lunedì 31 dicembre 2018
Bauci in Val di Chiecina, passando dal notaio pratese
Azzurro d'inverno, come gli inverni del '77 e del '78 e del '79, passati a cercare Etruschi Romani Medievali sulle colline di là d'Arno, che guardano il mare di Pontedera o sono mirate da San Miniato.
Si vaga fra le immagini remote, e il sole splende sulla collina chiusa fra Chiecina e Chiecinella, Casa Bertolli, capanna medievale e capanna romana di un giorno del '77. Sterpaglie, boscaglie, e la dimora dei mezzadri misura il tempo nel crollo delle travi e nelle ombre del sole solstiziale.
Più facile oggi ritrovare la casa di Bauci e di Filemone, romani di campagna e di boscaglia, o di brughiera, tanto cari ai potenti che celebravano le loro antiche virtù passando veloci sulle vie imperiali: qualche parola, e emerge il notaio Sumintendi, da Prato, illustratore appassionato di Ovidio, la sua capanna nata dalle capanne degli ultimi fra i contadini del Trecento. E se non fosse per le tegole, come le case dei villaggi abbandonati tra Era e Elsa, passione remota, vissuta fra i cocci della terra, i Frammenti di Storia, e le imbreviature dei notai.
Li conoscevano, i notai del Trecento, i loro clienti di campagna ...
mercoledì 26 dicembre 2018
Ridare volti ai togati antichi. Antonio Novelli, il Castelfranchese, e i rigenerati fiorentini
Incontri e apparizioni a Casa Buonarroti, assai in ombra nel furore del Bello Fiorentino, ci si va per la Vasimania di care amiche, il Dempster, le origini, le lezioni antiche di Mauro Cristofani, da rivivere quarant'anni dopo,
E si ritrova il concittadino illustre, incontrato nei versi sbilenchi del Franceschini in quegli anni Settanta, remoti, ma chi era allora, Thieme-Becker e poc'altro da leggere. Oggi tac, Google risolve con la generosità della Treccani tutte le curiosità sullo scultore cui fu patria Castelfranco del Valdarno di Sotto, cui die' gloria Firenze nel Seicento. Grazie Dimitrios Zikos, grazie Treccani. Tutto, quasi troppo, per Antonio Novelli, il Castelfranchese. Anche per lui, a Castelfranco, nemmeno una strada. Certo, non è che si vada a leggere Zikos per diletto, e una visita alla chiesa degli Antinori, seppure in Via Tornabuoni, è evento raro ...
Barocco radicato nell'ultimo Manierismo, e dedito anche a ridar volto all'antico, anno 1627, i togati di Florentia ritrovano teste e braccia, filologica restituzione con pietre diverse, sguardi patetici, ma si sa, ogni epoca vede le altre con propri occhi, vi vede parte di sé.
E un po' di sé ritrova l'archeologo pensionato, non più archeologo, che voleva dare concitati volti barocchi alle sue smosse terre, un poco tristi.
domenica 25 novembre 2018
Pontedera, quindici anni dopo la Preistoria e Protostoria tra Valdarno e Valdera
Fine novembre, giorni brevi in attesa del Natale, anno 2003, Pontedera, Centro per l'Arte, festosa inaugurazione dopo giorni di affaccendamento, soprintendenza tectiana amici amiche speranze attese autorità, un libro bello di colori di copertina, benché senza la gioia della rete, se non per poche pagine, salvate con rianimazione.
Quindici anni, trilustrium per memoria dantesca, ritornano immagini, amici, attese.
Sembrava un inizio, e certo per un po' lo fu, per i giorni di Montacchita e delle Melorie, degli Etruschi dei Romani dei Longobardi dove i Quattro Fiumi si congiungono.
Dieci libri, o quasi, tutti in rete, questo almeno, ma sono remoti la Valdera e quei giorni, gli amici dispersi, qualcuno perso.
