martedì 24 dicembre 2013

Il Guerriero della Palude, o la Palude del Guerriero (notizie dal Notiziario)




Un elmo, una storia dal Settecento rivissuta ai nostri giorni, una palude paludosa anche quando asciutta, una via interrotta dall'acqua, una stele di guerriero con elmo, per una notizia dal Notiziario.
E il Guerriero della Palude diviene la Palude del Guerriero, storia etrusca intorno al 450 a.C. (ma anche un po' prima, o un po' dopo).
Notizie dal Notiziario SBAT, anno 2012 (e son quasi duemilacinquecento).


«Il ritrovamento, per quanto portano gl’atti del processi in questa causa fabbricati, è stato accidentale ricavandosi dall’esame di Maria Domenica figlia d’Antonio Fontanelli che al carnevale prossimo passato essendo la stessa nel luogo detto il Capannone, ritrovò in un certo ciglioncino a canto, a cui scorre dell’acqua una delle predette monete, che la regalò a Lorenzo Biagioni, suo Damo; pochi giorni dopo, e il dì 29. appunto di Febbrajo che fu il Giovedì primo di Quadragesima, essendo ritornata la Fontanelli al Capannone per prendere delle ritortole da legare alcune Fascine, si avisò che quell’era il luogo, in cui aveva ritrovata la predetta moneta; onde si fece a ricercare per rinvenirne delle altre, e le riuscì di raccoglierne dieci, le quali avendole portate a Santi Caponi di San Miniato, gliele pagò lire sette. Tornata la mattina susseguente la Fontanelli al predetto luogo, vi si messe a zappare con un manoncino, e scoprì l’intero repostiglio, il quale tanto per quello che si ricava dal deposito giurato de’ Testimoni, quanto dall’accesso e visita seguita non era più raccomandato a Vaso alcuno; ma solamente per di sotto aveva un pezzo di terra cotta a guisa d’un fondo di pentola, della qual terra cotta ne fu scavata un’altra piccola porzione, già loggora dal tempo nell’atto della visita».
La storia del ritrovamento del ‘tesoro di San Miniato’, emerso nel ‘ciglioncino’ in località Scoccolino di San Miniato Basso il giorno di carnevale del 1748, così come emerge dall’inchiesta condotta dalle autorità granducali per recuperare i 3479 denari che lo componevano, affidati alla tutela della terra nel momento finale delle lotte civili fra Mariani e Sillani, intorno all’82 a.C. , ha tratti da commedia rustica del Settecento, sia nel momento del recupero, che per i successivi interventi ‘sulla scena’ del ‘Damo’ della contadinella, del proprietario del terreno, il signor Ascanio Samminiatelli, infine della utorità granducali, e per il ‘lieto fine’, con la divisione in tre parti del tesoro e l’emazione del motuproprio granducale che per trent’anni disciplinò la partica archeologica in Toscana (Ciampoltrini 2003, pp. 51-60).
Anche nella moderna pratica dell’archeologia, guidata da raffinate tecnologie che partono dal remote sensing per concludersi nella redazione del GIS, possono accadere – conservando a questa disciplina in fascino insostituibile dell’imprevedibile – eventi non dissimili da quello del giorno di Carnevale del 1748, a Scoccolino di San Miniato Basso.
Sul finire dell’agosto del 2012, la signora Sabrina Doria, portando al pascolo il suo gregge nella contrada del Botronchio di Orentano (Castelfranco di Sotto), quasi al piede delle Cerbaie, osservava sul fondo di un fosso pubblico per la prolungata siccità estiva un oggetto di bronzo, affiorante anche per il calpestio delle pecore, lo recuperava, lo segnalava alla Soprintendenza.
Il sopralluogo immediatamente condotto per provvedere alla presa in consegna dell’oggetto permetteva di identificarlo, anche per l’eccellente condizione di conservazione, come un elmo, con profilo ‘a ogiva’ e gola alla base, tesa aggettante provvista di una decorazione geometrica (figg. 1-2); si tratta dunque di una redazione ‘canonica’ della classe tradizionalmente detta ‘tipo Negau’, nelle versioni peculiari dell’Etruria tardoarcaica e del V secolo a.C. classificate da Egg come ‘Typ Vetulonia’, giacché paradigmaticamente attestate della massa di elmi della gens Haspna, ritrovati sul finire dell’Ottocento sull’acropoli di Vetulonia, dove erano stati sepolti, dopo essere stati resi inservibili, schiacciandoli o perforandoli – probabilmente in un contesto rituale – sullo scorcio finale del V secolo a.C. (Egg 1985, pp. 198 ss., e p. 207 per Vetulonia; per il tipo Sannibale 2008, pp. 216 ss.; Malnati 2008, pp. 157).
Grazie all’opera di Stefano Sarri, nel Centro di Restauro della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, è stato possibile provvedere al pieno recupero delle superfici e alla conseguente valutazione del sistema decorativo della tesa (fig. 3), già ben conosciuto nel repertorio decorativo dei bronzisti vetuloniesi (Egg 1985, p. 54, nn. 13-15).
Successivi sopralluoghi, condotti a più riprese anche con la collaborazione di Augusto Andreotti e di Arturo Biondi, a cui si deve una continua attività di monitoraggio dell’area, sembrano avallare la possibilità che l’elmo sia isolato, non legato dunque a contesti insediativi, a depositi, di carattere sacrale o di tesaurizzazione, e che dunque sia andato perduto, per cause ovviamente indefinibili, nei decenni centrali del V secolo a.C., quando il tipo – con i ‘guerrieri’ che lo impiegavano – circolava dal Tirreno all’Adriatico.
La frequentazione dell’area in età etrusca è ovviamente da collegare all’agger, di carattere verosimilmente stradale, che dopo aver attraversato con un rettifilo quasi esattamente orientato est-ovest la depressione del Botronchio, partendo dalla sponda destra di un ramo dell’Auser-Serchio, raggiungeva il piede delle Cerbaie qualche decina di metri a sud del punto del ritrovamento. I saggi condotti fra 2011 e 2012 hanno infatti confermato il carattere manufatto del terrapieno, mettendo in luce le opere in legno che ne assicuravano la sponda in corrispondenza del punto di massima depressione e dell’attraversamento di un corso d’acqua e ne hanno confermato il rapporto con l’insediamento detto ‘di Ponte Gini’, che vi si attesta – con vari momenti di crisi e di rioccupazione – dalla metà del V alla fine del III secolo a.C. (Ciampoltrini, Spataro 2012, pp. 57 ss.).

