La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico
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domenica 20 marzo 2011
Devozioni del Seicento nei giorni delle Piaghe del Mondo
Esibisce Kizzy con timida fierezza, nella mano avvezza all'Anello della Principessa, il Segno della Devozione appena ricavato dall'impasto di smosse terre, ossa più o meno in connessione, frammenti di storie perdute al di là del muro che ha visto da trent'anni e più, da quando andava pellegrino, l'archeologo Senzanome, alle vestigia di Liguri ed Etruschi, e alla lastra di un augustale vista nel Museo e a San Pietro a Vico, gloria di eroti e ghirlande fattasi inutile pietra per i roboanti segni del padre degli Aldobrandeschi.
L'ovale allungato raccoglie tutto quel che più poteva volere un semipovero Lucchese del Seicento, per trovare pace e la quiete di rosari infiniti di là dall'abside del San Francesco e nell'Orto: Volto Santo e Madonna di Loreto, Madonna non di Loreto e un Santo che può essere un Sant'Antonio, o l'amatissimo San Francesco, aperto a ricevere i segni della Passione Divina, le stimmate.
È stata benevola la terra con la conquista della passione amorevole di Kizzy, appena un velo sul bronzo, si scioglie davanti all'entusiasmo di un archeologo stanco, in giorni di primavera velata come il Volto Santo della medaglia del semipovero Lucchese dei Seicento, che aveva sentito della guerra dei Trent'anni (suppone l'archeologo che squinterna ovali e ottagoni di medaglie), la piccola patria a far guerra di campanile fra Gallicano e Trassilico con le milizie montanare del Duca di Modena; e soprattutto pesti e fame, crisi del mercato della seta, Lione e Anversa, le notizie delle guerre d'Olanda e di Turchia, briganti e pirati, il Granduca a cercare occasioni, i signori a decorare i palazzi costruiti da babbi e nonni, Poggi, Arnolfini, Garzoni, quel che restava dei Buonvisi e dei Cenami.
Tutto finito in grani di legno e in una medaglia, riemersa dalla timida e fiera mano di un'archeologa di là dal muro, in un giorno di marzo, per la riflessione di un giorno di marzo in cui non i viandanti o i reduci delle Fiandre parlan di guerre e di terremoti, ma guerre e terremoti ci rammentano le storie del Lucchese semipovero, che ha riposato un po' turbato trecento e più anni di là dal muro, per raccontarci la sua storia, per mano di un'archeologa timida e fiera.
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