La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

mercoledì 22 luglio 2009

Il Porto Sepolto, il Porto Ritrovato: la Formica a San Concordio



Sono esseri magici, mediatori della Natura, i Telchini ... e l'archeologa che guizza sotto il sole, Serena temprata dal fuoco e dall'aria, uscita dall'acqua, immersa nella terra, con la magica scopa che estrae dagli elementi i Segni dell'Uomo, è sorella ai Telchini. Sognato, represso – banale metafora dialettica dell'esperienza antropologica – raggiunto infine con un sereno e condiviso impegno: il Porto della Formica apre nel tormentato tessuto sub-industriale della Città dell'Auser una squinternata finestra su perduti paesaggi agresti, placide acque che dall'Ozzeri portano al mondo (o piuttosto alle corti della Bassa Lucchese, dove la plebe rurale può mirare le ville degli aristocratici, oggi come nel passato, credendole proprie). Il dismesso berrettificio che reclama un amore impossibile, la filanda trasformata, le fatiche di decenni terribili rifuse nel volto delicato ed elegante dei villini liberty ripuliti dalla patina degli anni, rigenerati da sapienti chirurghi, lucidi di mattonelle ... dietro, dietro il muro del Cammino di Ferro, le fatiche dei Telchini immersi nel gas e nel bitume per dar luce alla città, e prima ancora, barcaioli e contadini. Le fatiche degli uomini non son più di moda, lo erano troppo nei terribili Anni di Piombo per essere amate anche oggi ... vedere con un occhio il delicato volto del Nuovo Secolo lucchese sui viali è dolce e facile, ma anche il lato B, oltre il Muro di Ferro – il Segno dei Telchini – per un giorno è rinato.

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