La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

sabato 18 febbraio 2012

Le fatiche della Giuncaiola (per la gioia di qualche amico della Valdera)



Vietato l'accesso ai non addetti ai lavori, 81/08 e quel che segue. Ma per convinzione passione e/o professione c'è chi lavora alla Giuncaiola, Alessandro Flavia Sara e amici variegati, e la forza possente dei mezzi, e l'impegno e il cantiere visto in controluce e dall'alto, per i viaggi dell'Archeologo Zio e delle sue memorie. E per qualche amico della Terra dell'Era, che vorrebbe sentir vibrare la terra al segno della sua passione, e non puote (e vai con l'arcaismo, non potendo andar di latino).
Strutture di pietra in cui s'incastonava il legno (dicon le amiche che raschian la terra e i suoi segreti), acqua dei Giunchi che va e viene, in pozzanghere melmose disegnate da tegole rotte che risanavano la pelle ed altri organi, tradotti in forme fittili, o nel vuoto fra monoliti canaliformi, sempre la memoria, quando breve ha la speme e lungo la memoria il corso. E sono anni trentacinque, rammenta l'archeologo zio fra le ultime nevi che tenaci resistono, segno del passato vicino e remoto com'egli sa di essere, dacché due crinali più in là, ad Agliatone, gli apparvero im massa informe impasti microclastici e ceramiche nella tradizione del bucchero, che ancora non avevano nome, ed erano Segni del Mistero.
Ed oggi che labbri tondi o allungati di pentole tonde o allungate soono scanditi in tipi innumeri da archeologi (soprattutto -e) perfettilli (e soprattutto perfettile, les archéologues savantes), se li vede spalmati dal calpestio dell'Etrusco dell'anno 500 (o 450, non entriamo in dettagli) avanti Cristo, cui giungevan novelle da Cere o da Cuma, e qualche resoconto del Pisano andato fino a Genova, con le anfore avanzate dove Auser e Arno si baciano, per la modica spesa di quattro milioni di euro senza contare quel ch'era innanzi.
Le Gioie dell'Acqua con i Giunchi, che faceva bene alla pelle, corrosa dal sole e dal mare, quando farro ed orzo finivano nelle zuppe dei Pisani e dei Volterrani, e al contadino arrivava, ogni tanto, un'anfora del vin buono, altro che la birra di alica.

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