La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico
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domenica 10 gennaio 2010
I giorni dell'acqua, i giorni del 'vaso a listello'
Sono i giorni dell'acqua, fra l'Auser e l'Arno, e di qua e di là degli Appennini, e oggi sappiamo in tutta l'Europa. È l'inverno, i giorni di piombo si susseguono e i fiumi rombano ... sugli scavi divenuti paludi staranno volando le garzette e gli aironi troveranno alle porte di Lucca un inatteso ricetto.
Giornate ideali per calarsi nella quotidianità del VI secolo d.C., gli anni di Frygianus episcopus, e di Valerianus presbyter nella Terra dell'Auser, e (poi?) del comes Funso e del vescovo Geminianus, prima che arrivasse il dux crudelissimus Gummarit, e il papa stesso, Gregorio il Grande, potesse apprendere della remota Tuscia già Annonaria solo dal sentito dire del vescovo Venantius. Qualche iscrizione, gli ultimi clarissimi, un mondo al tramonto sommerso da grettezza e miseria, esaurimento demografico e invasioni, e sommerso dall'acqua; che anche a far la tara sulle fonti, il VI secolo è davvero il secolo dell'acqua, acqua continua, piogge, alluvioni, comunità spaurite che altro che il ricaldamento globale, e solo qualche santo vescovo a rifare gli argini e usare il rastrello per salvare gli ultimi relitti della centuriazione dei veri Romani.
Con il 'filo d'Arianna' del 'vaso a listello', l'archeologo ritornato agli amori della seconda gioventù va a ripercorrere uno scavo di dieci anni fa, uno scavo autunnale d'acqua, freddo, tormenti, con i tubi pendenti sulla trincea scesa a profanare stratificazioni preziose, a sviscerare muri e pozzi, e poi scene finali da non rievocare neppure. Ma erano bravi gli archeologi della Cooperativa, e fu brava Daniela a scrostare coccio su coccio, prima che il trionfo della Forma la portasse a scrivere Forme, e non scrivere sigle su cocci.
Grazie agli archeologi della Cooperativa, e alle sigle di Daniela, è facile oggi sfilare frammenti di 'vasi a listello', assecondati da qualche forma 99 Hayes, e, miracolo, anche 104 o giù di lì, e poi un collo di spetheino, e poi l'ultima lucerna giunta chissà come dall'Africa, sulle rotte che avevano portato le soldatesche di Belisario dalla guerra vandalica a quella gotica, o con i rifornimenti dell'esercito di Narsete, chissà: la fantasia sfrenata dell'archeologo è d'obbligo, anche per colorare strato su strato di frammenti di 'vasi a listello', rossi, stinti, o acromi, disegnare e sognare livelli di vita intorno alla discarica del focolare, e alla vasca retaggio di antiche dimore, o costruita ex novo, o forse (l'ambiguità degli strati) infissa in strati degli anni di Frygianus, di Narsete, di Funso o di Gummarit.
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