La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

sabato 18 gennaio 2014

Il mistero dei Tre Porcellini (seguendo araldiche del Cinquecento)




Frammenti rotti al punto giusto per generar dubbi e suggestioni, lo scudo araldico che sa degli anni dei Poggi e degli Straccioni, un po' prima della metà del Cinquecento, e il ghiribizzo del vasaio che sa citare i pesci ormai un po' fuori moda, nella graffita di Lucca e di Toscana.
Bestie passanti, tre di certo, rotte quel tanto per l'enigma del quadrupede, cane lupo o perché no porco, i tre porcelli dei Porcaresi visti dall'erudito di Lucca in San Pier Cigoli oggi dimesso Mercato del Carmine, non i due dei colori del Ceramelli Papiani.
Enigmi lievi, suggestioni di storie di famiglie e di contadini, in giorni non lieti.

lunedì 13 gennaio 2014

Per Rodolfo

Pippo, poche parole al telefono, e Rodolfo non c'è più, Rodolfo Cozzani, Acme 04, dieci anni condivisi per fare un museo, triboli pene entusiasmi di un percorso nella storia leggero e profondo come leggero e profondo era Rodolfo. Zigzagare di architetti storici dell'arte archeologi (un po' meno, va detto, l'archeologo vecchio è parecchio di bocca buona), e Rodolfo sempre sulla sua linea, retta, ad aspettare che di nuovo le linee si sovrapponessero. Luci di vetrine, scale dell'ultima ora, qualche volo (anche), Vagli e l'Ospedale, Capannori e il fiume, i drammi del plexiglas: tutti problemi lievi per Rodolfo, anche quando la lotta contro il Male traspariva nel suo sguardo fiero e intelligente.
Signore dei Problemi piccoli e immensi che l'esporre un oggetto crea, davanti allo scudo smontato e rimontato, alla cintura del vir magnificus, il segno dei progetti trasformati in cose, facili e limpide.
Così Rodolfo, immagine ritagliata di una storia che vive nelle luci di Villa Guinigi.

domenica 12 gennaio 2014

La Fanciulla ed i Guerrieri. Da Vagli al saltus Marcius, 2200 (duemiladuecento) anni dopo




Duemiladuecento anni, cifra tonda, da commemorazioni, e si ricordi dunque, nel segno della Fanciulla di Vagli, il momento supremo della guerra sulle Panie e sul Ballista, il saltus Marcius e l'ultima speranza di libertà, per il popolo dei monti tra Mare e Appennino che tenne fronte a Roma più dei Diadochi, quasi come Annibale. Sogno di libertà, sogno di arcaiche tradizioni, comprensibile certo più negli anni di Da Nang e del Che che non oggi, pensa l'archeologo riandando (senza entusiasmi) agli anni di remota gioventù, quando Calgaco era di moda anche fra chi non smania per Tacito.
Anno degli Annali 186 a.C., e dunque ci siamo, per trovare numeri che ricordino la storia, e la Fanciulla di Vagli, che forse vide quegli anni, perché l'archeologo trova forse i ventenni, se si impegna i decenni, ma non oltre, a salutare l'ultima speranza dei guerrieri, armati alla gallica, come nei disegni di seconda mano del Crespellani per Tombara, o alla romana, come ci mostra il magico tocco di Grazia (Ugolini) per il Guerriero di Saturnana.

lunedì 6 gennaio 2014

Ritorno al mare





Giorno d'inverno, inizio d'anno, per ritornare al mare del Portus Cosanus, la volta innumere, ma giorni infiniti dopo l'ultima volta. Ritrovare il suono delle onde di libeccio e le grida di gabbiani, un cormorano audace, le pilae che dai giorni di Augusto sfidano il mare, e i navalia, di nuovo denudati dal mare che li rigenera e li seppellisce, di sabbia e di plastica. Il silenzio rumoroso dei giorni di gennaio, sul mare che ritrova i versi di Rutilio, desolazione e macerie.
Omaggio a Beppe e Renzo, e ai loro compagni dell'autunno dell''83, quando il giovane archeologo visti i ruderi desolati ne volle far scienza, come si diceva allora, e sgombrati i segni dei traffici dell'Ottocento, prima di Puccini e nei suoi giorni, macerie con bolli carbone e moneta di Vittorio Emanuele, conobbe le vasche ritagliate sul tessellatum bianco, e immaginò che avessero visto Rutilio. E di nuovo due anni dopo, e poi ancora, a cercare gli anni del V secolo, trovarli nelle sigillate e nelle anfore d'Africa e d'Italia e nelle pentole d'Oriente; il Mediterraneo dei tempi teodosiani, e dei suoi figli, riflesso nelle terre che trasformavano l'opera di Adriano, la villa maritima mirabile ritrovata nell'Ottocento nelle magnificazioni del Marcelliani.
E Beppe e Renzo, e i loro compagni, venuti da Roselle e temprati non dagli anni tre più due e qualcosa ancora di studi, ma dal cantiere di Roselle, la grande fabbrica dei sogni dei Due Soprintendenti, a ricucire intonaci e tessellati, rinsaldar muri, e poi con gli amici di Murci, gente di muro prestata ai segni del passato.
Trent'anni, l'erbe succulente son di nuovo effimere signore delle vasche che forse vide Rutilio, certo conobbero i marinai del Tirreno per due secoli, e l'opera di Beppe e Renzo e dei loro compagni che poco sapevano di metodo, molto d'impastar calce, come il giovane archeologo oggi vecchio poco di metodi e molto di passione, sfida erbe succulente e il suono del libeccio.

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