La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

sabato 4 settembre 2010

Mysteria Priapica, o dei dubbi dell'archeologo


Scientifiche certezze di archeologi post-winckelmanniani, nutriti di filologia classica, ermeneutica del Robert, chippiunnehapiunnemetta, s'ammutoliscono davanti ai multipli sferoidi basi del cilindroide generati dalla terra fra i due fiumi degli Etruschi e dei Romani, capanne perdute in anni perduti e riviste per un attimo in anni presenti ma anch'essi remoti, altre ere, in cui appariva il bucchero nero del VI secolo e forse VII e la vernice nera echeggiata nelle narrazioni del Mariti e dell'Inghirami, finalmente rivista carica dell'argilla del Pliocene del Valdarno.
Alle certezze cristofanesche della vernice nera, Morel 83 82 con anse e senza anse, graffiti, i buccheri e le ceramiche nella tradizione del bucchero, le anfore greco-italiche, i cippi ancorati alle tombe di Castiglioncello e sottratti al dubbio con dubbi che dovevano attender vent'anni per essere placati, subentra infine, per la mano mattesca di amici appassionati e sempre pronti all'avventura e all'enigma, un molteplice intreccio di volumi sfuggenti, tempestati di segni in cui il sogno vorrebbe riconoscere lettere degli Etruschi che queste terre videro frequentarono amarono, intreccio di volumi da cui, sepolti Winckelmann filologi tedeschi romantici positivisti dell'Ottocento, si vorrebbe balzare indietro alla pazza scienza degli abati del Settecento, ai loro furori preneoclassici, ardenti come le sonate di Vivaldi, per ritrovare Priapo e i Priapei Misteri, il mitico Mutunus Tutunus, la forza estrema della natura cantata con garbata ironia da Orazio.
Memore delle lezioni dei maestri marxisti (che Priapo vuol dire?) e delle radici empiristico-razionalistiche, l'archeologo che (quasi) tutto ha cercato e visto di queste dure terre d'argilla, respinge il fascino del fascinum (che gioco di parole), ma vorrebbe davvero che quella pietra sbozata da chissacchì chissaqquando, con quei segni che vorrebbe segni di Etruschi e forse sono solo ghirigori perduti nelle nebbie degl'infiniti lautni servi coloni mezzadri che queste terre han visto prima degli agriturismi degli Inglesi, fosse un segno dell'ignoto Priapo degli Etruschi, dei lautni che faticavano su queste terre aspre e generose di uva, e rompevano le coppe a vernice nera Morel 82 82, anse e senz'anse, e mescolavano il vino e gli ortaggi di una tera amica al vino delle calde terre del Tirreno del sud. Anche l'archeologo può (o deve?) sognare. E offre al Priapo che tutti illude i fichi generati da una terra bagnata di sole e di vino.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.

Lettori fissi