La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico
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mercoledì 27 febbraio 2019
I giorni del crollo. Nonsolometafore.
Pagine dimenticate, immagini sfuggite per un'opera antica, condivisa.
Castelfranco di Sotto fra Cinquecento e Settecento, letto dalle macerie della chiesa ornata del decoroso altare voluto dalle monache, pagato dalle famiglie.
Anno 1975, il crollo di quello che era rimasto.
Si chiude, si ammaina il manifesto della mostra dell''82, come erano vicini quegli anni e come sono lontani oggi, e da un CD, transunte a tempo debito, immagini per un pianosequenza fra le macerie.
La chiesa dei Santi Iacopo e Filippo in Castelfranco di Sotto, opera della metà del Trecento, a dire il vero un po' prima, rinnovellata nel fior del barocco, con marmi, ora rigenerata in teatro. Un palinsesto.
L'archeologo in pensione cerca metafore.
lunedì 11 febbraio 2019
Il perfetto senatore, architetto e cacciatore
Si naviga a casaccio, fra le pagine degli Scriptores Historiae Augustae, per finire a Limite sull'Arno, località Oratorio, una enigmatica villa cercata vent'anni fa, occulta, celata come mistero eleusinio, e ora splendida di mosaici, colori storia. Un Pretestato, i suoi mosaici, un po' bruttacchiotti, certo, ma si sa, la storia poi si fa con i fatti e le cose, non con il Bello e il Brutto. E simpatico incontro con Beatrice, un'estate passata che talora sembra da un secolo, uno speculare ricorrersi di esagoni, absidi, curvature, speroni, sostegni. Quasi come ad Aiano, emula di arzigogoli murari.
Fabricarum peritissimus, marmorum cupidus, nitoris senatorii, venationum studiosus. Il perfetto senatore che disegna sotto le mentite spoglie di Claudio Tacito imperatore di pochi mesi l'autore eteronimo della sua vita, giornalettismo pamphlettistico che cela l'immagine del senatore perfetto quale si immaginava, un po' fuori dal mondo, nell'anno Domini 400, un po' prima o un po' dopo. Austero di costumi, sobrio a tavola, ricco ma senza sfarzo. E poi architetto faidate, nel lessico di Palladio, e ovviamente cacciatore, e di cinghiali: che altro?
Ritratto perfetto del Signore del Valdarno Medio, quale Federico e le sue donne ce lo propongono. Mancano i marmi, non si può aver tutto, verrà fuori la cucina con il suo pane secco, e di gioielli c'è poco da attendere; ma il dialogo di esagoni era per lui, il Pretestato che sarà Vettio ma anche no, ma poco importa, l'ostentazione del suo essere fabricarum peritissimus. Tanto da metterlo per iscritto, nella memoria del marmo.
O così svagella l'archeologo rottamato.
mercoledì 6 febbraio 2019
L'anno prima dei duemiladuecento anni (di Lucca)
Si va per i duemiladue(cento) anni a Lucca, chissà se gli smemoroni di quella città fan caso al dettaglio, ma l'archeologo rottamato, senza risposte dall'aristocrazia dirigenzialministeriale, alla fin fine di questo fe' mestier suo. E rimugina, dimenticato dalle liste di pagamento del Mibac e quindi irrancorito, ma son dettagli, l'importante è che balzino sul territorio giovani e guizzanti archeologhe, e al seguito loro non men giovani professori s'affannino a revisionare (sic) il vecchio rimbo, per trovare le Sedi del Potere che egli non vide, con le sue cronotassi dei tipi ceramici da scuola dell'obbligo.
E allora si va un po' più sul sicuro, Morel 83 ancora con un bel labbrone grosso, certo non al botox come quelli di III secolo, ma insomma gonfietto quanto basta per rammentare la Fanciulla di Vagli e la Zia di Levigliani, la lekythos che portava a Pisa unguenti preziosi, vin santo passito, chissà, quanti esemplari sulla Nave Ellenistica, glorioso affanno di tante meravigliose archeologhe, e da Volterra ci dice Lisa che insomma, fra fine III e prima metà del II van bene. E poi le radiose fasce liguri del vaso chiuso compresso, ahi, anche quello da Fanciulla da Zia o perché no da babbo o zio.
L'olla dove la metti sta, sentiamo i professori. Da Pisa certo arriveranno lumi, anche da Bologna.
E insomma, si può dire, dodici e più anni dopo, a lode di Elisabetta e Irene e Serena, e anche Maila che non c'era ma è come se ci fosse, e Antonio, lì a SLA, San Luca, Via San Paolino, dove saranno le Sedi del Potere che l'archeologo di stato non vide, nelle pozzanghere anforose di vino del Tirreno c'era anche qualcosa che può stare nell'anno prima della fondazione. Liguri acquartierati sulle paludi dell'Auser, per l'ultima resistenza, schiave apuane di legionari avvezzi a tutto, una zuppa o un bicchierino prima di inoltrarsi sui monti per l'ultima pugna e poi tornare ai cipressetti di casa, come nel Gladiatore.
Scavi di Elisabetta & Co., quando ancora non era una compagnia All Girls, lavaggi by GC e incollaggi pure (ora si può dire), per i disegni ci siamo stufati e si va di fotocheicolorisonpiùbelli.
E siamo di certo al 181 a.C., duemiladuecentoanni dalla pozzanghera con anfore di Via San Paolino.
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