Riferimenti bibliografici

Ciampoltrini G. 2003, “Samminiatensis thesauri”. Il ripostiglio di Santa Lucia di Scoccolino, 1748, in Erba d’Arno 92-93, pp. 51-60

Ciampoltrini G., Spataro C. 2012, La via etrusca del Botronchio di Orentano (Castelfranco di Sotto), in G. Ciampoltrini, P. Notini, S. Fioravanti, C. Spataro, Gli Etruschi e il Serchio. L’insediamento della Murella a Castelnuovo di Garfagnana, Bientina, pp. 57-72.

Egg M. 1986, Italische Helme. Studien zu den ältereisenzeitlichen Helmen Italiens und der Alpen, Mainz.

Malnati L. 2008, Armi e organizzazione militare in Etruria Padana, in La colonizzazione etrusca in Italia, Atti del XV Convegno Internazionale di Studi sulla Storia e l’Archeologia dell’Etruria, a cura di G.M. Dalla Fina (=Annali della Fondazione per il Museo «Claudio Faina», XV), pp. 146-186.

Sannibale M. 2008, La raccolta Giacinto Guglielmi. II. Bronzi e materiali vari, Roma.

sabato 21 dicembre 2013

Le figlie di Borea nelle geometrie del Solstizio








Manca solo Chione, fra le ninfe figlie di Borea, nei giorni del Solstizio, a salutare le sorelle Ninfe degli Scavi Decembrini; ma le sorelle che presiedono al Ghiaccio all'Ombra al Freddo, e le Hyades, tutte accorrono a mirare nel fioco sole che sta per risorgere le geometrie rubate alla terra, incise nella terra, da Susanna e Serena, di qua con Elisabetta e Maila, e di là Sara, un trionfo di S.
Storie di Medioevo e di Romani, di qua e di là dai fiumi, pagine di Notiziari in bianco e nero, pagine di vita che sanno dei colori del pallido Sole che talora Borea fa rifulgere nell'ovatta del gelo.

