La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

venerdì 31 gennaio 2020

Da Badia di Cantignano a Corinto, seguendo croci pavoni e cerchi


I viaggi sulla rete, senza meta, vagabondaggi non si sa se da demenza senile o da curiosità irrefrenabile, l'Ulisse di Dante ... e seguendo le croci, e l'Apollonion indimenticabile di Corinto si arriva ad un pluteo di quel Museo, e poi si cerca si cerca, qualcosa si trova.
Sì, la datazione è un po' larga, l'archeologo vuole il quarto di secolo, altrimenti tutte le sue regole ossessive, chicomequando per rispondere al perché, si sfasciano, ma la croce con i pavoni e i cerchi fascinosamente integra di Corinto e la croce con i pavoni e i cerchi, con rosetta o concentrici, che ora si sa di Badia di Cantignano, terra di Lucca, sono sorelle anche se forse un secolo o due le separano ... o forse no, chissà.
Poco sa l'archeologo delle terre di Toscana di quel che si faceva a Corinto quando l'imperatore iconoclasta salvava l'impero, e qualche tirannello longobardo ne approfittava dalle parti di Ravenna o della Tuscia. Ma per capire le follie divinate dal marmorario lucchese agli inizi del secolo VIII le nitide immagini di Corinto sono d'obbligo ...

mercoledì 1 gennaio 2020

Auguri alla colonia! Lucca 2200.


La fondazione sarà stata di settembre, finita la campagna dell'estate e deportati gli Apuani, ma inizia l'anno dei 2200, cifra non particolare, ma in un contesto in cui ogni anniversario in cifra tonda è buono, se buono ha da essere, si vedrà.
Auguri alla colonia, due volte colonia, Latina e di legionari avvezzi al sangue delle guerre civili. In un'Italia che ama le guerre civili, già motivo di vanto. Nel frattempo municipio, ma pochi anni, forse non insignificanti.
E dunque cosa più adatta a far gli auguri del monumento che la plebs urbana pose al patrono, pisano ma patrono, console patrizio futuro o quasi proconsole dell'Asia, fior fiore della aristocrazia dell'aurea età (si dice). Non doveva andar molto bene, a Lucca e dintorni, quel tempo, ma il patrono due volte quinquennale a sistemare le faccende malmesse, e a tirar fuori di tasca sua un po' di sesterzi. Belli, con il nome di Adriano. Un po' di giochi gladiatori nell'anfiteatro, le termuzze, chissà ...
Adatta soprattutto dacché per virtù di Nicea e di un dotto turco CIL XI, 1525 si è inverata in AEp 2016, 402 a, e da Nicea, grazie all'amico di Trento e di antichi studi Anselmo Baroni, ritornando a Lucca, l'alabastro smangiucchiato visto dall'erudito lucchese ai primi del Seicento guida con la forza delle linee il sogno di una ricostruzione ardita. Poco cambia, se non l'impaginato, per dare l'illusione di rivedere il marmo. La plebs urbana al console dall'altisonante formula onomastica, che forse cela intrecci e adozioni, e per far quadrare le linee si inserisce anche la praetura Etruriae, perché se pretore fu il figlio, il padre non doveva essere certo da meno. Carriere fotocopia, programmate fin dalla nascita, al fianco discreto dell'imperatore.
E tutto quadra, o quasi, per rammentare alla colonia che gli anni sono duemiladuecento.

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