E le immagini sono a risoluzione infima, come quelle del ricordo, quando la nebbia risale dai fiumi.
martedì 20 novembre 2018
Sulla via di Arezzo, sosta a Chiusi con banchetto a casa di Parthenius, in stibadium
E poi coi secchi di vernice coloriamo tutti i muri
Case, vicoli e palazzi, perché lei ama i colori
Si cerca la via per Arezzo, e si deve passare da Chiusi, dal sarcofago che parea del VII secolo, lucido nel bianco e nero di trent'anni fa, erbosa vasca di acque piovane in dismesso parco archeologico, oggi.
Ma l'archeologo che non capisce niente di scavo (dice chi venne dopo, piena di sacri ungimenti) vuol colorarlo, il mondo a colori, e passa a vedere l'arso stibadium della Daunia, e già che è da quelle parti, fa un salto nel Porpora di Calabria, a Rossano.
E il sarcofago si riempie di stucchi e paste colorate, diviene funebre stibadium del secolo IV o V, più tardi si direbbe di no, il vir clarissimus chiusino se lo prepara per il banchetto funebre, in un mausoleo per antichi dei o in una catacomba del nuovo che avanza.
La coena di Parthenius, vaneggia il pensionato.
venerdì 16 novembre 2018
Dove apparvero gli Etruschi. Ritorno a Pogni.
Tre anni dalle fredde giornate di Valdelsa, con tanti amici a ricordarne uno, Giuliano, e quaranta quasi dalle escursioni sulle argille di qua dall'Elsa, per vagheggiare scene come quelle oltre il fiume. E la prof che in tre pagine rifaceva un castello, da qualche urna e dai versi del poeta cortese fiorentino, Ugolino il Verino, Marina Martelli, anni furenti di etruscologia.
Certaldo, l'altura mitica, vernici nere e urne. Silenzi affollati di segni del potere e della disperazione, facce inestricabili di quattrocent'anni di storia.
E Pogni infine, nelle ondulate sequenze d'autunno affollate di foglie morenti, e con amici si ascende alla torre sventrata, grande metafora se tutto non fosse metafora, ormai.
Ponnia o Ponna, ove apparvero gli Etruschi sul fare del Rinascimento, sette esametri di Ugolino il Verino per emozioni ancora da vivere, nelle giornate d'autunno, le più adatte a rimuginare o riflettere sugli etruschi enigmi, haec lingua antiqua et populi periere vetusti.
mercoledì 31 ottobre 2018
Il fascino inquietante delle figure in rosso. Da Dempster/Buonarroti a Loüys/Barbier
Occorreva navigare fra gli scogli del Dempster, partendo per inviti di amiche e poi curiosi di scorgere, fra spigoli di pagine e anfratti di citazioni, luci rinascimentali con colori barocchi. E le immagini, segni incisi generati dai segni tracciati delle figure rosse, risorte un po' alla Tiepolo, o alla Magnasco, guizzi da sfogliare con le vibrazioni vocali di Vivaldi.
E poi a caso, fra oceani comodi con schermo e tastiera, il vento porta ai suoni di Debussy, ai tocchi Art Déco di Georges Barbier, donati da Gallica, fiera delle glorie di Francia (ahinoi, ahinoi, Carlo VIII è sempre lì, con qualche Ludovico il Moro qui). Poemi Conviviali glamour, Les Chansons de Bilitis di Pierre Loüys, iconografie d'après il Pittore di Meidias e i Kertscher Vasen, per un viaggio a Mitilene a salutare Saffo o piuttosto Daphnis e Chloe.
mercoledì 24 ottobre 2018
I confini a Trento. All'ombra dell'antico maestro.
Si ragiona di confini a Trento, in giorni d'autunno irrorati di sole. E si divaga, dai gromatici e dal loro lessico arduo, illeggiadrito da miniature che fanno sognare di paesaggi remoti, ai cippi del Settecento, storie di lungo periodo in mappe altrettanto fascinose, schemi che si ripetono ma sempre diversi.