venerdì 6 dicembre 2013

Anamorfosi & Colori (per le Archeologhe nel Ghiaccio Ombroso)



Anamorfosi, dalle mura al PIUSS, l'ultimo erratico pensiero per lo Scavo Sempre al Buio, anche nel giorno che Maila chiude il ciclo di un anno e non chiediamo quanti perché non ha senso.
Anamorfosi, strati per piani orizzontali perfetti, tagli e nuovi orizzonti, non le metamorfosi degli strati obliqui e insaccati (sono anche i Giorni dei Maiali, questi).
Bianca luce dell'emplecton, della pietra che dà volto alla città, il rosso è un po' in ombra, nell'Ombra Perenne del Ghiaccio Decembrino, e l'immagine non è quella che vorrebbe l'archeologo in ferie, fermato dal c.o. obbligato, certo un rettifilo di mura che s'infrangono sullo strato rosso che ne suggella la fine sarebbe stato più travolgente ma insomma ogni fotografo ha il suo occhio.
Fossi di qui, del tempo dei Romani, fossi di là, dei colori del Sercambi, ma il Secchio di Vernice per colorare il Bianco e il Rosso è a Tereglio, nel blu infinito di lapislazzuli ammirato nel restauro di anni persi, tocchi di Berlinghiero, anni del Comune e delle sue mura, il populus di Lucca, i pedites e i milites, la Libertà – già allora – e le Mura. E dal colore di un opuscolo amatissimo, per una Croce con tutta la passione del populus del Duecento, le armi ed i guerrieri, un po' alla Velazquez, che certo lo ignorava, Berlinghiero e i suoi scherani, pronti a darsi battaglia per le mura e intorno alle mura, et fue lo stormo alla Fratta, diceva il Cronista lucchese.

sabato 30 novembre 2013

Diapositive (seguendo file di pali)





Seguendo file di pali e storie di Etruschi, nelle paludi del Botronchio, quasi paludi della memoria, si ritrovano i colori di antiche diapositive, anni Ottanta, colori autentici e forse un po' falsi. E nelle diapositive Augusto e la sua curiosità, di tutto, l'empiria, e Paolo, nelle griglie di fili che son la sua firma, i saggi letterati A B C D E F G H, gli Etruschi del IV secolo finale, illuminati da due frammenti e non più; e forse Alejandro, sì, sembra lui, nei giorni dell'emozione dei morti di Ponte Gini.
Diapositive, proiezioni nella storia di sé e degli Etruschi del Valdarno. Soprattutto di sé.

sabato 16 novembre 2013

Metafore di paesaggi (la malinconia dell'archeologo)


Dare colori fantastici, con un tocco appena, ai muri intreccio di chiari enigmi della Giuncaiola, nel giorni che si scavano nella memoria storie di appena un anno vecchie, già remote, appena struggenti nelle ombre di un autunno che son già due anni ... e tracciar linee nei colori rigenerati, squillanti di Cinquecento, di un'alzata di Montelupo, limpida cornice foglie ghirigori che san di metallo, un paesaggio non meno fantastico, torri e mura e chissà altro.
Metafore di paesaggi, riflessioni al volgere di anni che sono una vita a immaginare interi i paesaggi spezzati, nei piatti di Montelupo e nelle luci d'autunno sulla terra,

martedì 29 ottobre 2013

Il tubo il nastro la pietra l'archeologa

Immagine regalata da Elisabetta, sera d'autunno, fili retti o curvi di tubi fili di metri l'archeologa Serena che domina il suo mondo, nel tratto pieno di vita di una mano che sa regalare emozioni nel filo del lapis, fra pietre ancora umide e terre che spalmano storie di secoli.
E anche l'archeologia è poesia ed emozione.

venerdì 25 ottobre 2013

San Francesco a Lucca, in rosso, verde e in Bianco (Conventuale)



Agosto dal cielo, con Google Earth, con San Francesco splendido dei suoi volumi in verde e in rosso, e anni di scavi, condivisi per ritrovati nitori, chissà se effimeri. E il Bianco Conventuale, per dare vita alla storia ritrovata, nella carta e sulle vie del web, al centesimo lettore (o quasi ...).

