La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

lunedì 18 aprile 2011

La valle del vino etrusco, gli Etruschi delle vie d'acqua




Giorni del VI secolo avanti Cristo, questi di una primavera dirompente d'acqua nei fiumi e di vento nel cielo, e ai Quattro Fiumi dell'Etruria di confine si aggiunge il quinto degli amati fiumi etruschi dell'archeologo Senzanome, l'Albegna.
La Terra del Vino Etrusco, con le vie lumeggiate da tumuli che guidano al mare da cui si vede il Giglio, e splendono oggi di sicomori, celebra con mestizia stagionale la ritrovata coerenza di tombe e fattorie, porti fabbri produttori di anfore; dalla tomba che vigila sul fiume dove suona sui sassi, l'Albegna lento e trionfante nella foce infinitamente amata nei tramonti di giorni come questi, era l'anno '85, fino al mare, alla plateia e alle (sic) stenopoi di Fonteblanda, l'approdo protetto dalla laguna e dalla quinta di colline, sove si saliva al tramonto d'autunno per cercare l'ultimo sole. Si fa festa a Scansano, per gli Etruschi del Vino, e per la Valle del Vino Etrusco, con amici che amano il Morellino e il cinghiale, connubio degno degli Etruschi e degli eredi del loro territorio, dove le lambruscaie danno al vino di Elino il sapore dei secoli perduti.
Gli anni di Creso e di Pisistrato, di Talete e di Servio Tullio, del cratere François e di Exekias, la guerra per Alalia, Focesi e pentecontere, tutti insieme, rivissuti in una tomba magicamente tarocca e veridica, a Scansano, nata dalle pietre di Poggio Marcuccio, dalla fantasia dell'archeologo e dell'architetto, dalla plastica Made in China, spaventosamente simile al vero. Le Muse di Esiodo avrebbero amato l'ingannevole mostra, capace di dir cose vere con suoni fasulli (o viceversa).
E giorni del VI secolo anche nella Terra dei Quattro Fiumi, dove si prepara la festa per i frammenti chiamati ognuno, da un'archeologa appassionata tanto da non seguire il filo dei trattini nelle note (compito del vecchio archeologo maniaco, attento all'altrui e distratto sul suo), a narrare storie di filatura e di schiacciatine fatte alla piastra. E torna, per un attimo, in una foto in campo lungo, su un suolo che solo all'archeologo sa narrar del passato, l'ombra di Carlo, dalla Terra di Là alla Terra Amata del Chiecina, dove si congiunge al sottile scorrere del Fosso dei Granchi.

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