la forza di arrivare al domani, tra fatiche infinite, duces longobardi e magistri militum, preti e signori.
E per questo s'arriva di sera a San Frediano, a trovare inatteso e improvviso un amico a leggere il testo letto infinite volte, per cercare conferme ai sogni sul santo del rastrello, per trovare nelle cronache di Agnello o nelle sontuosità curiali di Cassiodoro o chissaddove, negli intrecci delle guerre di Procopio, gli anni di Frygianus, uomo di Dio, vescovo della chiesa di Lucca. La G di San Frediano, una G che è C o così sembra, come sul dittico di Oreste, fatto e rifatto, accomodato nel 530 ... Gennadius come Frigianus, la E in capitale rustica, la R con il tratto un po' in là. Lettere strette e risparmiose, alte, maestri di grafia e di tipografia, per esaltare i volti imbambolati di consoli paffuti come la loro nomenclatura che si trovavan davanti Totila e Isauri, dal nome asciutto, assai più affamati, pronti a prender per sé i sacchi di solidi portati da mancipia contratti.
La G di San Frediano, quanto basta per trovare il sentore del VI secolo, gli anni di Belisario e Vitige, Totila e Narsete, Ranilo e Funso, e Valerianus. L'importante è convincersi.
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