domenica 20 ottobre 2013

Fratello Sole (in fondo al piatto)


Il laico sole dei Rucellai e dell'Alberti, un secolo e mezzo dopo (grosso modo ...) ritorna sulla francescana mensa di Lucca, nella corona in due colori di raggi nata per il Gesù IHS e per monogrammi chiari e oscuri, e che l'archeologo vide bambino nei preziosi cimeli raccolti dalla signora per eccellenza, la signora Silvia, nelle frequentazioni del giardino che fu degli Aglietti ed era stato delle monache dei Santi Iacopo e Filippo, Castelfranco di Sotto, anni infiniti, cinquanta, chissà, pagina 43 altrimenti non si capisce proprio ...
E certo non laica memoria del Quattrocento, cui si contrappose sulla piazza, lato del sole, il Giesù robbiano di San Bernardino, ma Fratello Sole, «messor lo frate sole, lo qual’è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione».
Memoria del fondatore, pochi colori, tocco popolare, grande passione in anni di pesti e guerre anche per l'isolata Repubblica.
O così sogna l'archeologo, per l'emozione della stupefatta faccia del Fratello.

lunedì 14 ottobre 2013

Corone di re, corone del Volto Santo


Emozioni differite, antiche storie accantonate per giorni futuri, da trasformare a scadenza, e vedere, dal dissolversi di un grumo di terra salvato da un microvasetto, una storia dell'anno 1333 più o meno, nel segno del reale del fedifrago Giovanni di Boemia (stando al Villani).
Il Volto Santo e la real corona, una storia di fango e d'acqua, negli anni delle alluvioni del Po, 1330, e dell'Arno, 1333, e forse non solo, nemmeno un soldo in tutto nel vasettino, per qualche acquisto alla Casa dell'Arancio o paga di un giorno da bracciante. Per l'archeologo lieto segno di anni certi, terminus post quem per Storie in Verde e Nero, lumeggiate infine con qualche tocco dell'inquietante color della mistura. 

domenica 13 ottobre 2013

Il fiore della terza stagione



Lo squillante colore del giglio d'acqua, giallo del calore maturo di primavera; la porpora della salicaria, nelle acque ferme dell'estate; infine, quando il sole all'occidente decide l'autunno e si seguono vie divenute prati per cercare risposte a domande giunte all'anno trentaduesimo, l'amico esperto di tutto ciò che la Terra dell'Auser, fra le Cerbaie e il fiume, può raccontare, dà nome al seducente biancheggiare di fiori al margine dei campi. Datura Stramonium L., l'erba delle streghe, che cura l'asma rende sciamani porta al delirio, a scelta, metafora inattesa dell'archeologo, inquietante quando i fiori si dischiudono.
E le praterie di ciclamini selvatici, costellazioni fra le erbe, per trovare altre strade.

lunedì 30 settembre 2013

Antichi amici tra Nievole e Cerbaie (gli anni dei coloni)

 


Anni, per ritrovare pagine del Settecento fragranti dell'erudizione elegante del Lami, da leggere senza erudizione, e in queste, sull'altra sponda della Nievole, quando quasi è già Arme e poi Usciana, nelle boscaglie delle Cerbaie che danno a oriente, per la felice passione del Guardia del Gran-Duca a Cappiano, un Antonio Lazzeri che sa di nome familiare, storie gemelle del Bizzarrino e dei Poggioni, luoghi amati dagli amici e rivisitati in viaggio per Lamporecchio,
La Vittoria del vittoriato dichiara, per le olle salvate dal guardia del Granduca, fra curiosità di anguille e per elefanti di ere perdute, gli anni delle mura della colonia Latina e dell'inquietante ipogeo della Giuncaiola, tarsie di pietra; il conico vaso che copriva olle e tazze e pentolini, e il ferro adunco – dirà il Lami qualche anno dopo, riflessivo – si rispecchiano nei disegni di amici antichi per il vanto del museo di Larciano e dei fascicoli dell'Archivio, fine Ottocento, i Poggioni, dove le terre di Stabbia dan luogo a quelle dei castelli pistoiesi.
Liguri in campestres agros, celebra l'archeologo, con il pentolino per le birre e la tazza per il vino, Liguri scesi in armi fra i coloni di Lucca, dai monti del Serchio o di Marliana, ad aprire campi fra le Cerbaie e il Montalbano e a costruire case con le tegole.

