sabato 31 marzo 2012
Le acque e le scacchiere (Paolo e Silvio alla Murella all'inizio del terzo anno)
La duplice scacchiera della Murella, di Fili e di Pietre & Terra, e Paolo e Silvio che saltano dall'una all'altra casella, taglio per taglio, per raccontare storie di Etruschi dei secoli in cui di là dai monti andavano a salutare altri Etruschi, dialetti diversi del Panaro e dell'Enza, o i Liguri che si portavano qualche tazza dal Piemonte e dal Genovese per bere birra (mah, chissà ...).
Due anni quasi compiuti, e un terzo che saluta con l'arduo sole che fa di pietra la già fangosa terra impastata con pietre d'ogni sorta, e Paolo e Silvio a sceverare Segni dell'Uomo e Segni della Terra.
E giù, sotto la rupe che incorona l'oppidum sognato in pietre impastate alla terra, le Ninfe dell'Auser e dell'Esarulo risucchiato dalla carta fan coro con le Ninfe dell'ultimo prato, con le Ninfe del bosco che ancora popola d'ombre le ombre della storia.
E si continua, per gli amici che riescono a veder le Ninfe anche nell'asfalto.
lunedì 26 marzo 2012
La croce e il tremisse. Navigar per fiumi e mari nel secolo VIII
Nel taglio netto del nitore dei monogrammi infinitamente uguali, infinitamente diversi, su per pagine dell'Ottocento s'arriva, navigando per l'Auser che ora è Ozzeri, a Pieve a San Paolo, al contadino che trova, giorni ultimi di Napoleone, il tremisse che sembra di Carlo ma è dei Longobardi prima che venissero sfatti da Carlo e dal proprio destino, quando Cuniperto s'innamorava di chiese latine e di bellezze, quasi come il coevo suo califfo, e se questi s'allietava del bagno di bellezze sassanidi o di odalische, a Lucca s'approntavano balnea per lo xenodocheion che avrebbe accolto, nel viaggio di ritorno verso le nebbie delle Alpi e del Reno, venti anni dopo, Willibald e il fratello, storia da film poco commerciali.
Il tremisse di LVCA e della croce, le croci per duchi e mercanti, pellegrini per Roma, e pellegrini per l'Oriente, distratti solo dalle spezie e dai tessuti non dalle esotiche bellezze dipinte nel deserto, mentre navi egiziane scorrevano sul Mediterraneo dalla Campania alla Palestina, e i girali perduti di Lucca, neppur di tanto più rigidi, solo perduti i colori, s'avvinghiano per non distinguersi a quelli di stucco di San Vitale, a quelli di Qusayr Amra (o come si voglia traslitterare), e per sognare i costruttori di San Micheletto opera di Pertuald e di San Silvestro e dei santi che anticipavano Roma a Lucca, si ricorre ai pupazzi del Pentateuco, o alle colorate figure della volta sfuggita nel deserto ai graffi che hanno devastato, come le ingiurie del tempo, le bellezze che i quattro angoli della terra proponevano al califfo.
Qualche minuto di viaggio nel secolo VIII, sulla nave di Willibald, con i suoi passi, per la Croce e il Tremisse, la monete del contadino di Pieve San Paolo per il dotto erudito lucchese, la tavola che doveva essere del Cordero di Sanqualcosa, e fu del Massagli, e, in fondo, l'illuminazione.
E il giallo regalato dal computer, per ritrovare, nel limpido segno dell'incisore ottocentesco all'opera sul tremisse del contadino trovato per il Bertini e proposto al Cordero, un bagliore dei colori della corte omayyade.
mercoledì 21 marzo 2012
Il liquido canto del gallo
Suonavano i liquidi che uscivano dall'acquamanile di maiolica arcaica, con la cresta del gallo o chissà, disegni nel nero e verde del Medioevo, alternativa allo squillante suono del teutonico gallo di bronzo.
