La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico
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lunedì 11 gennaio 2010
L'anfora di Vipia Hirminai: ovverosia l'Iscrizione Benvenuti di Palaia
Vipia Hirminai: la raffinata analisi di Adriano, al secolo prof., Maggiani, è calda di stampa sugli Studi Etruschi, e il ghirigoro di incisioni visto con emozione, assieme a Carlo Benvenuti, sul terroso frammento di spalla d'anfora, sottratto alla terra in un autunno tanto remoto che sembra ieri (ma sono passati tre anni e più), acquista forma, corpo, suono. È prudente il professore, come si addice all'accademia e alla sua scienza, ma è anche troppo forte la suggestione di dare un senso alle lettere leggibili a luce radente, segno di un Etrusco della Valdera del VI secolo a.C.
Vipia Hirminai, una signora della Valdera che distribuiva il vino, segno del suo rango, con l'anfora giunta dall'Etruria del Sud, o dall'Etruria Campana, come gli inclusi vulcanici fanno sospettare, nella capanna piantata sulle colline della Valdera, tanto simile a quelle che ancora sopravvivono, qualche centinaio di metri più in là, costruzioni estreme dei mezzadri oggi scomparsi.
Sarà contento Carlo, che da due anni e poco più ci ha lasciati, ma è sempre con noi, quando riandiamo alle sezioni esposte di Gello, con le zampe di gallo siglate e i cocci dei vasai del Seicento e del Settecento, o rivisitiamo i villaggi perduti dell'Alto Medioevo sul Carfalo e sul Roglio. Voleva gli Etruschi, sulle sue colline, fra Montefoscoli e la Tosola, li trovò, e ora sappiamo che (forse, o quasi certamente) ha trovato anche il nome della Signora. Vipia Hirminai non ci restituisce Carlo, con le sue passioni sanguigne, la capacità e la voglia di scoprire in ogni ruga del terreno una storia piena di affabulazioni; ma ce lo ricorda, come se ancora lo avessimo accanto a noi, come in quei giorni d'autunno e d'estate, di primavera e d'inverno, sulle colline di Palaia, che sanno essere aspre e affabili come era Carlo.
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