La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

mercoledì 17 dicembre 2025

Il gallo di Volcascio. Amuleti di Garfagnana, anni anni dopo ...

 

Passano gli anni, e sempre un po' lì si ritorna, mitici fra Ottanta e Novanta, poi certo sì, pieni di ritrovamenti, ma era un'altra cosa ... Volcascio, terre di Garfagnana, forse l'ultimo degli scavi fatti all'antica, appassionati, amici, Guido Rossi, Paolo Notini, e quanti altri nomi, spesso ricordati in nota.

La statuetta, Abundantia, si riteneva e si ritiene, segno pagano di quelli che rallegravano Rutilio nelle sue soste, un passato sempre più difficile da conservare di fronte alle nuove aristocrazie e alla volontà imperiale. E fra non molto represso.

Ma questi sono ancora anni di Rutilio, dichiarano le ceramiche finite nella discarica sul pendio rapido verso il Serchio, ancora c'era spazio per le tradizioni antiche.

E poi, fra cocci infiniti, pentole stravaganti di linee incise, schedate da Paolo una per una, con tenacia, il pendente, pasta vitrea stampigliata.

E tanti anni dopo, finché si può, ancora la curiosità di saperne di più, dell'amuleto venuto dall'Oriente. Qualcosa già allora si sapeva, ma i pdf e le comodità di Google oggi assai di più ne fanno sapere: il corpus del British Museum, come sempre inappuntabile, esauriente, ma poi la terra sul Giordano dà un altro pendente, fresco di scavo, e ad Aquileia altri si aggiungono, intrecciandosi nel pullulare di novità. ignoti gli uni agli altri ... e a Cagliari, e chissà quanti altri

Pochi anni, e la carta di distribuzione si infittisce, pur se ancora non s'aggiunge né Volcascio né Luni, ma si sa, una nota a pie' d'articolo non è detto che venga cercata. Né trovata.

Non importa, quel che importa è che sì, nell'insieme, era corretto porre fra Siria e Palestina la produzione di questi amuleti, con il gallo (pare...) apotropaico, ora assai studiato per l'Egitto tardoantico, capaci di arrivare in tutto l'Impero, produzione quasi industriale per le plebi tardoantiche, cristiane, ebree, pagane. Simboli per tutti. Il commercio non aveva (e non ha) confini.

Anche quando l'Impero era allo stremo, e sempre di più si doveva confidare nei segni indossati.

giovedì 4 dicembre 2025

I segni di Dioniso sui dolia, a colori. Rivedendo antiche immagini del dolio dei Tossii da Fonteblanda...




Giorni per guardare indietro, inevitabile, dopo tanti spesi guardando avanti. E guardare indietro è anche sfogliare le memorie e i dischi rigidi, trovare immagini del tempo delle pellicole convertite in serie numeriche, digitali. Una cartella, "Scansioni", ogni immagine un lampo negli anni Ottanta, primi Novanta al massimo. Una storia da rivivere, ora che il tempo di attendere storie nuove sta svanendo.

Riappare la scheggia di dolio di Fonteblanda, prezioso dono della terra lungo la ferrovia, fitta di macerie di un abitato dei tempi di Roma, letta nelle schede del Corpus Inscriptionum Latinarum, indici e pagine da sfogliare lentamente, non nel vortice del .pdf. Anni più semplici più lenti, ma non è detto. Frutti di lunga maturazione, infine la pubblicazione, in una rivista che oggi non è più, forse anche perché quei tempi non sono più. Chissà. Opus, i doli dei Tossii, storia di una produzione durata un secolo almeno raccontata da stampigliature su bordi di dolia.

E soprattutto, a colori, il tirso, i dolia, che sono tre ma dovevano essere almeno cinque, il kantharos, il trionfo nel segno di Dioniso del maestro vasaio, arte di terra e di fuoco celebrata dall'orgoglio del nome e dalla festa dei segni del Dio del Vino. Si dovette integrare il gentilizio, non la festa, squillante nel kantharos che completa l'opera del dolio.

Molto è stato poi aggiunto, e nuovi segni dei Tossii sono affiorati, e forse indicano che anche lungo il Tevere si lavorava per arredare le celle vinarie della Tarda Repubblica e dell'età di Augusto.

Un piccolo contributo per una lunga catena di ricerca. Anno 1992, dice la data di Opus. Ma anche un po' prima.


 

sabato 1 novembre 2025

Ritorno al ponte del Botronchio, dopo aver raggiunto la Gallia ...


 


Meraviglie di Google Lens, si ritorna al quadretto degli Horti Lamiani con scene di vita fluviale, si cerca un'immagine di alta qualità, si trova l'occasione per leggere minuzie e particolari di vita sul ponte e intorno al ponte, in attesa di qualcuno che ne dia interpretazione ...
Ma a chi in anni lontani seguì Augusto e i suoi amici nell'avventura dello scavo nel Botronchio, lungo il decumanus visto dal satelllite e poi ritrovato sulla terra, e del ponte di legno che ne raccontò la storia, l'immagine nel limpido tocco di figurine che hanno il sapore del Magnasco o del Guardi, pennellate rapide da completare con l'immaginazione, è sufficiente ...
E se ne discusse con Augusto, quando ormai il tempo del Botronchio, e non solo, era consumato, del capitolo mancante alle vicende di boscaioli, carrettieri, cacciatori, che ferri bronzi ceramiche del ponte avevano fatto immaginare: le monete, assi e sesterzi, non finite per i ghiribizzi del caso nelle acque a preservarsi dalle patine, ma gettate. Come dal Reno al mare, fra Gallia e Germania, offerte in guadi e ponti. Sì, c'è sempre qualcosa da aggiungere, usi di provincia giunti anche in Etruria, o chissà che altro.
Ars longa, vita brevis. 

lunedì 6 ottobre 2025

Nicepor a Viareggio. Decifrando (o sognando di decifrare ...) il bollo in planta pedis del dolio a Viareggio




 







Quanti anni dal giorno di Viareggio, il dolium e la Capitaneria di Porto ... e la sfida perenne, mai vinta, del bollo in planta pedis, certo da Minturno o dintorni. Dieci o giù di lì ...

