La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

domenica 16 giugno 2013

L'azzurro e il verde, il metallo e la pietra. Cartoline da Santa Maria a Monte, affrancate De Chirico






Or che le verdi linee curve di metallo delle pagode sono piani svettanti nell'azzurro della prima estate, nel sapore del vento che dà i toni del mare alla fiorita collina del Valdarno, signora minore di tutte le viste – ché San Miniato eccelle, seppur meno amata dal maestrale – e il frastuono di maggio è lontano, si ritorna alla collina inanellata di freschi cipressetti, ché la Toscana è terra di cipressi, direbbe qualcuno.
Con amici, con i quali la storia di Santa Maria a Monte è condivisa da anni infiniti, nelle fatiche estive e nelle tramontane, e sono tredici anni che per qualche giorno l'antico fonte battesimale di Sant'Ippolito ritrovò le luci del sole, si vaga fra pietre schegge di pietre mattoni schegge di muri di pietra schegge di mura di mattoni.
Si dovrà pur spiegare a chi navigherà nell'arcipelago inquietante delle schegge, dialoganti con i curvi volumi di metallo, la ragione di tante muraglie ripulite dalla terra, amate coccolate idolatrate sin da erigervi sopra edifizi di metallo, pieve divenuta cattedrale laica. E certo la cripta degli anni che furono dei vescovi di Lucca che erano papi, e qui sostavano in viaggio per Roma, sulla loro Francigena, ché la Francigena forse era appena nata, è nitida traccia di linee curve riprese da curve in piano, celebrata da curve nel cielo; e il fonte battesimale fatto e rifatto è tale, di certo, per forma e colore.
Ma niente vale la suggestione del vento che s'infila sotto le verdi linee curve di metallo intinte d'azzurro, non più remote pagode ma laici heroa per i segni del passato, inquietanti enigmatici gli uni e gli altri.
Cartoline da Santa Maria a Monte, da affrancare con francobolli vintage, De Chirico e gli Archeologi.


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