Confini segnati da forre di Maremma, l'una vale l'altra, da rupi parlanti che divengono monumentum aere perennius, o persi sui crinali degli Appennini, memorie di cesure fra popoli antichi, Liguri Etruschi, Celti, rimaste nelle mappe catastali dei municipi romani, per sopravvivere fino all'Alto Medioevo.
Confini che separano o che possono congiungere, i santuari di confine, le fiere e le feste, confini impalpabili o netti, ma non per i pastori che divagavano sull'uno e l'altro versante di monti solo per noi impervi. Molto pervi, spesso, e la zuffa la rissa il conflitto potevano nascere da una conca erbosa oggi dimenticata raggiunta dall'una o dall'altra valle.
Tutto fra amici che si ritrovano, all'ombra dell'antico maestro, ora che i suoi remotissimi allievi dei giorni pisani di un secolo che fu sono al volgere del cursus.
Confini segnati da forre di Maremma, l'una vale l'altra, da rupi parlanti che divengono monumentum aere perennius, o persi sui crinali degli Appennini, memorie di cesure fra popoli antichi, Liguri Etruschi, Celti, rimaste nelle mappe catastali dei municipi romani, per sopravvivere fino all'Alto Medioevo.
Confini che separano o che possono congiungere, i santuari di confine, le fiere e le feste, confini impalpabili o netti, ma non per i pastori che divagavano sull'uno e l'altro versante di monti solo per noi impervi. Molto pervi, spesso, e la zuffa la rissa il conflitto potevano nascere da una conca erbosa oggi dimenticata raggiunta dall'una o dall'altra valle.
Tutto fra amici che si ritrovano, all'ombra dell'antico maestro, ora che i suoi remotissimi allievi dei giorni pisani di un secolo che fu sono al volgere del cursus.
venerdì 28 settembre 2018
Lettera aperta ad un Dirigente del Ministero dei Beni Culturali. Segue dal numero precedente, e conclude un desolante episodio di Renzifranceschinesimo all'epoca delle Cinque Stelle
Illustrissimo Signor Dirigente della Direzione Generale Bilancio,
presa visione, con le difficoltà del caso, della circolare 89/2018 con cui Ella si cautela dall'eventuale azione per DANNO ERARIALE invocando l'INELUTTABILITÀ DEL FATO (maktub, direbbero gli amici lettori del Qur'an), chiaramente non posso avviare azione giudiziaria di rivalsa, che si fermerebbe davanti a finezze giuridiche simili a quella escogitata. Come avrebbe detto Mommsen, l'Italia è una Advokatenrepublik (non a caso il presidente del consiglio).
Suggerisco l'applicazione del metodo SABAP-LU (che potremmo chiamare anche metodo Ficacci, per meritato onore all'autore) a qualsiasi altra forma di stanziamento per qualsiasi prestazione d'opera, passaggio di beni, lavoro o altro termine che la subtilitas del giure insinui. Ovviamente con liceità di applicazione ex contrario del principio giuridico che sottende l'appena celebrata circolare.
A tal uopo mi permetto di segnalare la finezza dell'argomentazione anche alle altre Direzioni Generali il cui operato ho avuto modo di apprezzare in trentasette anni e sei mesi di servile opera nel Ministero.
Sempre con detto spirito, potrei anche annotare che il pensiero giuridico espresso dall'immortale Marchese del Grillo forse avrebbe espresso in termini ancor più brillanti il concetto:
«Ah... mi dispiace. Ma io so' io... e voi non siete un cazzo!». La dotta citazione autorizza l'indulgenza alla coprolalia.
Sarei grato agli Uffici di Diretta Collaborazione del Ministro se volessero far giungere i miei più sinceri apprezzamenti al ministro Bonisoli per la brillante attività cui è destinato in virtù della Dirigenza del suo ministero.
Forse gli elettori Cinquestelle non saranno entusiasti, certo agli elettori della Lega piacerebbe l'applicazione erga omnes del lex D'Angeli, che, senza sminuire la brillantezza dell'argomentazione, con la raffinata triangolazione Ficaccichenonparla/iochenonsoequindinontipago/tulopigliinsaccoccia (Roman style) apre nuove frontiere del rapporto di lavoro.
