La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

domenica 31 marzo 2019

Palinodia per Cerere (le verdi terre di Volterra)



Redeunt iam gramina campis, e verdeggiano ormai le terre aspre e dolci che da Volterra van verso Maremma, terre di Etruschi e di cavalieri romani, e di poeti. Ah, ritrovare la dotta provenienza del nobile epigramma di Statiena Prisca e dei Tutilii, letto nelle carte del Settecento ed emozione appena entrato negli archi del museo di Firenze, anno 1981.
Omaggio dovuto a Cerere, che la terra rinnova, e assai di più dovuto dacché l'archeologo frettoloso non diede il meritato e devoto guardo alla scheggia del Museo Diocesano di Volterra, da San Lorenzo di Montalbano, incondito sito sull'Alta Valle del Cecina, terra volterrana, oggi un po' di qua e un po' senese.
Focherello focherello, sì, l'alloro, la cista mystica, ma senza serpenti, quasi c'eravamo, ma bisognava allungare la strada, e arrivare a Capri, o alle pagine di Prospettiva di una nobile archeologa, per riempire il kalathos (si allarga, non è cysta), dei perduti frutti della Terra Madre che stanno maturando nel suo ventre.
L'alloro di Apollo e i frutti della Terra, perfetta combinazione augustea, per l'ara di Cerere.
E Cerere sia anche a San Lorenzo di Montalbano, terra volterrana, anni di Augusto.

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