La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

venerdì 28 agosto 2009

Segni dell'Auser, segni dell'uomo



La Tutela porta a scoprire inattesi paesaggi, fra capannoni e ferrovie, dove un ventaglio di fossi e canali trafigge la piana. Trivella e Tutela, un singolare connubio di questi giorni ardenti, in cui la Terra dell'Auser si copre di toni gialli che preparano la maturazione del frutto delle viti rigenerate su olmi e ontani nelle terre riconquistate dal bosco. Il Rio Quinto, memoria di perdute vie romane, riesce ancora a sottrarre al granturco un filo d'acqua da concedere a pesci avventurosi, che nuotano verso le Zone Industriali, inopinati ospiti come gli aironi, le garzette, le poiane, testimoni della Forza della Natura, come avrebbero detto gli esametri di Lucrezio. E infine la Trivella estrae dalla terra, dopo i Segni dell'Auser, anche i Segni dell'Uomo: frammenti di una storia sepolta, appena intuita. Anche questo è il fascino dell'archeologia. Il seguito al prossimo numero, e che San Giorgio trafigga il Male (povero drago, però ...)

martedì 25 agosto 2009

Altre trivelle, altre attese




Nuove attese nel fervido agosto tra Frizzone e Arpino, dove la trivella penetra fino alle paludi sepolte. La Giovane Archeologa si piega su ogni zolla, attendendo un segno del passato, un Segno dell'Auser. Terre già indagate in anni remoti, con storie di fiumi raccontate dall'Escavatore del Metanodotto, sono ora scrutate anche in suoli non frequentati dall'uomo. Si dilatano i Paesaggi Sepolti della Terra dell'Auser, seguendo lungo il tracciato della ferrovia, verso la Città, le paludi che continuano a presentarsi in una cupa veste di limi blu.
Anche queste, se si vuole, sono le emozioni dell'archeologo.

lunedì 24 agosto 2009

Le Vie del Sacro fra Auser e Eridano





È facile la via per Pradarena, lasciate le rupi del Castelvecchio e Piazza, su per Sillano, Capanne, Ospedaletto, i luoghi che videro potere e misera nobiltà dei Signori di Cogorozzo, perduti dal Duecento come il loro nome. E poi su, fino alla sella che oltre l'aguzzo profilo delle Apuane fa immaginare il mare, e appena appena, dall'altro lato, la Pietra di Bismantova. Nomi emozionanti, i miti del Bronzo Finale di qua e di là dal crinale, e ripercorrere, quasi trenta anni dopo, la Via del Sacro degli Etruschi, da Pisa all'Antro di Castelvenere, poi alla Murella, e infine gli Etruschi dell'Enza, ultima meta dei filiformi segni del sacro di un'Etruria talmente marginale che qualcuno ancora cerca di non vederla. Anche i bronzetti hanno un'anima, anche l'archeologo trafitto dalle cento note a pie' di pagina riesce ad emozionarsi, tornando per un po' di fresco sul passo dove famiglie cercano mirtilli, viandanti forse ignorano che lì vicino bivaccò l'Etrusco rompendo i vasi che doveva ritrovare poi Paolo, duemilacinquecento anni dopo, a Monte Spasina. Il lungo viaggio su per l'Auser, poi a cercare il fiume che porta all'Eridano, e da qui a Spina: tre giorni per lo Pseudo-Scilace, molti più nella realtà di una via appena intuibile fra mirtilli e boschi, dove passò l'Etrusco.

venerdì 21 agosto 2009

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http://www.segnidellauser.it/sanfrancescodilucca/IL_COMPLESSO_DEL_SAN_FRANCESCO_DI_LUCCA__FASE_III.html
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Scavando nel (Tardo) Rinascimento lucchese