domenica 29 settembre 2013

I Segni dell'Auser in blu



Quattro anni sono passati dacché Marcello divinava in blu i Segni dell'Auser, tra Frizzone e Arpino, Paganico e l'Aqua Longa, meandri perduti e tagliati, paludi fossi bonifiche; quattro anni, e quando Google Maps ci regala nuovi sogni manca la magia dei colori di Marcello, a trasformare le immagini in segni della storia.
E ora, navigando nei sogni della Terra dell'Auser lungo i meandri disegnati in blu, cercando a Wolfenbüttel il codex Arcerianus, ora che tutti son generosi dei codici antichi fuor che l'Italia (o quasi), e trovando il Gudianus 105, e poi, per Lachmann e Thulin, arrivando a Heidelberg e da qui al Palatinus Heidelbergensis 1564 finito alla Bibliotheca Apostolica Vaticana, gli agrimensori romani si manifestano nei colori del Diazografus, non già nei puri segni dei Gromatici Veteres. Storie di terre e acque, lenti fiumi che disegnano nuove isole, si direbbe, alterando l'armonia degli ordinati paesaggi centuriati, con casette un po' tardoantiche che cercano il dosso tranquillo.
Il segno dei Gromatici, e i sogni di Marcello, per ritrovare le storie dei meandri che divengono Segni dell'Auser nei colori del cielo e della terra.

venerdì 20 settembre 2013

La Fanciulla di Vagli e il patrimonio (di storia e di paesaggi)



La scoperta, lo scavo, il restauro, la pubblicazione del complesso sepolcrale ligure-apuano della Murata di Vagli Sopra, con la tomba della “Fanciulla di Vagli”, e la presentazione – come atto conclusivo del ciclo di interventi – nella mostra nella stessa Vagli Sopra, nel Palazzo Domenico Marco Verdigi, a poche centinaia di metri dal luogo del ritrovamento dove ancora è possibile riconoscere il monumento sepolcrale, sono una significativa testimonianza della collaborazione fra Enti e Istituzioni per la valorizzazione del patrimonio archeologico del territorio nel territorio.
L’impegno congiunto del Comune di Vagli Sotto e della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, con l’apporto risolutivo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, sta infatti permettendo di apprezzare la testimonianza delle dotazioni della tomba della Murata sullo sfondo dei paesaggi nei quali si svolse la vicenda della “Fanciulla di Vagli”, negli anni delle guerre fra Romani e Liguri-Apuani (200-180 a.C.), che ebbero le Apuane come teatro principale.
L’apertura in occasione per le Giornate Europee del Patrimonio del 2013 è dunque anche un invito a venire a Vagli per leggere nelle testimonianze archeologiche un emozionante capitolo di storia della Garfagnana.

lunedì 16 settembre 2013

La cioccolata lucchese di Alessandro & Enrico (la trembleuse con la lanterna)



Piatti infiniti con fiori e petali in chiazze di verde e rosso sul bianco stanco dell'ingobbio, ingiallito, Lucca dei tessitori dei servi dei braccianti negli anni di finezze aristocratiche al declino, qualche verde di Montelupo, spirali, fiorellini su smalti non troppo più bianchi, e poi, scheggia di colori, per la mano felice di Alessandro & Enrico, con Elena un po' in là, che scoprono le storie sepolte nelle mura di Lucca, misteriose cloache, torri che torreggiano immergendosi nella terra, fiumi e canali che si svelano nel segno della Planorbis, la trembleuse guizzante della Lanterna dei Chiodo, prima metà del Settecento, piattino per cioccolate e bevande preziose, di cui non perdere neppure un goccio; luci pariniane, appena un po' più antiche, nella massa dei segni dei 'subalterni' (memorie di anni Settanta).
Fiori a colori, figure memori del Magnasco, si direbbe, l'insegna della famiglia, fiera del suo servizio come lo erano quelle di Lucca raccolte da Sergio (Nelli), tutta da scoprire, ma l'archeologo è figlio della pazienza, e un rapido salto in Lombardia per ritrovare, nel segno della Lanterna, tutti interi, fiori e figure, e dare alle fatiche estive di Alessandro & Enrico, ed Elena un po' in là, Ilaria ancora più in là, la stupefatta meraviglia, ridondante come i fiorellini dei Chiodo contraffatti ad Albissola – c'insegna il Barile in pagine preziose gialle come l'ingobbio  dei vasai di Gello, scoperti e amati con Carlo e Ruggero e Consuelo, tanto lontani in questo autunno che ritrova i colori dell'autunno di Gello.


