La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

martedì 15 novembre 2011

Emersioni. Tremila anni di storia della Piana di Lucca raccontati dallo scavo dell'area del Nuovo Ospedale




Ancora versioni ufficiali ... che per i lettori di http://segnidellauser.blogspot.com non sono novità ...

Emersioni. Tremila anni di storia della Piana di Lucca raccontati dallo scavo dell’area del Nuovo Ospedale

Comincia nell’estate del 2009 l’avventura di uno scavo che è anche un viaggio nel tempo: tremila anni di storia della Piana di Lucca, dalle discariche del XX secolo fino alle tombe etrusche, un’avventura nel tempo raccontata dalla mostra aperta nella Casermetta del Museo Nazionale di Villa Guinigi in Lucca.

Il viaggio viene preparato dalle immagini aeree e satellitari, inizia con le trivelle delle opere di bonifica bellica, che disegnano una mappa puntuale del sottosuolo, e per due anni – a varie riprese – trascina gli archeologi in un percorso avventuroso.
Lo scarico della ‘farmacia’ domestica e degli oggetti personali di un malato dei primi del Novecento, delle ceramiche da mensa e da cucina degli anni di passaggio fra Ottocento e Novecento: sono questi i segni più vicini a noi di una sequenza di eventi che sale su per il Medioevo, con i resti di una modesta abitazione rurale coeva alla ‘Casa degli Aranci’ trecentesca, vista ancora dal Sercambi, che dà il nome alla contrada.
Vertiginosamente si risale nel tempo: la Tarda Antichità (IV-V secolo d.-C.), con la poderosa massicciata di pietrame, frammenti di laterizi, ceramiche, sulla quale doveva vivere una piccola comunità che poteva sfruttare gli avanzi del più sorprendente segno del passato emerso nello scavo.
Dopo essere stato intravvisto nell’immagine satellitare e disegnato dal reticolato delle trivelle della bonifica bellica, mesi di scavo hanno infatti disegnato il profilo di un imponente edificio d’età romana, tipologicamente interpretabile come mansio: una ‘stazione di sosta’ costruita lungo la via che usciva dalla porta orientale di Lucca, per condurre a Pistoia e a Firenze.
Il complesso aveva occupato un’area che era stata a lungo solo agricola, messa a coltura da un ordito di opere di bonifica e di drenaggio che lo scavo ha minuziosamente ricomposto, e che erano state avviate già dalla fondazione di Lucca, nel 180 a.C.
Ancor prima, gli Etruschi si erano insediati a più riprese in questo lembo di pianura, attrvaersato da un intreccio di fiumi: nel III secolo a.C., intorno al 600 a.C., con un vero e proprio villaggio di capanne; già intorno al 700 a.C., quando una piccola necropoli di tombe a pozzetto tardovillanoviane venne disposta proprio nel punto in cui, molti secoli dopo, sarà costruita la mansio, a testimonianza della straordinaria storia che per il momento si conclude con la costruzione del Nuovo Ospedale.
I viaggi nel passato dell’archeologo non sono solo nello scavo: l’analisi dei materiali, la ricostruzione dei contesti stratigrafici e strutturali e l’analisi tipologica alla luce delle ricerche già fatte sono una parte forse ancor più impegnativa dello scavo, nel processo di ricostruzione del passato. È questa una seconda tappa del viaggio nel passato, appena iniziata, per condurre chi frequenterà le sale del Nuovo Ospedale di Lucca a rivivere l’avventura vissuta per due anni dagli archeologi.

