La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

mercoledì 3 marzo 2010

Fossa Cinque della Bonifica di Bientina. La storia ufficiale (con immagini non-ufficiali)






Per
Serena
Sara
Irene
Elisabetta
Consuelo
Alessandro
(in ordine alfabetico inverso)
e soprattutto ringraziando Augusto

Quando, in un giorno d’inverno del 1990, Augusto Andreotti esibì a chi scrive i materiali che aveva appena recuperato dalla terra di risulta della rettifica della Fossa Cinque di Levante, nella Bonifica di Bientina (tav. I-II), l’emozione colse entrambi. Non c’era dubbio che quelle ceramiche, con le loro geometriche decorazioni incise, provenivano da un insediamento del Bronzo Finale, in una fase avanzata: i segni dei primi Etruschi nella Piana dell’Auser.
L’entusiasmo, come è doverosa regola, lasciò presto il passo all’analisi scientifica, pur condizionata dalle circostanze del ritrovamento – un recupero e non uno scavo stratigrafico, con i dati contestuali e di associazione a corroborare valutazione e conclusioni. Dato l’eccezionale interesse del complesso, negli scenari allora assai nebulosi per questa parte di Toscana intorno al 1000 a.C., si ritenne tuttavia di dar conto del ritrovamento in una sede adeguata; il Bullettino di Paletnologia Italiana, la più antica fra le più prestigiose riviste italiane di scienze preistoriche e protostoriche, lo accolse (Ciampoltrini – Andreotti 1993).
Giacché l’archeologia è, per sua natura, una disciplina in evoluzione, appena uscita la notizia, si imponeva una drastica rivalutazione del sito. Nel 1994 ancora Augusto Andreotti poteva provvedere ad una ricognizione sistematica delle opere di ricalibratura del Controfosso di Sinistra della Provinciale Bientina-Altopascio: altri contesti – alcuni dei quali particolarmente ricchi di materiali – si aggiungevano a quelli recuperati quattro anni prima, disegnando il quadro di un insediamento esteso ed articolato, di cui era possibile cogliere anche il contesto ambientale, con la valutazione delle sequenze stratigrafiche rese leggibili dalla rettifica delle pareti del fossato.
L’occasione per una compiuta analisi era offerta dalla grande mostra dedicata a Livorno, nel 1997, alle testimonianze del II millennio a.C. nella Toscana centrosettentrionale (Dal Bronzo al Ferro 1997).
L’esposizione simultanea dei materiali di Fossa Cinque e del coevo insediamento palafitticolo di Stagno, da poco esplorato, sullo sfondo degli scambi e degli insediamenti del Bronzo Finale di questo angolo di Toscana, permetteva di percepire nel suo spessore il contributo di Fossa Cinque nella dialettica di abitati che prepara, al volgere del 1000 a.C., la nascita dei centri urbani dell’Etruria (Andreotti – Ciampoltrini 1997). La presentazione di una scelta dei materiali nel Museo Etrusco di Bientina, dedicato al ricordo di Vittorio Bernardi, concludeva nel 1999, a meno di un decennio dalla scoperta, un ciclo che si poteva ritenere esemplare.
Il capitolo ‘Fossa Cinque’ si riapriva, inopinatamente, nel 2005. L’esigenza di provvedere al radicale rinnovamento del Controfosso, con un suo limitato spostamento a est, offriva da un lato l’occasione di verificare i dati dei recuperi del ’94, dall’altro poneva una concreta esigenza di tutela, anche alla luce del Decreto Ministeriale del 3 giugno 1997, che aveva riconosciuto come ‘zona archeologica’ l’area della Bonifica di Bientina/Sesto.
Con la piena collaborazione del Consorzio di Bonifica Auser-Bientina, fu possibile assoggettare al sistematico controllo archeologico le opere di movimento terra, sino all’individuazione, nel novembre, sul letto del nuovo canale, dei relitti di un insediamento con strutture lignee, ad opera degli archeologi del gruppo coordinato da Elisabetta Abela, in cui si sono alternati Sara Alberigi, Serena Cenni, Alessandro Giannoni, Irene Monacci.
Sospesi i lavori nell’inverno, nel 2006 ancora fu risolutivo il contributo del Consorzio di Bonifica per provvedere alla documentazione delle strutture appena individuate, prima del loro seppellimento al di sotto del fondo del canale. La presenza di resti lignei in eccellente stato di conservazione sollecitò un profondo senso di responsabilità, e a limitare lo scavo alla definizione dei livelli di disfacimento e dissoluzione del complesso, che è dunque preservato alle future generazioni, per essere eventualmente indagato con quadri economici di riferimento più solidi e con tecnologie di restauro del legno imbibito più consolidate.
Se l’interpretazione poteva essere pregiudicata da questa rinuncia, la fortuna arrise di nuovo nel successivo 2007, quando due furono le strutture che emersero nel proseguimento dei lavori, a sud della ‘mitica’ Fossa Cinque. In questo caso fu possibile esplorare integralmente le stratificazioni di preparazione e di vita dei complessi, ‘gemelli’ della struttura indagata nell’estate del 2006, stando alla griglia del sistema di pali portanti della piattaforma su cui si fondava l’unità insediativa vera e propria.
Il completamento del ciclo dei lavori 2006-2007, che delinea per i materiali dei recuperi 1990-1994 uno sfondo assai più ricco di colori e di dettagli, è stato consentito dai finanziamenti ministeriali per gli anni 2008 e 2009, che hanno permesso di procedere alle opere propedeutiche alla lettura e al restauro dei materiali, esemplarmente curate da Consuelo Spataro nel laboratorio allestito nel Deposito Comunale di Porcari, e coronate dall’impegno del Centro di Restauro della Soprintendenza, con Roberto Bonaiuti; infine, di assicurare l’edizione finale, arricchita delle valutazioni sulle specie lignee e palinologiche, frutto dell’attivissimo gruppo di lavoro formato da Gianna Giachi, dello stesso Centro di Restauro.
Al di là dei nuovi stimoli che comunque i materiali di Fossa Cinque possono dare ad un dibattito consolidato sui dati disponibili alla fine degli anni Novanta, obiettivo non secondario dell’opera che si presenta è anche quello di testimoniare, con un apparato iconografico che la renda accessibile (o almeno appetibile) anche ad un pubblico di non ‘addetti ai lavori’, i risultati che possono scaturire dal congiunto impegno di strutture operanti a diverso titolo sul territorio, come una Soprintendenza per i Beni Archeologici e un Consorzio di Bonifica, e le infinite ‘risorse’ di un territorio affascinante come la Terra dell’Auser.

Bibliografia
Andreotti – Ciampoltrini 1997: A. Andreotti – G. Ciampoltrini, Fossa 5 (Pisa), in Dal Bronzo al Ferro 1997, pp. 135-150.
Ciampoltrini – Andreotti 1993: G. Ciampoltrini – A. Andreotti, L’insediamento protostorico di Fossa 5 della Bonifica di Bientina, Bullettino di Paletnologia Italiana, 84, 1993, pp. 503-520.
Dal Bronzo al ferro 1997: Dal Bronzo al Ferro. Il II millennio a.C. nella Toscana centro-occidentale, a cura di A. Zanini, Pisa 1997.

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