La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

mercoledì 15 dicembre 2010

Il presepe etrusco nella Terra dell'Auser (ovvero: gli Etruschi di Porcari e a Porcari)


Ricorda tanto, troppo, i presepi di un'infanzia perduta, mai goduta, negli anni in cui ancora s'andava a prender l'acqua alla fonte con il secchio (bella Toscana dei versi di Fucini) e il povero calore di inverni perduti era di legna del bosco tagliata e comprata nell'antro di Vulcano. Cinquant'anni che sono un secolo, e sembrano due ...i comunisti erano comunisti (ora sono subneodemocristiani e anche il compagno Massimo ama Pound, che delusione) e i democristiani andavano in chiesa (ci vanno ancora, con i comunisti a bubbolare fuori). Ma il presepe era amato da tutti, un giocattolone, fra misticismo e ritorno ad un'infanzia sempre più in là, che quasi aveva i colori del giallo e nero delle marmitte tipo Alpes Maritimes (ossessione dell'archeologo).
Ed a Porcari, in questo Natale tra Wikileaks e Weltschmerz di chi tanto ha i cinque o diecimila euro di stipendio di professore ordinario assicurati, e poi piange perché è così fine piangere, ohi l'Italia un disastro nelle mani di questi cialtroni, forse arriveremmo a ventimila, con qualche consulenza, e i figli e le amiche bisognose, non c'è bisogno di pelliccia per Natale (politically uncorrect) ma un viaggetto fa sempre comodo, amplia gli orizzonti.
La Cristina e gli amici di Grosseto, forse con Weltschmerz da IVA+IRPEF+Contributo INPS+Commercialista (i professori chic & snob pensano allo spin-off, nuova strategia dei dotti post-fichtiani) impastano un presepe per Etruschi, a Porcari, vagheggiato da un archeologo che si è rotto abbastanza di Weltschmerz e Professori da diecimilalamese, dopo trent'anni a inseguir ghiaie di fiume e strade (o viceversa). Ma il Fiume trionfa, l'Auser padre di tutti gli amori e di molti Fregnoni (il blog ha le sue regole), con un dosso un po' troppo alto (censurerebbe Augusto), ma che fa effetto, un fiume un po' stretto (ma sarà d'estate, il fiume è in secca, non come in questo autunno quasi inverno del 2010, che il Dio delle Vette impera).
La tomba è giusta, il pozzo anche, la capanna come la vedemmo con Paolo Pallino (ora assassino, ahinoi, ci mancava anche questa) e Bruno che più non c'è, con la sapienza fredda ed acida di tanti anni fa, quando non c'era Wikileaks e scarseggiava Weltschmerz, l'edonismo reaganiano e gli anni da bere (primo o poi li apprezzerà ancher Massimo ...).
Mancano ancora i personaggi, nel presepe etrusco di Porcari, ma oggi lo popolano, pochi, come negli anni del V secolo a.C., ma buoni, validi.
E l'archeologo lo popola, in attesa di un Natale meno rompino, chissà, con Sant'Anastasio e la sua testa delle Tre Fontane a curare un po' di nevrosi e depressioni di chi non accetta per sé un po' di Selbstschmerz, e vuole Weltschmerz per tutti, dei compagni di viaggio di questi venti e più anni, da quando la capanna del Chiarone, palo su palo, si rivelò al monde dei tre sodali più il quarto in Lada Niva che affrontavano pantani e melme per trovare l'ansa del grande fiume, e la sua storia di milleduecento anni, fra Etruschi e Romani.
Paolo, che vide i pali, e li vede, quando vuole; non ci son più Pallino, mite e bravo, tanto da schiantare dopo infiniti anni di pazienza, e Bruno, ucciso dall'artrosi e dal lavoro, ma almeno aveva goduto le gioie del fuoristrada e dell'Islanda. Ed Augusto, che troverebbe qualcosa da dire. E con Paolo, Silvio, perché la vita e l'archeologia continuano.
E poi non credono al Natale, non credono a nulla (speriamo almeno in se stessi questo sì, perché son bravi, ma non è sicuro), gli amici che negli anni dei pali del Chiarone erano altrove: Alessandro che fa il museo, Sara che trova la strada, Consuelo mulher rendeira che ricama i cocci e li lustra, e poco manca che ci prepari la zuppa povera dei nonni. E le sei archeologhe sei (più una, a meditare) della Compagnia dell'Anello, corifea Elisabetta necrofora Serena, mater Irene, Maila che vuol diventar madre, e Silvia e Kizzy, che chissà che vogliono, mentre lustrano i muri francescani.
E popolato il presepe con i duri subneocomunisti della mitica Coop, struttura staliniana avvezza ai paduli, che trovò il tumulo ma non il cippo, l'archeologo zio che da giovane studiava il russo e la lingua di Mosé saluta tutti, e ritorna al trobar clus.

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