Anche nella (quasi) calca d'agosto, quasi nessuno s'affonda nella Lucca rinascimentale dei quartieri 'di fondazione', nei riquadrati spazi degni della conclamata Addizione Erculea, dove s'alternano – limpida immagine della città aristocratica di diversi che devono apparire uguali – i palazzi degli Arnolfini, dei Poggi, dei Garzoni, e le case destinate ad un ceto medio che non affigge blasoni alle architravi ... ma l'asciutto fluire dei marcapiani coronati di finestre dal nobile apparato lapideo è un inno alla ritrovata co della città, dopo gli Straccioni e il Burlamacchi.
All'archeologo non resta che cercare le svelte pagine dei Palazzi dei Mercanti della Belli Barsali, vademecum impagabile per il (Tardo) Rinascimento lucchese, per trovare le attese conferme ai frutti della Terra: terra sottratta ai fossati delle mura del Comune, edifici costruiti con il coacervo di minuzie sottratte (previa autorizzazione) alle mura. L'altra faccia delle serene dimore che trovano spazio fra Poggi e Garzoni, quella affidata (giustamente, dicono coloro che non amano i Telchini) alla fatica della terra, sono i pozzi neri, in cui l'archeologo trova le tracce dei Telchini suoi simili. E qualche raro frutto, fiorito delle estenuazioni montelupine dei primi del Seicento, lo rallegra e lo rassicura di aver ben letto le pagine curate dalla mitica Isa.

martedì 18 agosto 2009

Segni della devozione per le archeologhe (ma anche -gi) della Terra dell'Auser



Ormai è dimostrato: le avventure estreme dell'archeologia non sono braccare smeraldi incastonati in diademi nell'Amazzonia colombiana, o affrontare Sfingi risorte con malefiche pozioni. Escavatori e motocarri della Capitale della Terra dell'Auser sono Mostri assai più insidiosi: vero, Sara & Serena? Allora, cosa meglio dei Santi (dice il Vecchio Archeologo che ha seguito tutte le Vie della Devozione, dagli Etruschi al 1799)? Anche se non vanno più di moda, anche se la Fondazione ha altri interessi (ahi, i Vecchi Lucchesi che proteggevano il grosso d'argento con il Volto Santo, dimenticati anche da chi si fregia di un ieratico Volto Santo d'oro), direttamente dalla Tomba della Signora di Mammoli, per la quale i Segni della Devozione avevano funzionato – come dice Serena – portandola un po' acciaccata ma al margine estremo di vecchiezza, ecco San Venanzio, protettore da cadute e fratture (localizzato con i Santi dei Transumanti di Garfagnana, Pellegrino e Bianco), e, per chi proprio non ce la fa, il buon San Giovanni Leonardi, patrono dei farmacisti, un po' dimenticato dalla città un tempo bacchettona (Via dei Bacchettoni), ora post-guelfa (o post-tutto), e soprattutto sfinita dai due anniversari in -08 (Puccini & Batoni) per ricordarsi del Devoto mariano, anniversariato (ahilui) in -09. I Figli della Capitale della Terra dell'Auser dovranno cercare di nascere in Anni Buoni (nota a pie' di pagina).

