Si doveva salire a San Miniato, ritrovandosi quasi quarant'anni dopo non più davanti alle eleganti vetrine Anni Trenta di Fontevivo, ma fra giovani e men giovani curiosi del passato, con i silenzi del vento quieto del maggio declinante, per snidare i colori dei muri a petra et calcina seu harena constructa (beh sì, al neutro). Antiche diapositive nell'era digitale, qualcuna sei per sei di Lubitel 2, parrebbe, per vedere grana di malta e tocchi di scalpello anche con la severa ottica sovietica. E il ciano colore del fiume nel cotano di Serchio.
E ritornati a valle, ritrovati i colori di compagni di fatiche e passioni in cantine di Lucca, anno 1983 anno 1985, una vita, sfogliare faldoni antichi, i suoni dei documenti del secolo XI, notai giudici che si fan signori di terre di Garfagnana e di Valdarno, e costruiscono in campagna castella e poche chiese, in città poche chiese ma buone per reliquie e per monache un po' inquiete, povera Erizza, case con e senza solaio, per gli intrallazzi loro con vescovi che son papi e con imperatori di passaggio, un po' stanchi, e dunque facili al diploma. La H sull'argento, L V C A per chi ci riesce. E poi case e casupole per contadini che s'inurbano, memorie del Cinzio Violante di Milano protocomunale, ma erano di Lombardia anche i Papi di Lucca, quelli che inventarono (ma sì) la via Francigena.
Ebbero lor gloria trent'anni fa i fondatori di canoniche, Giovanni Alessandri Anselmi Rangeri, ora un po' negletti, come i contadini venuti in città a fare i fabbri e i calzolai, forse anche a tessere.
Storie che l'archeologo senescente ritrova in colori caldi, di lampada e di sole antico, eccellenti per sognare i secoli di mezzo.