La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

giovedì 30 luglio 2009

La Terra dell'Auser, la Terra dei Quattro Fiumi



Omaggio alla NASA. A qualcosa serve dunque anche quel rigirare strano intorno alla Terra: una sequenza di immagini della Terra dell'Auser, e della Terra dei Quattro Fiumi, dove il perduto e rifatto Auser, l'Arme irrigidito nel Canale Usciana, l'Arno e l'Era, si intrecciano. Non con il nitore delle tegole, come su Google Maps, su Bing, su Pagine Gialle, ma nello sfocato confondersi del verde e del giallo, dei campi in cui l'archeologo riesce a leggere i segni delle ferite che portano alla luce i Segni dell'Auser (e i Segni dell'Era, dell'Arno ...).

lunedì 27 luglio 2009

San Francesco: pensieri positivi, terre dei Della Robbia, ceramiche degli Orti di Lucca


Giacché per andare avanti occorre anche il pensiero positivo, San Francesco stigmatizzato emerso dai drenaggi quattrocenteschi degli Orti del San Francesco di Lucca ci può guidare ... la Passione della Verna, trascritta dal ceramista lucchese di formazione 'padana' è l'omaggio dei Telchini della Terra dell'Auser, modesta aggiunta al San Francesco (coevo) di Barga. Il San Francesco degli altari, il San Francesco della quotidianità. (Di ritorno dalla Verna)

L'anniversario di un seppellimento: celebrando il Nuovo Casello Autostradale di Capannori


Nell'anniversario del seppellimento, i Segni dell'Auser ricordano con una commossa iscrizione funeraria la sorella Area Archeologica del Nuovo Casello Autostradale in località Frizzone di Capannori.
«Ai Mani dell'Archeologia delle Terre di Qua dal Mare.
Qui giace l'Area Archeologica del Frizzone.
Generata dalle trivelle per bonifica bellica, allevata ed esaltata, per breve stagione, da scavi, giornali, visite varie, diede importanti frutti alla scienza,
e per un breve, felice momento,
fece credere alla possibilità di coniugarsi ad un Museo Archeologico,
o qualcosa del genere.

Alle molte promesse, anche scritte,
fece seguito un decoroso disinteresse per la sua fangosa bellezza,
che, protetta da un gran manto di terra,
fu tutelata da un poderoso edificio cementizio.
Qui ella attende il Cavaliere (anche senza Baffi e/o Barba)
che la Risveglierà dal Sonno.

Sotto forma di monumento funerario,
posero un policromo invito a recuperare le sue sepolte grazie
un Ingegnere Stradale e una Giovane Archeologa,
opportunamente coadiuvati da un Fabbro Ferraio e un Grafico.

O viandante che passi al Casello e paghi il pedaggio,
ricordati di lei e fa' che di lei si ricordino
coloro che le vollero (o simularono parecchio di volerle) bene.
»

La traduzione in latino alla prossima.

venerdì 24 luglio 2009

Il Canto di Castelvecchio





Le mura del Castelvecchio
sono rinnovate,

la Sacra Voragine
dell'Età del Bronzo,

riempita di terra
e delle Sacre Sfere di Pietra,

che Paolo additava,
sepolta.
Il silenzio era sul castello,
arsa la terra.
Ora che auree sagitte
scaglia ARCUS
su rocche di Estensi e Lucchesi,
di Cunemundinghi e Soffredinghi,
Rolandinghi e da Porcari,
dimentica solo di que' di Cellabarotti,
le fatiche del Telchino
che risaliva l'aspro sentiero
fecondato di pioggia e di sole
non saranno più solinghe.
Ma il Telchino (si sa)
non ci sarà.
Speriamo di no,
ma forse è così.

mercoledì 22 luglio 2009

Il Porto Sepolto, il Porto Ritrovato: la Formica a San Concordio



Sono esseri magici, mediatori della Natura, i Telchini ... e l'archeologa che guizza sotto il sole, Serena temprata dal fuoco e dall'aria, uscita dall'acqua, immersa nella terra, con la magica scopa che estrae dagli elementi i Segni dell'Uomo, è sorella ai Telchini. Sognato, represso – banale metafora dialettica dell'esperienza antropologica – raggiunto infine con un sereno e condiviso impegno: il Porto della Formica apre nel tormentato tessuto sub-industriale della Città dell'Auser una squinternata finestra su perduti paesaggi agresti, placide acque che dall'Ozzeri portano al mondo (o piuttosto alle corti della Bassa Lucchese, dove la plebe rurale può mirare le ville degli aristocratici, oggi come nel passato, credendole proprie). Il dismesso berrettificio che reclama un amore impossibile, la filanda trasformata, le fatiche di decenni terribili rifuse nel volto delicato ed elegante dei villini liberty ripuliti dalla patina degli anni, rigenerati da sapienti chirurghi, lucidi di mattonelle ... dietro, dietro il muro del Cammino di Ferro, le fatiche dei Telchini immersi nel gas e nel bitume per dar luce alla città, e prima ancora, barcaioli e contadini. Le fatiche degli uomini non son più di moda, lo erano troppo nei terribili Anni di Piombo per essere amate anche oggi ... vedere con un occhio il delicato volto del Nuovo Secolo lucchese sui viali è dolce e facile, ma anche il lato B, oltre il Muro di Ferro – il Segno dei Telchini – per un giorno è rinato.