Altro che Jobsact, il renzifranceschinesimo è al top!!!
Per rispettare il maestro Marchese del Grillo, concludo professandomi di Vostre Signorie servo umilissimo (e se ammesso bacio anche le mani)
giovedì 27 settembre 2018
La legge D'Angeli. Franceschinesimo e Renzianesimo al tempo delle Cinque Stelle
Il pensiero giuridico creativo della Direzione Generale Bilancio del MiBAC all'epoca del ministro Bonisoli, con superdirigenti ereditati dal Renzofranceschinesimo, copyright dott. Paolo D'Angeli. Tra Fantozzi e Marchese del Grillo.
Tradotto in volgare:
«Servo archeologo pensionato di ...., finiscila di rompere! Se Ficacci non ci ha fatto sapere che ti dovevamo dare una mancetta di 2500 euro lordi (al netto la metà), e quindi non abbiamo stanziato il quid, c@##i tuoi. Te li daremo quando li avremo, a comodo, a babbo morto, se ci sconfinfera».
Segnalasi l'innovativo pensiero giuridico del dott. D'Angeli agli inquisiti di Equitalia, a chi deve pagare le tasse, le bollette, ecc. Una citazione dell'illuminante circolare 89/2018 della Direzione Generale Bilancio, e zac, i tuoi debiti sono differiti, a comodo. Non ho previsto di pagarti, perché chi doveva farlo (il/la coniuge, il commercialista, ecc.) non me l'ha detto, quindi a lui ho fatto fare carriera, e a te lo metto ...
Era preferibile la variante Marchese del Grillo: «Ah... mi dispiace. Ma io so' io... e voi non siete un cazzo!». La citazione dotta consente la menzione del fallo in termini di Umgangssprache.
A Boniso', c'ha rragione er Rocco Casalino: nun te fida'. Fa' come Silla, che l'ammazzava tutti, e se proprio vo essebbono, fa' come Augusto: due n'ammazzi e uno 'o sarvi. E diventa 'r tu' servo.
Così il lessico giuridico romano, à la façon du Marquis du Grill, è conservato.
Tradotto in volgare:
«Servo archeologo pensionato di ...., finiscila di rompere! Se Ficacci non ci ha fatto sapere che ti dovevamo dare una mancetta di 2500 euro lordi (al netto la metà), e quindi non abbiamo stanziato il quid, c@##i tuoi. Te li daremo quando li avremo, a comodo, a babbo morto, se ci sconfinfera».
Segnalasi l'innovativo pensiero giuridico del dott. D'Angeli agli inquisiti di Equitalia, a chi deve pagare le tasse, le bollette, ecc. Una citazione dell'illuminante circolare 89/2018 della Direzione Generale Bilancio, e zac, i tuoi debiti sono differiti, a comodo. Non ho previsto di pagarti, perché chi doveva farlo (il/la coniuge, il commercialista, ecc.) non me l'ha detto, quindi a lui ho fatto fare carriera, e a te lo metto ...
Era preferibile la variante Marchese del Grillo: «Ah... mi dispiace. Ma io so' io... e voi non siete un cazzo!». La citazione dotta consente la menzione del fallo in termini di Umgangssprache.
A Boniso', c'ha rragione er Rocco Casalino: nun te fida'. Fa' come Silla, che l'ammazzava tutti, e se proprio vo essebbono, fa' come Augusto: due n'ammazzi e uno 'o sarvi. E diventa 'r tu' servo.
Così il lessico giuridico romano, à la façon du Marquis du Grill, è conservato.
mercoledì 5 settembre 2018
Pietre e pergamene. San Giuliano, il Rottamato e le Tre Fiere
Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,
una lonza leggera e presta molto,
che di pel macolato era coverta; 33
e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi ’mpediva tanto il mio cammino,
ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto.
ma non sì che paura non mi desse
la vista che m'apparve d'un leone. 45
Questi parea che contra me venisse
con la test’alta e con rabbiosa fame,
sì che parea che l’aere ne tremesse. 48
Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame, 51
questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io perdei la speranza de l’altezza.