Lucca, Museo Nazionale di Villa Guinigi, dal 18 novembre al 3 dicembre 2011

Per informazioni e orario: http://www.luccamuseinazionali.it

sabato 12 novembre 2011

Il terzo viaggio: sull'Eufrate e oltre






Il terzo viaggio, verso l'Eufrate, nel monastero di Rabbula, Bet Zagba anno 586, seguendo (o meglio: anticipando) l'itinerario di Ariulfo e dei suoi compagni, dalla Pannonia all'Eufrate a Spoleto, per ispirare il monaco pittore di luci ellenistiche.
Tradizioni iconografiche o l'efficacia del presente, l'andirivieni dell'accozzaglia di soldati messa insieme dall'impero sfasciato dai sogni imperiali di Giustiniano per salvare le fortezze sull'Eufrate e quelle sul Danubio, nei colori delle tuniche, nelle cinture fatte di cinture o di panni annodati, di spade che pendono da baltei e s'ancorano a cinture, nei militari degli auxilia tiberiani della Crocifissione che divengono nel tratto pieno e nei toni dell'amico del Maestro di Castelseprio i bucellarii di Belisario o di Narsete o dei loro epigoni?
Domande domande domande per l'archeologo che vorrebbe ritrovare nel meraviglioso segno biancoenero di Sara il sapore delle letture di anni remoti. E fra Niederdollendorf e Zagba, fra il Franco con il pettine, la boraccia, lo scramasax, e i Barbari al servizio dell'impero, conclude il viaggio del sogno, e si dedica alle note a pie' di pagina.

venerdì 4 novembre 2011

La 'Dama con gli Orecchini' - La versione ufficiale









La “Dama con gli Orecchini” della Lucca longobarda. Un ritrovamento eccezionale nell’attività di tutela

Dopo le anticipazioni dello scorso ottobre sul ritrovamento di una tomba femminile databile fra il 600 e il 650 durante le indagini archeologiche condotte a Lucca, in Via Elisa, preliminari alla ristrutturazione di “Casa Betania”, di proprietà della Congregazione delle Suore Ministre degli Infermi, è possibile confermare il rilevante interesse della acquisizioni su Lucca d’età longobarda scaturite dai lavori di scavo. Il dato di Via Elisa si aggiunge a quelli passati in rassegna nel volume “La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico”, appena uscito (maggio 2011), e sottolinea il fondamentale apporto delle “buone pratiche” dell’archeologia di tutela anche per il continuo progresso della ricerca.
Grazie agli accertamenti e approfondimenti delle fasi finali dello scavo è stato infatti possibile chiarire il contesto in cui la sepoltura si inserisce.
La tomba, che – ricordiamo – è la prima di questo tipo a Lucca, raccoglieva le spoglie di una donna appartenente all’aristocrazia della città, deposta in cassa lignea con i suoi oggetti di ornamento peronale: un paio di orecchini a cestello in argento finemente cesellato, rinvenuti ancora “in posto” ai due lati della mandibola; un pettine in osso decorato a incisione adagiato sul ventre. Ma dallo sviluppo dello scavo è apparso che la tomba della “Dama con gli Orecchini” si inseriva all’interno di un gruppo di almeno sette sepolture collocate all’interno di un edificio costruito con possenti muri in ciottoli e malta. Si tratta chiaramente di una chiesa cimiteriale e le caratteristiche architettoniche ancora leggibili, che tradiscono l’acquisizione dei modelli del V e VI secolo d’area milanese e ravennate, avallano l’interpretazione.
Le tombe sono disposte per “righe”, orientate in senso sud-ovest/nord-est, secondo un uso peculiare di questo momento storico, che vede anche a Lucca e in Toscana la progressiva “contaminazione” delle tradizioni romane e di quelle germaniche, come è stato sottolineato nel convegno sulle sepolture longobarde in Italia tenuto a Trento nel settembre scorso.
I dati stratigrafici confermano che la chiesa fu eretta tra V e VI secolo. È stata subito valutata la possibilità di identificarla con la chiesa suburbana di San Gervasio, di cui i documenti lucchesi attestano l’esistenza già nel 739, e la collocazione presso l’attuale chiesa di Santa Maria Foris portam (“Santa Maria bianca”); tuttavia potrebbe trattarsi di altra fondazione di cui non ci è giunta notizia dalle fonti documentarie.
Nondimeno essa costituisce un ritrovamento eccezionale, essendo la prima di così antica fondazione che affiora dall’attività di scavo a Lucca – dopo i resti di San Bartolomeo in silice messi in luce nel vicino complesso del San Ponziano, nel 2005 – e, soprattutto, getta una luce particolare sulla storia del vivace sobborgo detto “di Cipriano”, sorto fuori della porta orientale della Lucca altomedievale lungo l’antica via che portava a Firenze, luogo di residenza di eminenti famiglie dell’aristocrazia longobarda, da cui provengono  vescovi e personaggi di spicco dell’alta società lucchese dell’VIII secolo: Pertuald, il fondatore di San Micheletto; Peredeo vescovo, suo figlio; la famiglia del vescovo Pietro, fondatrice di San Bartolomeo in silice.
L’affioramento durante gli scavi del margine sud dell’antica via inghiaiata (ricalcata dalla via Elisa), che correva a pochi metri dall’edificio ecclesiastico, completa la ricostruzione della topografia di questo settore della contrada, la cui vita si è protratta fino ai secoli centrali del Medioevo, tra X e XI secolo. In questo momento sia la chiesa che l’area cimiteriale risultano dismesse, incise da profonde fosse e scassi di ogni genere, finalizzati al recupero di materiali da costruzione, che preludono a una nuova urbanizzazione di cui sono sopravvissuti solo esigui lembi di strutture messe in opera con materiale di spoglio. Sono gli stessi anni in cui anche i documenti registrano che la chiesa di San Gervasio era ridotta a rudere: un’inquietante coincidenza o un possibile indizio supplementare per l’identificazione dell’edificio affiorato nello scavo?

