Non ruggisce, ma stride piuttosto l'antico leone della savana, incerto se seguire il fiume o la strada, dopo che il pasto fornito dalla tribù dei Legumi, pur lauto e comodo, bufale ben macellate, in tagli freschi, è finito. Giovani leonesse si aggirano dove suonano le acque dell'Auser, argentine su greti scintillanti o plumbee in gore palustri, e sanno chi scegliere per generare leoncini.
Ma è dolce aggirarsi nel Labirinto dell'antica cattedrale, in questi giorni d'inverno, in pia compagnia di dame passionevoli ed appassionate, capaci di accogliere sempre con un garbato sorriso, anche quando ulula lo scirocco che prepara la tramontana. Donne garbate e signori perbene, qualche volta capita, celebrano la fatica di chi ha ridato colore ai pavimenti che volle Maximus a Tuscia de Luca, e che una Soprintendente gradevole quando era il caso, e amica degli archeologi, volle rifulgessero, Gianna Piancastelli, che presto se ne è andata. E fresche luci, gelide e severe, sul ritrovato verde, sul poco rosso, sul bianco e sul nero che all'archeologo ricorda la passione non ricambiata di venti anni fa, la passione conquistata dieci dopo, in giornate romane che si perdono nelle nebbie della memoria, per i colori d'autunno di Piazza Navona, nei giorni di studio dell'AIEMA, novembre 2001.Ma fra tutti eccelle, come avrebbe celebrato Alcmane, per passione ed appassionato coinvolgimento l'architetta che traccia un amabile filo d'Arianna nel labirinto che non è quello del San Martino, ma fiero di scabre pareti rosse e di pietra, di pezzi di pavimenti che galleggiano sul Leca. Vola leggera, Ilaria da Fucecchio, al secolo Barnini, fra i pannelli che ha dipinto, figli conquistati in giorni infiniti di telefonate non sempre gradite dal vecchio archeologo, troppo vinto tuttavia dalla passione altrui per non indulgere ad una meritata celebrazione.
Esistono anche persone perbene, sulla faccia della terra (e alla faccia di qualcuno).
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