Non è leone, ma leonessa la mediana delle Tre Fiere che il Gran Maestro dei Restauri ha mosso inverso il Rottamato Archeologo, e la savana di Lucca non è più frequentabile. Le Tre Fiere son maestre in questa caccia, hanno colpi sperimentati in anni di palestra.
E tuttavia dalla terra un dì amata, ma furono amori vani, ahinoi, giunge notizia che i semitondi del novembre 2017 (e non era Avanti Cristo) son sempre più absidi, e i muri s'intrecciano, s'annodano, per mano di virtuose archeologhe e dei lor baldi collaboratori, così eleganti nell'arancio più mimetica. Un po' per sfuggire alle Tre Fiere, un po' per farsi vedere. Curioso...
E dunque il Rottamato deve ammettere che le sue dubbiose congetture sulla chiesa del Patrono dei Pellegrini, San Giuliano, un tempo amato, oggi un po' ombreggiato (anche lui, si farà un sodalizio dei Passati di Moda) erano più che dubbiose, e che là dove le mura volute da Roma facevano degno sfondo, saluto a chi in prospettiva vedeva i grandi cantieri, si volle costruire San Giuliano e il suo hospitale. E poi vennero i Domenicani, altro mondo i primi del Duecento, la vecchia chiesa 'donata' per divorarla e farne una nuova. Tutto per pergamena Anno del Signore 1236, e per pietra.
Divorato per farne uno nuovo, anzi, e tribus una. Boh, come dice qualcuno.
mercoledì 22 agosto 2018
Vasellini di piombo per pozioni magiche, da Augusto al Falchi
Occorreva il microvasetto salvato da Augusto, anni fa infiniti, nella Piana di Lucca, quando passione ardeva i cuori e la sete dell'antico sol potea placarla, per riconoscere nell'elenco di Vetulonia, stile di Isidoro Falchi, il vasellino di piombo, centimetri due di altezza, due alla bocca, il gemello, ancorché diversamente bollato, del dono della terra che già fu tanto amata.
E con le supreme sintesi degli studiosi di terre sull'Adriatico, tutte generosamente accessibili, immaginare nel prezioso contenuto l'unguento venuto d'Oriente, seppur forse rifatto nell'Italia, anni estremi della Repubblica, il lykion.
Frammento di luce, nell'abbagliante agosto di quella che fu Terra dell'Auser.
sabato 28 luglio 2018
Il viaggio del dominus, da Vicopisano a Berlino (passando da Limite, o da Antraccoli)
Medita srotolando testi, davanti alla sua villa, e poi cavalca, con il servo e il cane, fra oliveti e vigne, ove coloni e servi divengono amorini, tutto si trasfigura. Pronto per la caccia, se cinghiali o cervi s'avvicinano.
Fu sarcofago di dominus, signore di terre e di uomini, ma anche filosofo, poi a Vicopisano divenne vaso per coltivare basilico, il Targoni Tozzetti ne fece dono al nobile Rinuccini, onde fosse compagno al suo più nobile fratello che già era stato ad Empoli, nella villa delle belle colline tra Fiesole e Firenze, domini tardoantichi e del Settecento; e dai Rinuccini ai Peratoner, dice il Dütschke, ai Pelken, a una bella immagine di sbieco di chi tutelava l'antico in terra d'Etruria ai primi del Novecento, non era tanto d'accordo che volasse altrove, ma dopo il 1910 il viaggio lo porta a Berlino, e alle stampe. Chissà se e quanto secondo legge, ma non è questo il tema.