lunedì 17 agosto 2009

Da San Crisogono a Santa Reparata, sulle vie del secolo XI



Una porticina immette nel secolo XI, in San Crisogono: spazi dilatati in cui raggi di luce esagitano i colori degli affreschi superstiti, con San Benedetto dallo sguardo mistico che risana il lebbroso, e la cripta scoperta con le ieratiche presentazioni dei Santi. Ma il pellegrino giunto da Lucca, seguendo il papa e vescovo riformatore, si sconvolge davanti alle specchiature tricrome, affinate dal calligrafico bianco, e subito rammenta le specchiature della rinnovata Santa Reparata di Lucca, e della sua cripta di San Pantaleone. La via Francigena, le vie dei vescovi, dei papi, degli Imperatori, del lucchese padano divenuto papa, dell'antico lucchese, e poi maremmano, divenuto papa, di Matilde e degli Enrichi. Stranianti vicende, che rivivono a Pieve a Nievole in un gruzzolo di denari venuti da Pavia e dalla Venezia, rivivono negli staccati affreschi di Santa Reparata, se solo si osa aprire la porta che in San Crisogono fa entrare nella Roma del Gran Papa Aldobrandesco. O almeno così pare, a chi vuol dare alla monotona griglia obliqua di ciottoli della Lucca archeologica del secolo XI il colore degli artigiani e dei papi, delle aristocrazie emergenti e degli imperatori, e al Romanico di Padania aggiunge il Neo-Romano di Roma. Ma la suggestione del sectile affrescato di San Crisogono e di Santa Reparata, nostalgico della Roma dei Cesari e delle basiliche di Costantino, non è sottile nella luce incerta di una sera d'estate, nella chiesa che canta la sua storia se solo si apre una porticina.

domenica 16 agosto 2009

... e ritrovando sul nuovo pagine antiche: De Poveda alias Carchidio a Talamone (e non solo)

Il misterioso Abate che si fingeva il nobilotto di Talamone, Ferdinando Carchidio illustre sconosciuto che dava nome (e soldi?) all'Abate De Poveda. Storie di un negletto antiquario di un castello perduto nel distretto toscano del Regno delle Due Sicilie, fra paludi e malaria, con qualche fanciulla disponibile e sveglia, capace di solleticare il viaggiatore britannico (Dennis), quando il Granduca, cancellato questo singolare relitto del passato, tracciava la nuova strada da Grosseto a Orbetello che diveniva anche un percorso nella storia. È emozionante come passeggiare nei paesaggi del passato ritrovare su Google Libri (benemeriti, benemeriti) un faticatissimo volume dei primi dell'Ottocento, e doloroso vedere che non nella terra che lo ha generato, ma altrove (si direbbe foscolianamente) si deve cercare chi con la scansione in pdf lo rende di facile lettura, o lo ristampa. Grazie a Oxford e a Google si possono leggere le memorabili Memorie dovunque, e non arrampicandosi in polverosi scaffali di diffidenti biblioteche ... e ritrovare le ricerche di anni remoti, rileggere l'antiquario che era anche fine archeologo, forse un po' di manica larga nelle monete, ma attento e acuto ai dati che la terra concedeva a chi voleva ritrovare le Memorie dell'Antico e Moderno Talamone. Ingenui disegni, ma preziosi, tanto desiderati venticinque anni fa, oggi a un colpo di tastiera ... ma forse nella terra che De Poveda investigava altri sono oggi gli interessi ...

Scavando paesaggi




Il mitico Frizzone, nelle affollate terre di confine tra Porcari e Capannori, svela nuove storie sepolte. Erede dell'Auser, forzato da millenni in un insano rettifilo, di nuovo risalito e disceso dai pesci, distingue nell'agosto in cui il pulviscolo dello stabilizzante s'intreccia in turbini, il viavai degli autotreni verso le Storie Sepolte del Casello dal taglio dove si cercano e trovano paesaggi sepolti. L'Archeologa e l'Escavatore si addentrano nella terra, fin dove è possibile, fino al plastico manto di fresca argilla blu, erede di paludi remote in cui si specchiava la quercia morta nel canneto. Calpestare la palude di millenni perduti è emozione anche per il vecchio archeologo, nonostante tutto, nonostante la polvere ... e al di sopra, nelle metamorfosi infinite di una pianura delle mille vicende, l'intreccio di radici in suoli generati fra dossi, fiumi, paludi colmate, forse dagli eventi, forse dall'impegno degli uomini: la mitica centuriazione romana. Fattorie e campi, vie e canali, e ora, infine, la prateria umida ... Grazie a RFI (Rete Ferroviaria Italiana), grazie all'Escavatore e all'Escavatorista, al Cantiere, alla Giovane Archeologa, un paragrafo si aggiunge ad una storia infinita.

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