La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

sabato 26 ottobre 2019

Volare in Garfagnana, con Ruggero e Girolamo da Carpi. In sogno sulle Verrucole di San Romano ...




Si festeggia la terza vita delle Verrucole, guardando il sole sulla valle verde del tono lieve dell'ottobre. La Sede del Potere dei Gherardinghi (Verrucole 1.0, si direbbe oggi), la Rocca e la Fortezza degli Estensi, di Ferrara di Modena d'Austria, Verrucole 2.0, nelle successioni varie, Luogo di Dominio; e infine la palingenesi, per opera accorta del Comune di San Romano, terra di Garfagnana, sindaci validi e comunità serie, Verrucole 3.0.
Ma l'archeologo che dopo tanti anni risale non più un sentiero fra la selva, ma un comodo vialetto, e ritrova rimasti o rifatti luoghi che vide ruderi erbosi, e di cui grazie all'amico di Garfagnana, Paolo Notini, ha potuto conoscere tremila anni di storia, celebra convinto l'impresa della Rinascita, luogo di Storia, di Cultura, di Emozioni, Verrucole 3.0, perfetta nelle dotazioni. Di impegno e serietà anche nella ricostruzione del Medioevo qui perduto sotto lo sfavillio delle mura del Quattrocento e del Cinquecento.
Ma preferisce volare su una valle nebbiosa, non solatia come nel giorno d'ottobre, con Ruggiero, nell'immagine esaltante e misteriosa di Girolamo da Carpi, alla ricerca di una puntiforme bellezza, piena di luce e nascosta fra le rocce, Angelica. Il sogno ambiguo di ogni archeologo. E si convince che la rocca bipartita che vigila sulla cupa valle altro non sia che la Doppia Rocca delle Verrucole, vissuta nel sogno del pittore di Carpi, più o meno come la sogna lui.
E vola, vola, planando sui giorni della fine delle rocche e delle fortezza, Verrucole 2.3, degli ultimi Estensi e dei Napoleonidi. Tanto sognata anche quella, vagheggiata memoria di un passato che per un attimo si pensò di risuscitare di fucili e di cannoni, e il cartografo del Regno d'Etruria ne fa chiave della Garfagnana.
Due sogni, per un giorno di luce.

giovedì 24 ottobre 2019

I Signori di Treschi, quaranta anni dopo. Ovvero: poeti romani fra Valdera e Valdelsa




Treschi, luogo inimmaginato quaranta anni fa, sfogliando carteggi settecenteschi, e oggi comodo paesaggio per la storia della fanciulla sottratta a' suoi cari, per le vicende di Statiena Prisca, di L. Arrecinus ..., di L. Tutilius Modestus. «Trovata nella muraglia della chiesa del castello di bohboh vicino Volterra», suona l'appunto dell'antiquario del Settecento, e come non leggervi Treschi, mirabile terra oggi di cava, Comune di Gambassi, luogo da cui le acque scendono verso l'Era ma un po' più in là verso l'Elsa.
Non sarà mai abbastanza lodata la rete, se sfilando tutti i Tre- del Volterrano oggi si arriva comodamente a Treschi, certo allora non facile per l'archeologo giovane, che forse aveva fretta. Anzi, di certo. E la diruta chiesa di San Lorenzo di Treschi si completa con l'iscrizione oggi finita a Firenze, sbozzata, reimpiegata, chissà...
E nelle terre del Volterrano che van verso l'Arno, scarne di ruderi antiqui ma affollate di prediali, segno di colonizzazione augustea, si direbbe, Ulignano Sensano Cozzano Libbiano Larniano Mammialla, quanti mai, suonano i versi composti per il funere acerbo della fanciulla, Statiena Prisca ... Un paesaggio da ritrovare, sfuggito per quarant'anni. O piuttosto da sognare.

domenica 20 ottobre 2019

Il ritorno del delfini, a Porcari, in una sera d'ottobre



Il tocco magico della giovane archeologa, per far guizzare i delfini, finalmente, davanti ai loro amici di Porcari. Da Fossa Nera al Cavanis pochi chilometri, strade un po' comode un po' meno, ma il fascino del paesaggio planiziale, di boschi e di campi, e nella loro stagione le ninfee nei fossi, deve avere un prezzo.
Pochi chilometri, molti anni, per trovarli, ricomporli, cercare di afferrare il senso della loro rotazione, chi lo sa, parti di un lacunare, con delfini sul soffitto che sono memori di quelli nei pavimenti musivi. Certo beneauguranti, gli amici marini dell'uomo, finiti sull'Auser.
Le mani della restauratrice, tanti anni fa, ormai, la quiete triste di un deposito, infine la luce e le mani narranti dell'archeologa.
Saltino e guizzino i delfini di Fossa Nera, nelle stanze del Cavanis che tanto fervore di scienza e passione di ricerca videro.

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