La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico
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giovedì 17 marzo 2011
Altopascio: lo spedale, il castello, la fattoria. Una storia archeologica (l'introduzione)
Introduzione (Giulio Ciampoltrini)
Per quasi venti anni Altopascio ha visto il recupero del suo ‘centro storico’ scandito da scavi archeologici. Grazie al diuturno, instancabile impegno di Giuseppe Dal Canto, e alla crescente disponibilità manifestata dalle amministrazioni comunali che si sono succedute dagli anni Ottanta del secolo scorso – oltre che dai privati coinvolti o contagiati dalla passione dei segni del passato – piccoli saggi e scavi in estensione hanno fatto ritrovare pagine della ‘storia archeologica’ del complesso degli Ospitalieri, che sotto il segno del Tau avevano progressivamente fatto della fondazione del secolo XI una tappa cruciale della via Francigena.
La struttura dello spedale duecentesco, il suo declino negli anni terribili delle guerre del Trecento, la rinascita nelle forme di palazzo e fattoria del Quattrocento, con i Capponi Maestri dell’Altopascio, e poi le ultime trasformazioni con Ugolino Grifoni e i Medici: momenti della sua vicenda su cui Altopascio, nell’ultimo ventennio, ha invitato a una riflessione sempre più attenta con un susseguirsi di mostre e convegni. Grazie a questi, alle fonti documentarie e urbanistiche ritrovate in un percorso avviato dalla ricerca su Altopascio medicea, dello stesso Dal Canto, per culminare nella recentissima ricomposizione dei più significativi monumenti altopascini, il coacervo di frammentari materiali archeologici ha trovato una scacchiera in cui disporre la testimonianza spesso reticente di stratificazioni, di ceramiche, di lembi di strutture murarie.
Su questa base, e sulla scorta del rilievo Boggiano che è stato un prezioso punto di riferimento per tutte le indagini sull’evoluzione della struttura urbana di Altopascio (Andreini Galli 1976), gli scavi che di volta in volta sono stati condotti – sotto l’impegno scientifico della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana – dal volontariato, dagli amici Augusto Andreotti e Franco Castellacci, da Paolo Notini, da Alessandro Giannoni, da Elisabetta Abela e Sara Alberigi, possono offrire nuove occasioni per cogliere momenti della genesi e della strutturazione del complesso ospitaliero, e delle sue straordinarie metamorfosi.
Grazie al risolutivo impegno dell’Amministrazione Comunale, che ha concorso alla fase estrema della riflessione scientifica permettendo a Paolo Notini di completare la documentazione delle ricerche condotte in proprietà privata dal 2000 al 2006, e a Sara Alberigi di rivedere le planimetrie di scavo e di avviare l’affascinante ed impegnativa indagine su tecniche e tipi edilizi che sostanziano l’Altopascio del Medioevo e del Rinascimento, è oggi possibile presentare i risultati della ricerca archeologica, sia pure in una veste sintetica che ci si augura possa renderla ampiamente fruibile senza indebolire la solidità delle argomentazioni e la completezza dell’informazione.
Preziose guide di un viaggio in cui era facile smarrirsi percependo l’inadeguatezza del dato archeologico rispetto alle suggestioni delle storie narrate dalle pietre romaniche del Sant’Iacopo, delle carte del XII e XIII secolo, o al fascino severo del Chiostro degli Ospitalieri e delle logge rinascimentali, sono stati gli amici della Biblioteca Comunale: Licinia Scardigli, sempre presente con l’autorevolezza del suo impegno; Luigi Del Tredici, a risolvere con il garbo dell’ironia i dubbi che inevitabilmente emergono nelle imprese collettive, in cui risuona continuamente il canto di Sirene che invitano a tralasciare il cammino prefissato, per percorrere sentieri tanto suggestivi, quanto oscuri nella meta.
E infine, per l’impegno di molti dei migliori archeologi di cui il territorio lucchese ha potuto avvalersi negli anni in cui chi scrive ha avuto la fortuna di condividerne la passione, queste pagine: lettura non certo dilettevole, perché non facile è il lavoro dell’archeologo, testimonianza di anni passati a riflettere sui segni della terra piuttosto che serena narrazione di una storia che può essere colta in un attimo nello straordinario prospetto con cui Altopascio riesce oggi a proporsi, di nuovo, a chi corre sull’autostrada.
Ma per chi cerchi di capire l’intreccio e la successione di quella storia, un contributo che ci si augura possa invitare alla riflessione e a nuove ricerche.
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