Dall’estate del 2014 è in corso un
impegnativo intervento di ‘archeologia preventiva’ nell’area in
cui è in corso di completamento il segmento orientale della viabilità d’accesso
all’Ospedale San Luca, fra San Filippo e Antraccoli.
La fitta sequenza di ritrovamenti
avvenuti nell’area dell’Ospedale – presentati nel percorso espositivo allestito
nell’atrio oltre che nel volume Anamorfosidi un paesaggio. Gli scavi dell’area dell’Ospedale San Luca e la storia della Piana di Lucca dagli Etruschi al Novecento – ha infatti imposto l’apertura
di una serie di saggi e il successivo scavo sistematico, tuttora in
corso, delle presenze archeologiche individuate, come premessa imprescindibile
alla costruzione della strada.
Lo scavo archeologico è condotto
con la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia per la Toscana,
ed è affidato al gruppo di lavoro selezionato dal Comune di Lucca, diretto da
Alessandro Giannoni, con la collaborazione di Elena Genovesi, Ilaria Rinaldi,
Enrico Romiti e il prezioso supporto di uomini e mezzi del Centro
Pavimentazioni Stradali. Gli oneri dello scavo sono interamente a carico del
finanziamento del lotto stradale.
Le infrastrutture di servizio, le
opere agricole, i sepolcreti che sono in corso di scavo da ormai più di un anno
si stanno profilando con particolare consistenza, e integrano in misura
significativa le evidenze archeologiche già messe a fuoco nella vicina area
dell’Ospedale. Non è mancata la sorpresa, tuttavia, quando si è iniziato lo
scavo di due tombe d’età romana venute in luce nella prima fase delle indagini
e sotto la protezione detta ‘a cappuccina’ – formata da tegole poste a 45° – di
una di queste è affiorato un sarcofago in piombo.
L’impiego di questa particolare
classe di contenitori funerari non è raro, in assoluto.
La pratica di proteggere le salme
affidate al terreno collocandole in una cassa formata da lamina di piombo
opportunamente ripiegata e saldata, sigillata da un coperchio costruito nello
stesso modo, fra III e IV secolo d.C. si diffonde infatti nelle province
occidentali dell’Impero Romano dal Medio Oriente, dove era già ampiamente
attestata in Siria e in Palestina, anche con una produzione arricchita da
decorazioni. L’uso è citato anche in alcuni casi di sepolture di martiricristiani delle persecuzioni degli anni intorno al 300 d.C. e vi si ricorrevaanche quando si progettava di trasferire la salma in luoghi remoti da quellodella morte, data la protezione garantita dal contenitore in piombo – un po’
come le casse zincate dei giorni nostri. Nelle province occidentali dell’Impero
Romano un recente censimento registra più di 600 casi, fra Spagna, Francia,Belgio, Gran Bretagna, e anche nell’Italia Settentrionale non mancano
attestazioni, seppure meno frequenti. A Roma e nell’Italia peninsulare,
invece, i ritrovamenti di sarcofagi in piombo sono rarissimi, tanto che lo
scavo di due esemplari a Gabi, nella campagna romana, ha suscitato un notevole
interesse mediatico.
In Toscana la pratica era sin qui
addirittura sconosciuta, se non per antiche e spesso enigmatiche o ambigue
memorie di ritrovamenti di sarcofagi in piombo. Fra queste spicca la citazione
del ritrovamento di un contenitore in piombo, avvenuta nel 1477 fra Firenze e
Fiesole, nell’area sepolcrale menzionata in opere manoscritte di umanisti
soprattutto per il ritrovamento dell’iscrizione della Remnia Primigenia, una
‘fabbricante di corone’.
I pochi dati sin qui disponibili
confermano che la tomba con sarcofago in piombo dovrebbe essere datata intorno
al 400 d.C. Il ritrovamento nello scavo di Antraccoli-San Filippo, quindi,
getta nuova luce su un periodo – la Tarda Antichità, cioè gli anni compresi fra
il 300 e il 500 circa d.C. – in cui Lucca era divenuta una piazzaforte sullevie che dall’Italia Settentrionale portavano a Roma, disegnando un sistema stradale che per molti aspetti anticipa la medievale Via Francigena. Si può
immaginare che siano state le necropoli delle città dell’Emilia da cui partiva
la strada transappenninica che si concludeva a Lucca ad offrire il modello,
giacché è proprio questo territorio a presentare, per il momento, la massima
concentrazione di sarcofagi in piombo in area italiana.
La rimozione e il trasporto del
sarcofago sono stati realizzati secondo il progetto messo a punto da Stefano
Sarri, del Centro di Restauro della Soprintendenza, che curerà anche l’apertura
della cassa e il successivo restauro.
Ovviamente è nei progetti che il
ritrovamento vada ad arricchire il percorso espositivo nell’atrio del San Luca,
aperto in veste provvisoria nel novembre 2014, e che verrà prossimamente
integrato con nuovi reperti, che ne faranno un vero e proprio museo
archeologico di questo lembo del territorio lucchese.
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