La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico
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domenica 14 marzo 2010
Medioevo in verde e nero. Ritornando alla maiolica arcaica di Castelfranco
Sepolto in un angolo della memoria, esposto in un museo sepolto, ritorna dopo trent'anni e storie infinite il Medioevo in verde e nero che aprì agli entusiasmi un giovane aspirante archeologo, in serate con amici persi per le vie della vita, quando arrivavano ancora impastati dalla terra i cocci misteriosi di uno scavo inaccessibile. Lo scavo del palazzo comunale di Castelfranco di Sotto, che non era ancora la domus Communis della terra nuova del Valdarno lucchese che avrebbe rivelato la terra e un prezioso documento della metà del Duecento, o la triste sede dei comandi di un ducetto fiorentino (con il nome di podestà) che avrebbero scandito in fasi e volumi i colori di una piazza ritrovata nelle tracce del Medioevo e in qualche contratto della fine del Trecento.
Son questi gli anni del Medioevo in verde e nero, degli orditi vegetali che coprono catini e scodelle, delle geometrie estenuate dei boccali. Un Medioevo in bicromia assai diverso da quello dei giotteschi della capitale, quando stava per arrivare Masaccio, adeguato piuttosto al maestro pistoiese che per qualche fiorino preparava per la rinnovata sede del ducetto fiorentino (con nome di podestà) una tavola con Madonna e San Giovanni Battista a ricordare al San Pietro di Castelfranco chi comandava, a chi bisognava versare gli infiniti fiorini estorti dalla dominante per le guerre stupide volute da una combriccola di mercanti che stava preparando il Rinascimento; e che sarà celebrata per questo, ma ai Castelfranchesi della fine del Trecento, con il loro Medioevo in verde e nero, ben poco doveva interessare del Brunelleschi che si accingeva all'opera.
Dimenticati dalla storia, ricordati dai ghirigori gotici di carte piene di esazioni e estorsioni, dai segni del palazzo riemersi dalla terra in uno sconvolgente giorno del 1995, e dai cocci puliti (ma non troppo), incollati con passione e amore infinito da chi ritrovava nella terra la propria storia e le emozioni di rivivere non più sui libri, ma nel fango i Segni del Passato. Anni e anni, scavi senza fine, altri Medioevi in verde e nero, assai più ricchi (ma non troppo); ma l'emozione di riprendere in mano i catini sbriciolati e i boccali illeggibili dei Castelfranchesi della fine del Trecento (o dei primi del Quattrocento?) rimane, rivive.
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