La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

lunedì 6 settembre 2010

Virgilio a Lucca: i riti funebri dell'Italia romana tra testi poetici ed evidenza archeologica (Munere mortis, II: la mostra)





Nec minus interea Misenum in litore Teucri
flebant et cineri ingrato suprema ferebant.
principio pinguem taedis et robore secto
ingentem struxere pyram, cui frondibus atris
intexunt latera et feralis ante cupressos
constituunt, decorantque super fulgentibus armis.
pars calidos latices et aëna undantia flammis
expediunt, corpusque lavant frigentis et unguunt.
fit gemitus. tum membra toro defleta reponunt
purpureasque super vestis, velamina nota,
coniciunt. pars ingenti subiere feretro,
triste ministerium, et subiectam more parentum
aversi tenuere facem. congesta cremantur
turea dona, dapes, fuso crateres olivo.
postquam conlapsi cineres et flamma quievit,
reliquias vino et bibulam lavere favillam,
ossaque lecta cado texit Corynaeus aëno.
idem ter socios pura circumtulit unda
spargens rore levi et ramo felicis olivae,
lustravitque viros dixitque novissima verba.
at pius Aeneas ingenti mole sepulcrum
imponit suaque arma viro remumque tubamque
monte sub aërio, qui nunc Misenus ab illo
dicitur aeternumque tenet per saecula nomen.

(AENEIS, VI, vv. 212 ss.)

Nel frattempo sulla riva del mare i Troiani piangevano /
per Miseno e gli rendevano gli estremi onori. /
Per prima cosa eressero una grande pira /
di legno di quercia e di alberi resinosi /
rivestendone i lati con fronde nere e rami di cipresso; /
l’adornarono sulla sommità di armi lucenti. /
Alcuni preparano l’acqua bollente in caldaie di bronzo, /
lavano il rigido corpo e lo cospargono di unguenti. /
Si levano lamenti. Poi depongono il cadavere /
su un letto, su cui stendono vesti di porpora.
Altri, volgendo le spalle, si avvicinano al triste feretro /
– compito doloroso – con le fiaccole accese /
secondo il costume degli antichi. Si accumulano /
e si ardono le offerte di incenso, di cibi e di vasi colmi d’olio. /
Dopo che la pira crollò e la fiamma si spense /
bagnarono di vino le ceneri e la brace stridente /
e Corineo raccolse le ossa in un vaso di bronzo. /
Lo stesso Corineo tre volte asperse con l’acqua /
i compagni, con un ramo d’olivo /
purificò gli amici e pronunciò l’estremo saluto. /
Il pio Enea eresse un tumulo imponente /
con le armi, il ramo e la tromba /
sul monte che da lui si chiama Miseno /
e per sempre ne conserva il nome.

I riti funebri figurati in un sarcofago del II secolo d.C. con scene del mito di Meleagro (come indica il personaggio con cani al guinzaglio sulla destra di chi guarda) sono una precisa ‘illustrazione’ dei momenti cruciali del rituale romano dell’incinerazione, del quale Virgilio dà una descrizione poetica proiettandolo nel mondo mitico dell’Eneide.
Gli onori funebri resi a Miseno dai compagni prevedono:
- la costruzione della pira, fatta di varie essenze lignee e rivestita da rami della pianta ‘funebre’ per eccellenza: il cipresso;
- la purificazione del cadavere, lavato con acque calda e profumato con unguenti;
- la collocazione del cadavere sul ‘letto’ funebre, allestito sulla pira;
- la collocazione sul rogo o intorno ad esso degli oggetti più cari al defunto e di offerte alimentari;
- la cremazione, innescata con fiaccole tenute volgendo al rogo le spalle;
- la deposizione dei resti del rogo entro un cinerario (in questo caso di bronzo);
- la purificazione dei partecipanti alla cerimonia;
- la costruzione della tomba che accoglie le ceneri.
Con il testo di Virgilio come chiave di lettura, la testimonianza archeologica dei rituali funebri del I secolo d.C. documentati nel territorio di Lucca diviene perfettamente comprensibile.
I dati archeologici testimoniano che anche nell’Etruria settentrionale del I e II secolo d.C. venivano praticati i riti funerari dell’Italia romana che sono documentati dalle fonti letterarie e dall’evidenza iconografica.
Il cadavere viene esposto sul rogo preparato nell’area sepolcrale (ustrinum); qui si svolgono le cerimonie di purificazione (lustrazione), con il lavacro in cui si impiegano anche unguenti profumati. Il corpo viene bruciato e i resti del rogo sono infine sepolti nell’area stessa del rituale estremo (la pratica è detta: bustum). Il compianto intorno alla tomba, sulla quale è eretto un segnacolo ornato di ghirlande, conclude il mesto addio dei congiunti.
I monumenti dell’Etruria settentrionale – soprattutto le stele – possono essere arricchiti con figurazioni di carattere simbolico (l’edera, la ghirlanda, gli esseri marini che alludono al viaggio nel mondo dei morti), i ritratti del defunto (o dei defunti) e gli strumenti della professione che questi avevano svolto: il fabbro bronzista, il calzolaio, ecc.
L’iscrizione si limita di regola a ricordare il nome dei defunti e le cariche pubbliche che questi avevano ricoperto. Testi poetici, in taluni casi (assai rari), permettono di comprendere l’ideologia che sottende il rito funerario o celebrano il compianto dei congiunti.

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