Certo tutto era cominciato a Roma, l'archeologo rottamato v'immagina i domini che nelle splendenti ville sull'Arno e sull'Ombrone accoglievano gli amici, qualche decennio dopo anche Rutilio, e poi vagheggiavano, prima d'infilzar cinghiali, che i loro miseri servi avessero le ali. I mali della filosofia, troppo in alto lo sguardo per mirare lo sfacelo celato da mosaici e sectilia.
ma curavano vigne e olivi, e anche pecore e perché no maiali. L'Urbe sempre gran mercato. Tutto nella stagione che il sole indizia il declino, come per il mondo loro, e anche il cinghiale è al meglio.
E quindi chissà, il misterioso semicerchio che poi sarebbe stato di Sant'Ippolito, ad Anniano, sono anni diciotto dallo scavo, poteva anche aver incorniciato qualcosa del genere, chissà.
E forse ad Antraccoli, sulle ghiaie ritrovate da Alessandro e dagli amici suoi, passavano uve e olive, per dare al dominus la quiete per discutere dei sommi sistemi con gli amici, ad Aiano o a Limite o a Vicopisano, sull'Arno navigato dall'anfora di Empoli.
Sogni volati da un cartone di immagini fiesolane, sapore di un secolo passato.
mercoledì 25 luglio 2018
domenica 22 luglio 2018
Il cerchio di Porcari. Ovvero: lo Scozzese (Thomas Dempster) e i boscaioli.
Si chiude il cerchio, si rottama l'archeologo vecchio, e chi per esso. Non ha più titolo, forse mai lo ebbe. Poeti e boscaioli, amori univoci, a Porcari. Ma non s'ha da rimpiangere nulla, gli amori sono per chi ama.
E poi, il caso, il testo fondante, mai letto (che tedio, in effetti), Thomas Dempster, lo Scozzese pronto al libro e alla spada, e un rigo appena, per i rudereta, sub aqua civitatis. Sì, un rigo dell'Etruria Regale è per Bientina, le visioni e le vedute che furono anche dei boscaioli vagheggiati, in perfetta solitudine, dall'archeologo che ancora credeva di aver fatto qualcosa per Porcari.
Fine Cinquecento, le favole rurali, di boscaioli e di barcaioli, che entrano anche nelle pagine regali. E l'archeologo rottamato ritorna alla sua gioventù, l'amore che nacque sul Fosso Gobbo, 1981, giorni di settembre.
giovedì 14 giugno 2018
Il saluto dell'archeologo, quando fiorisce l'acanto
Un giorno di giugno, sospeso tra primavera ed estate, l'ombra del tasso, saluti di amici e fra amici, quaranta anni di storia su una pagina voltata. Qualcuno vorrebbe anche strappata, ma non è così facile.
Malinconie, come deve essere quando il tempo passa, attesa dell'altro, come ha da essere. Amici che ringraziano, che incoraggiano, ed è vero che l'archeologo della Soprintendenza, come Anteo, si nutre dalla terra, sollevato si deve trasmutare, per non finire stritolato dalla erculea stretta del Passato.
Ma è in fiore l'acanto del dromos della tomba rifatta, con tempio rifatto sullo sfondo, la più archeologica delle verdure, di certo, da osservare nelle spighe degne dell'Ara Pacis e degli Horti Sallustiani. Il tasso e l'acanto, antinomia vegetale, metafora, metafora!
C'è da perdersi nel policromo guizzare dei fiori, fino a tornare a Lucca, nel gioco di citazioni della taglia guidettesca di Santa Maria davanti alle mura romane, e qui l'archeologo si ritrova nella cornice di Volterra amata da Fiumi, Rosetten-Blattgarben-Rapport senza rosette, ma sono un po' più in là.
E anche sollevato da terra l'archeologo-Anteo riesce a respirare.
martedì 29 maggio 2018
I gladiatori di Acquapendente, l'anfiteatro di pietra. Cartoline per Lucca
Si va per la via che fu Cassia, rifece l'imperatore, poi vide pellegrini di Francia ed oltre. Sulla via la città lasciata, amori che finiscono perché così ha da essere, forse amori impropri, non richiesti, asimmetrici.
