La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

giovedì 4 dicembre 2025

I segni di Dioniso sui dolia, a colori. Rivedendo antiche immagini del dolio dei Tossii da Fonteblanda...




Giorni per guardare indietro, inevitabile, dopo tanti spesi guardando avanti. E guardare indietro è anche sfogliare le memorie e i dischi rigidi, trovare immagini del tempo delle pellicole convertite in serie numeriche, digitali. Una cartella, "Scansioni", ogni immagine un lampo negli anni Ottanta, primi Novanta al massimo. Una storia da rivivere, ora che il tempo di attendere storie nuove sta svanendo.

Riappare la scheggia di dolio di Fonteblanda, prezioso dono della terra lungo la ferrovia, fitta di macerie di un abitato dei tempi di Roma, letta nelle schede del Corpus Inscriptionum Latinarum, indici e pagine da sfogliare lentamente, non nel vortice del .pdf. Anni più semplici più lenti, ma non è detto. Frutti di lunga maturazione, infine la pubblicazione, in una rivista che oggi non è più, forse anche perché quei tempi non sono più. Chissà. Opus, i doli dei Tossii, storia di una produzione durata un secolo almeno raccontata da stampigliature su bordi di dolia.

E soprattutto, a colori, il tirso, i dolia, che sono tre ma dovevano essere almeno cinque, il kantharos, il trionfo nel segno di Dioniso del maestro vasaio, arte di terra e di fuoco celebrata dall'orgoglio del nome e dalla festa dei segni del Dio del Vino. Si dovette integrare il gentilizio, non la festa, squillante nel kantharos che completa l'opera del dolio.

Molto è stato poi aggiunto, e nuovi segni dei Tossii sono affiorati, e forse indicano che anche lungo il Tevere si lavorava per arredare le celle vinarie della Tarda Repubblica e dell'età di Augusto.

Un piccolo contributo per una lunga catena di ricerca. Anno 1992, dice la data di Opus. Ma anche un po' prima.


 

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