mercoledì 24 ottobre 2018

I confini a Trento. All'ombra dell'antico maestro.

Si ragiona di confini a Trento, in giorni d'autunno irrorati di sole. E si divaga, dai gromatici e dal loro lessico arduo, illeggiadrito da miniature che fanno sognare di paesaggi remoti, ai cippi del Settecento, storie di lungo periodo in mappe altrettanto fascinose, schemi che si ripetono ma sempre diversi.
Confini segnati da forre di Maremma, l'una vale l'altra, da rupi parlanti che divengono monumentum aere perennius, o persi sui crinali degli Appennini, memorie di cesure fra popoli antichi, Liguri Etruschi, Celti, rimaste nelle mappe catastali dei municipi romani, per sopravvivere fino all'Alto Medioevo.
Confini che separano o che possono congiungere, i santuari di confine, le fiere e le feste, confini impalpabili o netti, ma non per i pastori che divagavano sull'uno e l'altro versante di monti solo per noi impervi. Molto pervi, spesso, e la zuffa la rissa il conflitto potevano nascere da una conca erbosa oggi dimenticata raggiunta dall'una o dall'altra valle.
Tutto fra amici che si ritrovano, all'ombra dell'antico maestro, ora che i suoi remotissimi allievi dei giorni pisani di un secolo che fu sono al volgere del cursus.

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