sabato 18 luglio 2009

Le Notti (dei Sogni) dell'Archeologia a Orentano




Son lente a venire le notti di luglio, sulla Terra dell'Auser, quando il sole asciuga il ritrovato Porto della Formica, e omologa sabbie e argille nella trafitta piana di Porcari. Seguire Serena e Elisabetta fra arse mura, e poi Consuelo nei campi saggiati da mille tane è sfibrante, deludere la loro passione impossibile. E infine la sera giunge a lenire la sete, e si apre un nuovo scenario, al margine delle Cerbaie, dove le pizze e la birra attirano anche al Museo di Orentano. È la Notte dell'Archeologia, rito ormai stanco della Toscana archeofila, irrinunciabile per appassionati, musei, assessori, obbligo istituzionale (addirittura pagato) per il funzionario archeologo. Le vecchie passioni si sono sfibrate in notti desolate, con concorrenze agguerrite, ma infine a Orentano, nel luglio del 2009, la sala bollente del calore del giorno, asimmetrica, miracolosamente si riempie: amici, parenti, conoscenti, compagni di vecchie avventure, ma anche nuovi volti, guidati da inattesa curiosità. E si ritrova l'assessore (-a) amico, Isa ritornata, che conserva la memoria di antiche e più felici stagioni; piace che per una sera il suo impegno non sia inane. La capanna del Bronzo Finale, fase iniziale, che Ai Cavi di Orentano, dove l'Auser baciava la collina, è un mero pretesto per parlare dei paesaggi sepolti, di storie di uomini e di ambienti che propongono riflessioni e curiosità. Troia e il Bronzo Medio e Finale della Terra dell'Auser, il filmino didattico e i pochi cocci che lo stupendo intreccio di strati e colori indagato con rilassata attenzione dagli archeologi della Cooperativa Archeologia: i contemporanei che non si conoscevano, ma non erano separati. Qualche volta anche l'archeologo non è solo un classificatore di US in diagrammatica sequenza, ma narra storie che vivono nel presente.

mercoledì 15 luglio 2009

Cena etrusca con Menadi a Scansano



Sera d'estate sulle colline che videro la fortuna degli Statie. Il magico otto cinto di mura, il palazzo degli Statie, già ara di dei propizi alla terra, alle bestie, agli uomini, si sposta per qualche ora nel nuovo castello degli Aldobrandeschi e degli Sforza, grigio signore delle due valli irrorate di vino. Il vino è signore del tramonto e della notte, il dono di Fufluns, la via iniziatica delle Menadi e delle signore di Vulci. Le nuove Etrusche si affacendano su asciutte e preziose focacce, zuppe di farro, orzo, e tagli dei tre animali sacri, ripetendo i fumetti degli Hescana appena visti in una dotta prolusione; gli uomini rammentano le severe imprese di avi perduti nel turbine delle guerre civili degli anni Ottanta (a.C.), nella crisi dell'aurea età degli Antonini, nel tramonto del mondo antico, nel dissolvimento del frantumato ordine di Longobardi e degli abati amiatini, infine recuperati nel desiderio. Ma sono veramente esaltate dal Dio le fanciulle che, intrecciando agresti apparati amerindi alle suggestioni dei crateri del Pittore del Gruppo dell'Imbuto, rinnovano le danze menadiche che un coreuta ispirato guida alla luce di faci che penetrano la memoria.
Balugina qualcosa di remoto, nella sera estiva di Scansano, forse per il tremore del fuoco delle fiaccole, forse per il vino di Elino, frutto delle lambruscaie, padre e fratello del Morellino. Il cinghiale è un Tuscus aper, nobile figlio di una terra aspra e dolce di miele, ma bere il vino in una coppa, sia pura a vernice nera o una stemless cup with inset lip, non è facile ... Salve, ritrovati (per una sera) nipoti degli Statie, eredi delle iniziate Vulcenti, donne libere e creative, per il Dio del Vino e della Rinascita.

lunedì 13 luglio 2009

Il porto sepolto: ancora sul Porto della Formica



Per il povero archeologo di ascendenza classica, nato fra poche fonti e molti cocci, non sempre è facile muoversi fra molte fonti e pochi (o tanti) cocci: l'abbondanza delude, e può capitare che il monumento scavato sia diverso dal monumento disegnato. Ma l'attenta opera dell'Urbanistica Partecipata di San Concordio, una volta tanto, coniuga la forza del piccone (meglio: escavatore) con la chiarezza della mappa. Il piccolo, enigmatico dente del bacino perduto della campagna di Lucca, placide acque che evocano immagini del Domenichino, appare al margine dello scavo, parto felice della tenacia di appassionate archeologhe. Il muricciolo di contenimento, gli ormeggi: tutto, in scala minore, minima, ma immagine ritrovata sotto la terra dalle carte del Settecento.
E il sogno che dal Porto alla Macchina del Gas si aprano nuovi spazi, che rammentino storie antiche di campagne e di officine, perché la memoria del passato sia anche, aiola minima in aree affollate, segnata dalla traccia dell'uomo. Anche il Porto della Formica è un Segno dell'Auser.