sabato 14 settembre 2013

Fiori etruschi (di Pisa)

Due stagioni della vita per ritornare all'abbazia che fu castello e ora è anche quasi pollaio sull'Arno, San Savino, storie di Longobardi Benedettini Camaldolesi, un parroco affabile e appassionato, un terrapieno che si scioglie, e orditi di mura da decifrare.
È identico, seppure celebrato alfine dalle ottiche digitali, il raggio di sole che rimbalzando fra pietre che sanno del secolo XI o del XII iniziale, disegna le finezze ioniche dei fiori tardoarcaici, di loto, e l'intaglio delle palmette, nel giallo degli anni di un marmo esotico o forse figlio delle Panie.
Pisa e i suoi anni di mare e di fiumi, verso Massalia, la Corsica, Focei, Langlotz, le basi con le teste d'ariete, riscoperte di anni perduti, linguette, fiori di loto, tralci appesi e intrecciati su bulbi sempre conosciuti e riscoperti per ricomporre anni dei quali or si sa tutto, anfore impasti microclastici santuari urbani e rurali traffici Ioni MAPPA ecc. ecc. e dove sono gli alvei e dove i villaggi che fan Pisae e gli Alfei ...
Ritrovare le emozioni degli anni in cui le tavole del Lasinio svelavano la velata Pisa degli Etruschi e del Tirreno, nel raggio che rimbalza sul fiore di loto e sfuma sulla palmetta.

domenica 8 settembre 2013

Gli amici della Fanciulla di Vagli (risalendo fiumi e valli)


S'offusca delle prime nuvole che vengono dal mare il profilo delle Panie, e Vagli s'incorona del Campo Catino fra ombre e taglienti raggi di sole, a vederlo dalla Foce di Careggine, teatro di remote battaglie e non lontana è la Croce di Stazzana, per crinali e vette seguite un tempo da Liguri-Apuani a difendere il loro mondo, e i Romani a garantire la pace universale (anche loro ..., la Missione degli Imperi).
E ancora qualche amico affronta le risalite per Serchio e Turriti, per sentire degli anni della Fanciulla di Vagli, raccontati con trent'anni di scavi ricerche recuperi fatiche proprie e di molti amici, a seguire ghiande missili sul Vallimona o a cercare i segni del Targioni Tozzetti al Castellare di San Giovanni alla Vena, e Paolo che tante ne ha fatte che nemmen più si ricorda del Monte Vigne, cocuzzolo dominante, e il Colle della Fame e il metanodotto, e Silvio e Alejandro, che ora non c'è più, a trovare i morti di Ponte Gini ... Tutto in un'ora, per qualche amico, con un po' di fatica, ingentilita dalle ombre lunghe delle Panie, ombre di un'estate che s'insaporisce dopo i mirtilli del profumo dei funghi.

domenica 1 settembre 2013

Conversazioni intorno alla Fanciulla di Vagli, 2: la Fanciulla e gli anni delle guerre tra Romani e Liguri Apuani





