La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico
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sabato 6 novembre 2010
Olive e Frutti della Terra nell'autunno del Valdarno
Sullo spigolo di terra che tocca il cielo, scivolando dall'una e dall'altra parte nel verde pregno di giallo dell'autunno novembrino, in una sera illuminata dal sole e dall'entusiasmo, in attesa della pioggia e del disincanto del domani, c'è chi sottrae al bacio del sole olive ripiene di umori e di storia, e chi traccia segni sulla sabbia in cui s'affissano olivi giovani e olivi antichi.
Sono antichi anche gli amici che intrecciano suoni con la comitiva che celebra i Giorni dell'Olio, sacro e rinnovato rito della terra toscana, di queste colline del Valdarno, in cui i due fluidi generati dall'argilla e dalla sabbia in questi giorni celebrano le ultime feste della stagione e dell'anno, dopo che le piscine in cui si sono rigenerate le vetuste dimore dei mezzadri son chiuse, è finita l'epoca delle migrazioni, se non per gli aironi che vanno di bolina verso le rinate paludi dell'Auser.
Tanti da non contarli più sono gli anni condivisi a cercare, più amati dei tartufi, nel suolo devastato dall'erpice o nelle scarpate volute da padroni e mezzadri, cocci e coccetti, risibili prede per chi non sa quanto sia devastante la suggestione del passato, la voglia di ritrovare se stessi nei Segni della Storia. E ora di nuovo, tanti anni dopo e dopo tante occasioni, le pie donne di Marti e gli amici di Segni dell'Auser, carichi come lui della fatica degli anni ma come lui ancora spinti come i sodali di Ulisse dalla curiosità del sapere, si chinano scricchiolando le ossa sotto gli olivi, a grattare una sabbia dorata come le foglie che si preparano all'ultimo volo, per riconoscere il rosso del coccio, il bianco della pietra, il nero dell'uomo e della sua vita.
E quando un coccio più ricurvo degli altri, con un buco che spunta sotto le squame della sabbia, dichiara «Bronzo Medio», più o meno 2 o 2A poco importa, la festa è grande.
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