E poi amica e antica collega, Emanuela Paribeni, un giorno di una primavera incipiente, cupa, regala splendide immagini del bollo, con il colore e il calore del sole che le esalta ... 

... e un giorno d'autunno, dal freddo sapore d'inverno, si guarda e riguarda, ma sì,  a linea 2 era ovvio

    N I C E P O R  S

Certo N e I richiedono impegno e fantasia, ma il resto fila, e Nicepor, servus di Q. Acerratius, produttore di dolia a Minturno, terra dei dolia migliori, è perfetto, è lui, e a linea 3, infine, almeno

    F E C

è chiaro!

Bello sarebbe se a che a linea 1 squillasse Acerratius. o qualcosa del genere, come si era immaginato. Ma veramente uno sforzo è riconoscerlo in conclusione,

    S  P  M  A C E R

veramente astruso. Nelle lettere si annida il gentilizio del dominus, ma troppi rovelli resrano.

Sì, la sfida continua, finché si respira si può sognare ...

E si ritorna ancora più indietro, quindici anni e oltre, quando Pamela mostrò il bollo del dolium elbano, e allora chissà, subito apparve dopo lo squillante nome del servus Alexander, il dominus

    V M I D 

un po' rotto. E ora che la rete mette tutto a disposizione, esalta, e poi anche un po' deprime, ebbenesì, Umidius va bene, gens se non di Minturno dei dintorni, implicata nell'armamento navale, come illustra il maestro, Piero Gianfrotta, nell'ancora da Molara, a Sassari, divinamente letta. Si assomigliano anche un po', nella stesura, i caratteri impressi nell'argilla del dolio e quelli rilevati nel piombo...

Genti di Minturno e dintorni, anni di Augusto e dintorni, traffici di vino per mare.

Quanti anni a rimuginare sui dolia, il Portus Cosanus, il Giglio, e poi via, verso la Gallia. Il mare dei dolia, quello intorno all'Argentario ...

Per un momento, tornando a quei giorni, si può dimenticare il resto ...


lunedì 1 settembre 2025

Ritorno ai cippi della Valdera (e del Valdarno), cinquanta anni dopo ...in neerlandese


Non si sfugge al ricordo, il passato incombe e si ritrova anche curioseggiando fra le ottocentesche anticaglie che han trovato casa a Leida. Utili schede, sapore dell'archeologia romantica e neoclassica, certo sempre la mancanza del contesto soffoca l'archeologo ben abituato ...

Ma si sussulta quando appare, come cinquant'anni fa dalle chiese di Valdera o dalle pagine del Mariti, un acheruntico cippo, classe allora assai oscura, oggi iper-illuminata da innumeri trovamenti, forse anche troppo, un po' frastornanti.

Ma questo di Leida, arrivato nei Paesi Bassi passando da Arezzo, dice la scheda neerlandese, ha un sapore diverso, chissà da dove viene, forse dalle terre di confine dei cippi, dove Fiesole toccava Arezzo, coì come i suoi cugini dalle terre dove Volterra sfiorava Roselle o Siena, Montalcino, Pari ...

E per un attimo riappaiono don Mannari, divagando per Montacchita, frustrata ricerca poi illuminata tanti anni dopo, e le chiese di Montefoscoli. Un attimo, un bagliore che ha navigato nel tempo.

giovedì 14 agosto 2025

Settantasette


Settantasette, da quel sorriso delicato e remoto. Alle spalle sì anni tremendi, davanti storie da costruire insieme, certo un percorso non facile. Ma si poteva fare, e lo faceste, tanti anni insieme, tanti divisi da una lastra di pietra, ora infine di nuovo insieme, guardando i nuovi arrivati, nel cimitero di Castelfranco. Salutandoli, di certo.

Agosto del '48, vigilia della festa dell'Assunta.

E giacché senza di voi, senza la vostra attesa del futuro, i Segni dell'Auser non esisterebbero, perché non salutarvi da questa pagina, sempre più stanca, sempre più fuori luogo. Ma il vostro sorriso delicato e remoto, sorriso del '48, per qualche attimo può far dimenticare tutto.


lunedì 14 luglio 2025

I fiori di Vroulia, per ritrovare i tramonti di Fonteblanda


Giorni stanchi, tempi esauriti, ci si incuriosisce e si naviga a caso, arrivando infine alle tavole a colori di Vroulia, scavo remoto, tempi degli Ottomani, mirabilmente edito dal danese e dalla moglie, con le sue tavole colorate, piene del sapore d'Oriente e di Orientalizzante.
Porto di case allineate su una via e su una muraglia, arida e ardente punta di Rodi, ideale per taglieggiare o assistere le navi che dall'Egeo andavano a Cipro o in Egitto, e viceversa. Lo facevano anche i Cavalieri, d'altronde ...
Fine VII, primi del VI secolo, piene di capre selvatiche e fiori geometrici ... né le une né gli altri nel porto del vino etrusco, Fonteblanda, quasi quaranta anni dopo che si scoprì di camminare su anfore etrusche. Ma gli anni sono quelli, traffici diversi ma paralleli ...
Un attimo, e riappaiono i tramonti sul porto del vino etrusco, ora che è stagione di tramonti, quando il sole sta per baciare il mare.
 

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