Proseguendo nel ciclo di Conversazioni intorno alla Fanciulla di Vagli, in Vagli Sopra, nella Sala della Fanciulla di Vagli del Palazzo Domenico Marco Verdigi, sabato 7 settembre 2013, alle ore 17, Giulio Ciampoltrini affronterà il tema Archeologia di una guerra. La tomba della 'Fanciulla di Vagli' e le evidenze archeologiche del conflitto tra Romani e Liguri-Apuani.
La storia della Fanciulla di Vagli, narrata dalle dotazioni della sua tomba e dal carattere del monumento sepolcrale nel quale fu collocata la tomba a cassetta che ne accolse il cinerario, si pone fra 200 e 180 a.C., nella fase finale della guerra mossa da Roma, con i suoi alleati, per il controllo del distretto della Toscana nord-occidentale in cui si erano insediati dagli anni intorno al 300 a.C. i Liguri-Apuani.
Le fonti letterarie – in particolare Tito Livio – sono ricche di particolari per gli eventi bellici dei primi decenni del II secolo a.C., fino alla vittoria romana del 180-179 a.C., ma un trentennio di indagini ha permesso, con lo scavo di insediamenti etruschi e liguri-apuani della Valle del Serchio, integrati da una sistematica attività di ricognizione, di ricostruire la storia dei rapporti fra i Liguri-Apuani, gli Etruschi del Valdarno e Roma, anche con il conforto del dato archeologico.
Dalla lunga convivenza, con scambi di merci e anche di persone, fino allo scoppio della prima fase della guerra, nel 238 a.C., drammaticamente segnato dai morti insepolti nell'abitato etrusco di Ponte Gini di Orentano, nella Piana dell'Auser, si giunge al lungo conflitto tra il 200 e 180 a.C., che può essere seguito nella trasformazione del sistema di insediamenti, sui due fronti del conflitto, e nelle tracce stesse delle battaglie, dalle ghiande missili in piombo ritrovate dal Settecento fino ai giorni nostri nelle strutture fortificate d'altura (castella) o nella straordinaria testimonianza dell'elmo in brtonzo dalla Croce di Stazzana, a Castelnuovo Garfagnana.


lunedì 19 agosto 2013

Conversazioni intorno alla Fanciulla di Vagli

Le Panie riflesse nel lago un po' asciutto, 1985, lo scavo di Piari, gli Etruschi che poi Paolo vide intenti a distillar pece in un trionfo di colori del fuoco, i Due Castelli e il Castello perduto fra loro, le bianche casette dell'esodo.
Immagine archeologica, luci squillanti di diapositive esaltate dagli anni, metalliche, o marmoree, come le vene che increspano di mille colori e di vita pulsante il marmo di Vagli, per narrare di Fanciulle e di Unicorni, di Etruschi avventurosi e fabbri medievali, di signorotti di terre e di pastori sepolti con lor fibbie, dopo aver sentito anche ai piedi delle Apuane il suono del Rinascimento.

venerdì 16 agosto 2013

L'Unicorno nella vigna di Vagli (e gli anni del Ferro Apuano)





Storie di una valle immersa nelle Apuane, raccontate dalla terra prima e dopo che l'ottobre del 2008 e fatiche piccole e innumeri le illuminassero nel segno della Fanciulla di Vagli.
Con Paolo dopo che con Silvio i minimi resti di orcioli e olle divengono testimoni degli anni di chiese e Longobardi di Garfagnana, si percorrono all'inverso le vie del ferro dei Secoli di Ferro, scaglie di ematite estratte o raccolte sulle Panie e trasformate sulla riva del Fiumicello che divenne Edron o sui ripiani dove sorse il castello di Roggio.
I Secoli Bui e gli Anni di Ferro, quando Vagli era Vallis, la Valle per eccellenza, si rischiarano del marmo apuano, quando l'amico barista dischiude le porte della limpida chiesa a mezza costa, che oggi è di Sant'Agostino, meravigliosa creatura romanica forse anche per opera del rifacitore del secolo andato.
L'Unicorno visto a Lucca e a Orbetello, segno misterioso e facile dell'Alto Medioevo, appare sul capitello che il cubo dichiara degli anni degli Ottoni o un po' dopo, anche gli Enrichi, lo stile anche, curve morbide e code tortuose, ma il segno è memoria dei modi degli anni che la Garfagnana pullulava delle nuove chiese e del fervore dei Longobardi di Liutprando e dintorni.
Il cristologico Unicorno che divaga nella vigna, il Leone che altrove lo affronta qui distinto, storia di un altro capitello, fuso in geometrie raggiunte da una coda interminabile che chissà cosa narravano negli anni del Ferro Apuano ai cercatori di metalli che vagavan per le Panie i castagni i pascoli gli orti.