Ma una cartolina, alla città dell'anfiteatro della colonia, del parlascio dei vescovi degli imperatori e del comune, alla Piazza del Mercato della Duchessa, si può ben spedire.
Con i gladiatori tagliati nella pietra del vulcano, neri e asciutti, guerrieri, del giardino un po' dismesso da Acquapendente, da far giostrare nella danza di morte fra le pareti di pietra dell'anfiteatro di Sutri.
Andar lontano per sentir vicino.
lunedì 7 maggio 2018
Fiori di pietra, fiori nel vento
Per la decima volta dacché si aggiungono note e pensieri a questa serqua tornano a fiorire i Gigli dell'Auser. Forse stanchi dal freddo, forse dal caldo, forse i bulbi sono provati, o forse solo c'è da attendere un po', perché divampi il giallo sulle ultime acque dell'Auser. Forse, chissà, ora che i sogni dei gigli dell'Auser si sono dissolti, ma non le pagine scritte. O forse anche questa è illusione.
Restano i fiori di pietra rimuginati chissà quanto, il fiore di facciata, il fiore di pilastro, nella chiesa rivestita da un tardo amico di Biduino e dei Romani, fine cesellatore di kyma lesbio, ad emulazione del maestro, nel cassettone divenuto paramento di facciata.
Ma ora che in viaggio per Volterra, e raggiunta la Via Appia, davanti al sepolcro di Marco Servilio Quarto i fiori romani di Santa Maria foris portam hanno trovato il loro tempo, anche il giallo dei gigli dell'acqua dell'Auser è quello di dieci anni fa.
lunedì 16 aprile 2018
La bilancia di Augusto (BANNA-Schälchen im Ausertal). Ovvero: la bilancia della fattucchiera
Nulla si butta, anche se servono più di trent'anni e una navigazione improvvida nella rete per illuminare il mistero a lungo coccolato dei piattelli stampigliati del Bottaccio, ager di Lucca, genio di Augusto, tutti più giovani, anni Ottanta del secolo scorso.
Tanto occorre perché disvelino lor storie i piattelli della bilancia giunta dal Reno sull'Auser, I secolo d.C., di certo, un po' prima no, un po' dopo forse, officina di BANNA, gallico nome per manufatti chiariti da ritrovamenti dove il Reno nasce, o quasi, nei Grigioni. BANNA-Schälchen, i 'piattelli di Banna', per bilancine di precisione, da misurare sostanze di vita o di morte. Da spacciatori, si direbbe oggi, per i più composti da preparazioni farmaceutiche sperimentate dai legionari nelle fredde giornate di guarnigione, o per sanare i tagli delle germaniche spade.
Ma Augusto insinua di fattucchiere che, alla moda celebrata da Tibullo e Properzio e Ovidio, si infrattavano fra le erbe palustri dell'Auser, per trarne, celate ad occhi indiscreti e malamente curiosi, le pozioni d'amore, i veleni di morte o chissà. Le erbe di Medea, tritate fresche fresche. Certo celate, perché il luogo era derelitto, fra le canne del fiume, chissà.
Sarebbe piaciuta a Petronio, l'invenzione di Augusto.
giovedì 22 marzo 2018
domenica 18 marzo 2018
Il cavallino di Daniela (la protome della Granchiaia)
A Este, una mattina di primavera, le storie delle comunità semiurbane o paraurbane sul fiume perduto, un po' di sentore dell'Auser e dei contadini etruschi e romani, solo un po', ora che il fiume domestico si rigenera anche con le acque delle Apuane e dell'Appennino.
E appare in una vetrina il rhyton a protome equina, anni dei bicchieri di Aco dichiara il cartello, e certo molto dell'ellenismo che nacque dal sontuoso modello achemenide, il bere dei Traci, rammentando i loro cavalli, e i rhyta attici.
