La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

mercoledì 15 luglio 2009

Cena etrusca con Menadi a Scansano



Sera d'estate sulle colline che videro la fortuna degli Statie. Il magico otto cinto di mura, il palazzo degli Statie, già ara di dei propizi alla terra, alle bestie, agli uomini, si sposta per qualche ora nel nuovo castello degli Aldobrandeschi e degli Sforza, grigio signore delle due valli irrorate di vino. Il vino è signore del tramonto e della notte, il dono di Fufluns, la via iniziatica delle Menadi e delle signore di Vulci. Le nuove Etrusche si affacendano su asciutte e preziose focacce, zuppe di farro, orzo, e tagli dei tre animali sacri, ripetendo i fumetti degli Hescana appena visti in una dotta prolusione; gli uomini rammentano le severe imprese di avi perduti nel turbine delle guerre civili degli anni Ottanta (a.C.), nella crisi dell'aurea età degli Antonini, nel tramonto del mondo antico, nel dissolvimento del frantumato ordine di Longobardi e degli abati amiatini, infine recuperati nel desiderio. Ma sono veramente esaltate dal Dio le fanciulle che, intrecciando agresti apparati amerindi alle suggestioni dei crateri del Pittore del Gruppo dell'Imbuto, rinnovano le danze menadiche che un coreuta ispirato guida alla luce di faci che penetrano la memoria.
Balugina qualcosa di remoto, nella sera estiva di Scansano, forse per il tremore del fuoco delle fiaccole, forse per il vino di Elino, frutto delle lambruscaie, padre e fratello del Morellino. Il cinghiale è un Tuscus aper, nobile figlio di una terra aspra e dolce di miele, ma bere il vino in una coppa, sia pura a vernice nera o una stemless cup with inset lip, non è facile ... Salve, ritrovati (per una sera) nipoti degli Statie, eredi delle iniziate Vulcenti, donne libere e creative, per il Dio del Vino e della Rinascita.

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