I lavori di scavo sono stati eseguiti dalla ditta Giunta Sauro sotto la conduzione dell’archeologo Alessandro Giannoni e la direzione scientifica del dott. Giulio Ciampoltrini della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana. Il corredo è attualmente sottoposto alle analisi di laboratorio nel Centro di Restauro della Soprintendenza per i Beni Archeologici, mentre le indagini antropologiche sono state affidate – nella tradizione di proficua collaborazione che ha recentemente portato alla ricostruzione della “Fanciulla di Vagli” – al gruppo di lavoro del professor Gino Fornaciari, ordinario di Paleopatologia presso l’Università di Pisa.

Giulio Ciampoltrini - archeologo direttore coordinatore della Soprintedenza per i Beni Archeologici della Toscana
Alessandro Giannoni - archeologo responsabile del cantiere di scavo di Via Elisa

martedì 1 novembre 2011

I colori della fuseruola (i viaggi da Pontedera a ...)







Si cercano colori, per i frutti della terra, tartufi preziosi per chi sa capirli (è questa la stagione d'altronde, nella Terra dei Quattro Fiumi).
E dopo il viaggio a Niederdollendorf per lo scramasax segno dell'uomo libero e guerriero, si deve andare a Vienna per trovare nella casa di Putifarre (o come dir si voglia) i colori della Signora della Fuseruola, scene domestiche del VI secolo dell'Oriente ellenistico-bizantino (avrebbe detto in anni dimenticati Ranuccio Bianchi Bandinelli) per i sepolti alla Scafa, sul fiume, prima di Rapida e di Pontedera.
Forse non erano addobbate come le ancelle immaginate in Siria o a Costantinopoli, qualche decennio prima, le Signore con Armilla e Orecchino che Sara ha liberato dal sonno di terra, ma l'Archeologo che tanto frequentò Weitzmann quando cercava luce per i secoli atroci di Lucca e della Toscana ancora sogna – talora – e vira al rosso di porpora delle pagine illustrate il colore della terra.

sabato 29 ottobre 2011

I capitelli risorti, il saluto della Fanciulla di Vagli







S'intrecciano storie, a Villa Guinigi, in questi giorni. Salutata mille e più volte, la Fanciulla di Vagli si ritira, per preparare il rientro nello scintillio delle Apuane, dove il verde e il giallo dei castagni si confonde nel marmo delle rupi.
Risorti per mano di congiunte passioni, non sono più Fragmenta marmorum i capitelli che accolgono il visitatore attento, ma storie raccontate dalla terra, dai muri, dai marmi e dai colori di una cattedrale dismessa che si rinnova accogliendo San Pantaleone, negli anni degli imperatori di Sassonia, il mitico Mille. Cripte e pilastri, affreschi alla romana, memoria di San Crisogono, e infine, eretto da frammenti visti venticinque anni fa, il ciborio, ultima costruzione su un monumento ritrovato.
Il senso di un lavoro compiuto, quaranta anni dopo, venticinque anni dopo, per mano di una generazione di studiosi e restauratori che si forma fra passione e preparazione.
Un raggio di luce nel tramonto d'autunno, mentre la Fanciulla di Vagli se ne va ...