E appare Daniela, con il suo enigmatico cavallino della Granchiaia, terra dei molti misteri. È quello, è quello si direbbe, e certo le protomi bardate dell'Adige ritrovano quella del Chiecina, passando per l'oro dei Traci e dei Persiani, le ceramiche attiche e apule.
Chissà se è così. Certo sembra. Certo sarebbe piaciuto a Daniela, che con il cavallo bardato vola chissà dove. E a Daniela si dedica l'immagine che ritorna dalla terra dei cavalieri veneti.
lunedì 12 marzo 2018
lunedì 26 febbraio 2018
Il canto libero della Montagna e del suo Popolo
In un mondo che
Non ci vuole più
Il mio canto libero sei tu
E l'immensità
Si apre intorno a noi
...
Non ci vuole più
Il mio canto libero sei tu
E l'immensità
Si apre intorno a noi
...
La città e il suo Duca non ci vogliono più, ma la Montagna e il suo Popolo, le sue storie cominciate nei castagneti trentasette anni fa, forse ancora sì.
E incerti se far tacere il canto, o continuarlo, libero, si prova a continuare.
Proposte per il Museo Archeologico del Territorio, parole ironiche.
Ma l'immensità si apre intorno a noi, da Monteperpoli guardando le innevate Panie.
venerdì 12 gennaio 2018
Cinquecento, trentasette e l'inverno dell'Ottantuno (la Capannuccia nel Pantano di Orentano)
Cinquecentopost, dice statistica, spalmati in anni quasi nove, trentasette anni nel ministero, cambiando dieci volte il nome ma sempre lo stesso anzi peggio. E via numerando, piacerebbe a Alberto Angela e a chi del numero si fe' vanto (ricordiamo i Longobardi cui fu prodezza il numero, oggi che van tanto di moda come i Fenici un dì). Vale più un verso del Manzoni di una mostra, direbbesi se non ci fosse il rischio della Volpe&Uva, rimugina l'archeologo scippato del Vir Magnificus di Lucca dopo aver letto il suo divoto pensiero.
E quindi, in giorni di memorie, sfinate da pioviggini invernali, giacché è il dì natale di uno dei compagni di quell'avventura remota, più dei photoshoppati tramonti di Xperia valgono le flebili diapositive del dicembre 1981, appena anni trentasei, con Silvio Lorenzini e gli altri, figure in un orizzonte di nebbia e nuvole. La Capannuccia nel Pantano a Ponte Gini, smontata alla vigilia del Natale, due saggi, sotto a scavare fango cocci pietre, i primi segni degli Etruschi del secolo IV e un po' anche del III.
Obblivion si stende, direbbe il Manzoni, e di suo manto avvolge, se la lavagnetta e il gesso non memorassero il Ventidue Dicembre dell'anno Millenovecento e Ottantuno. Nuovi orizzonti, cultura, musei, scavi, pubblicazioni, conferenze, Studi Etruschi, MuseodiLucca e poi di Orentano. Sogni di un inverno annegato nell'estate franceschiniana.
mercoledì 3 gennaio 2018
Nostos: la spiaggia degli Argonauti
Il sole del mezzogiorno traccia sul mare la via alla spiaggia degli Argonauti, dove giunse Telamon e al pozzo qualche scambio ebbe con una Tyrò dell'Età del Bronzo.
Il nostos dell'archeologo è certo meno arduo, viaggia nel tempo, rammenta i trenta anni dacché e i venti da quando sulle smosse zolle della Puntata apparvero i segni e poi le memorie ordinate in isonomiche dimore degli Etruschi di Fonteblanda, il vino le anfore i mercanti d'oriente il ferro il pozzo i disastri ecologici l'abbandono.
Il Giglio a dividere le rotte, l'andata e il ritorno, prora rivolta al castello che fu senese o alla possente torre che fu dei Re di Spagna. Uno scoglio inquietante, esaltato dal sole appena filtrato. Lì apparve Glauco, chissà, a profetare dalle onde.
E poi le ombre già lunghe richiamano alle vie di terra.