domenica 12 luglio 2009

Epicedio dei Telchini della Terra dell'Auser per un Amico Trovato e Perduto


Non sono amati nei Palazzi della Terra dell'Auser i Telchini che ricercano i Segni: brutti, devastati dall'uso del piccone e della mestola (persino le splendide archeologhe della Terra dell'Auser), sporchi di polvere e fango, cattivi, per l'ostinata attenzione profusa su cocci e accumuli di pietre che chiamano muri. Palazzi dei Principi e Palazzi dei Capitani del Popolo, uniti dall'ansiosa diffidenza per il Diverso, che gusta i colori e i sapori della terra, la fruga per trovare frantumi che solo con magiche macchinazioni divengono prove della Storia,convincenti solo per i Telchini e i loro (pur numerosi) cultori. Ma anche nei Palazzi v'ha chi cerca di conoscere e capire il Diverso, ed entra, dapprima titubante, nelle fumose officine dove si elaborano gli avanzi dei Telchini di secoli remoti. Straccioni Telchini, maestri della seta, maestri della lana, maestri dei vasi, sepolti nelle fosse comuni del San Francesco. E San Francesco, dopo San Ponziano e San Pietro, fece, con Santa Lucia, il miracolo. Anche chi aveva forse diffidato dei Telchini capì la loro tormentata prosa, l'intreccio di US e USM, il senso dei dipinti o acromi frammenti che la terra donava, ricompensa al prezzo pagato ai Telchini, e diede loro decoroso spazio. Caro Ingegnere Gian Carlo Giurlani, ritrovato nel giorno di Santa Lucia, quando i Telchini furono ammessi al tavolo, have atque vale! E il Volto Santo che oscuri Telchini di secoli remoti amarono in un tondello di bronzo, ritrovato dai Telchini nella Terra dell'Auser, sia compagno nell'Ultimo Viaggio.

mercoledì 8 luglio 2009

Il porto sepolto: omaggio a Ungaretti dalla Formica di Lucca



Vi arriva il poeta
E poi torna alla luce con i suoi canti
E li disperde

Di questa poesia
Mi resta

Quel nulla

Di inesauribile segreto

Il porto sepolto di Lucca, il mitico specchio della Formica: muriccioli che affiorano sepolti da terra con il campionario di ceramiche della fine dell'Ottocento: casseruole tipo Alpes Maritimes, piatti di Mondovì, willow pattern ... Ricercato, vagheggiato, vaneggiato, alfine emerge, nel deserto di limo e terra rossa, sotto lo sguardo stravolto dal caldo di Serena, travolta dal sole, o dal mistico sulfureo afflato che una terra satura di gas sprigiona. Accanto alla cloaca foderata dei mattoni d'Inghilterra, esaltati dal fuoco, un sottile paramento di frantumi di laterizi e schegge di cento pietre diverse disegna gli angusti spazi per i barchini della placida Formica, dell'intreccio di canali e rivoli d'acqua che da Lucca giungeva al mare e alla palude. Dice Elisabetta che dove la carta dell'Ottocento lo poneva, là affiora il porto. Le giovani archeologhe ... il vecchio archeologo ricerca le pagine del lontano vegliardo dell'Odissea, e preferisce vedere nei policromi intrecci di strati e strutture «quel nulla di inesauribile segreto» che l'archeologia talvolta dischiude ...

Archeologia della trivella: paesaggi sepolti e astuzie inutili


Se l'archeologo lavora necessariamente per dati sparsi, isolati, frammentari, ricuciti per estrapolazioni e interpolazione, nulla può essere più eccitante che pretendere dal puntinato delle trivellazioni che cercano il suono dei metalli sepolti, possibili cariche di morte, i paesaggi sepolti. Frammenti di terra che la trivella risucchia e scarica, da ricomporre in sequenze stratigrafiche, da scandire a loro volta in sezioni che traccino alvei fluviali sepolti, dossi, ambienti interdossivi, paludi e campi. L'affannosa ricerca del corso dell'Auser morto nelle paludei dell'Alto Medioevo si trasforma in ombra di certezza quando limi bluastri dominano nella terra sputata, sotto le sabbie, sotto le argille. Dato scientifico o illusione?
Frontiera in movimento dell'archeologia, l'archeologia del paesaggio ha i contorni vaghi degli strati disegnati da buche vicine e lontane, in questa parte di Toscana dove tutto sembra chiaro visto dall'alto, tutto – o quasi – diviene indefinibile visto da vicino, nell'impasto di sabbie e limi, giallo e blu, legni fossili. E ogni fila di nuove buche, ogni rapida penetrazione del tortile strumento nel cuore della terra, suscita nuove attese. Splendida metafora, se solo si potessero apprezzare certe finezze, sotto il sole, prosciugati dal vento, in attesa di una pioggia che lustri le zolle.

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