giovedì 27 ottobre 2011

Il viaggio del guerriero (da Pontedera a Niederdollendorf)




Il pettine, lo scramasax rimesso a lustro, con le sue belle borchie alla bergamasca (tipo Castelli Calepio, alla erudita), la fiasca rimasta a Lucca, e sono pronte le ossa del guerriero sepolto fra i ruderi sul fiume a Pontedera a ritrovare le perdute vesti nella stele di Niederdollendorf.
I riti del viaggio – il viaggio del trapasso, si immagina – a cui prepararsi con la borraccia rimettendo in ordine arruffate chiome (orgoglio del guerriero, segno del rango e della libertà), e con lo scramasax pronto per gli inquietanti mostri alle spalle. Per un attimo i sogni dell'archeologo e un giorno curvo sulla lente, per le fatiche del restauratore, si ripropongono in un'immagine tangibile, che vola dal Reno all'Arno. Ed è festa per Sara, che ha visto il ferro massa inerte e ora quasi scintillante.
E per le note a pie' di pagina, per le ospiti di Trento, c'è tempo ...

domenica 23 ottobre 2011

L'ultimo frutto dell'anno fra le sabbie con le Anse a Testa di Cobra




Son di nuovo turgidi del dono di Atena i frutti dell'olivo, ultimi dell'anno, sulle sabbie tagliate dall'acqua fra Ricavo e Chiecina, meravigliosi nel cielo spazzato dal Grecale che prelude alle piogge.
Un anno, anno di fatiche fra sabbie rese pietra dal sole, lago dall'acqua, enigmi di strati monocromi distinti da pietre e dai frammenti del segno dell'uomo, per gli amici carichi d'anni ma ancora d'attese e di sete di sapere, odissiache presenze in anni alieni a folli voli sull'Oceano, se non coperti da sponsor e loghi su vele e su remi.
Le ambigue Sirene della Terra concedono loro anse a Testa di Cobra, come dice Ruggero, con Augusto e talora Arturo, e talvolta le Pie Donne e altri pochi a battere con il remo il Mare alla ricerca della Traccia dell'Uomo. Misteri che si aggiungono a quelli che incitarono, all'altro compiersi del ciclo dell'Oliva, a partire per il mare aperto.
Vaga sui libri, per casi paralleli, fidandosi della Scienza e del Metodo, l'Archeologo un po' meno odissiaco, tanto più con stipendio non pingue ma ancora elargito, come agli ultimi Eruli del Norico, da uno Stato tradito da comites e tribuni, si ferma festoso alle fini tavole di Pisa e di Stagno e di Chiusi (più o meno), di quando ancora si cercava la Storia e non l'algida armonia del diagramma stratigrafico e quattro strologazioni infarloccate dal sentito dire di libri mai letti scritti in lingue ignote; anni della mostra di Livorno, 1997 o 1998, e poi la fine o quasi.
E dunque l'Ansa dalla Testa di Cobra, meraviglioso apparecchio per bere in riti strani perduti nei miti romulei bevande misteriose, forse un po' di vino mal venuto, mosto acido, o birre succulente (e perché non il sidro della Sala dell'Idromele o il soma dei Guerrieri dell'Indo?), dichiara gli anni del Bronzo Finale, facciamo agli inizi, un XII secolo intorno alla metà, se vogliamo dar numeri e non solo parole. E dunque gli odissiaci navigatori dell'ignoto, a batter con i remi il mare delle sabbie tra Ricavo e Chiecina, son giunti (quasi, tirando un po' sul prezzo) ai coevi del Navigatore nei Mari d'Occidente, sogna l'Archeologo inebetito dal vino mal venuto dell'anno 1150 a.C.
Navigazioni che si incontrano, naviganti che si ritrovano, tremila anni dopo, per sete di sapere.

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