Suoni gorgoglianti, fra le mura francescane aperte alla vita della città, per i bacini in cui si specchiava Gentucca, bella per Dante, gli anni del Comune sfinito dalle guerre, cerchie e mura nella sfida infinita con Pisa, se non forse gli anni di Castruccio e dei suoi cavalieri d'Oltralpe, neri come i segni della morte di Montaperti, algidamente cortesi come li immaginavano i miniatori per Minnesänger.
Suoni per il giorno di primavera, il primo o il secondo, con la luce che vince le tenebre, il giorno sulla notte, anche se la terra è arida.
Suoni d'acqua per gli amici conosciuti nelle acque dei pantani, per quelli con cui fu condivisa la passione del lavatoio, storie risibili per alcuni, segni veri per altri.
martedì 20 marzo 2012
Porti perduti, trovati e ritrovati (a colori)
Riemergono dalle nebbie di antichi giorni i colori del porto perduto del Rio Moro, sulla Navareccia, verso l'Altopasso, a Orentano, ove oggi passano veloci veicoli ruotati, negli anni del porto perduto, con il suo ferro le ceramiche le botti le pietre che avevan pagato il dazio agli esattori dell'arcivescovo di Pisa, Bientina giorni del 1209, sostavano monossili ritrovate e credute di una preistoria che era degli anni dell'Abate di Sesto. Grigio e verde, chiazze di nero segno di storie dell'uomo, il filo dei quadrati, il colore dell'ardesia che squilla di luce ...
La pianta disegnata da Augusto e Franco e dagli altri amici, minuziosa, pali ardesia, pietre pietruzze, loro che non avevan titolo, ma erano generosi di sapere e di passione, pieni di passione e bravi, per far risorgere da un velo di terra fra un fosso e un po' di ghiaia una storia del Duecento.
E ora di nuovo, andando per diapositive scansionate alla meglio, colori metallici, segno di amori antichi per la terra e le sue storie, e andando per i documenti e i testi di Google Libri, pergamene che raccontano in duetti con pietre muri rari segni dei colori del Medioevo, si ritrovano vie perse nella terra, e gli anni di una stagione piena di lutti, piena di passioni. Con Augusto, Franco, e altri amici ...
giovedì 15 marzo 2012
Etruschi segni di pietra nella terra
Giorni di primavera, anche se aironi e garzette sono distratti, non trovano le acque che preparano i gigli di maggio ...
Si sale e si scende lungo i Quattro Fiumi per trovare amici che con altri amici loro scendono nella terra carica dei colori del sole di marzo per lucidare i Segni degli Etruschi, segni di pietra, commentati dalle storie cantate da strati opimi o asciutti. E alla Giuncaiola le pietre sottratte alle colline di sabbia e d'argilla, per far festa sulle acque del fiume perduto, seppur non sognato, e alla Murella le pietre ancora bagnate delle acque dell'Auser e del suo minore Esarulo, per il riposo prima delle fatiche dei monti.
Etruschi, gente consueta alle storie sepolte della Terra dell'Auser e dei Quattro Fiumi, con enigmi sempre rinnovati, celebrati dall'impasto di terre e pietre, da decifrare per affabulare di storie del secolo VI, mercanti contadini viandanti, del secolo III e II e poi anche I e poi dopo, acque perdute come quelle che distraggono gli aironi e le folaghe, di questa stagione.
giovedì 8 marzo 2012
Gli Orecchini della Dam(igell)a
Non ama le feste comandate, le ricorrenze, il vecchio cercatore di segni del passato; ma giacché questi sono i segni del tempo, e le infinite archeologhe che dalla terra traggono storie sono pur sempre figlie del lor tempo, freschi delle fatiche di Stefano, dopo quelle di Alessandro, per sottrarli alla terra e privarli delle terre, per il canonico laico Giorno delle Donne presenta alle dure amiche che pur amano i Segni del Vezzo gli orecchini della Dama di Via Elisa, che era forse Damigella, forse, come dice il dentista e poi ci dirà Valeria.
Solo s'immagina, dalla trina di fili d'argento e dall'umbonato cerchio che ai suoi dì fulgeva di fili godronati umboni sbalzi, che se ne facesse vanto una Romana di Lucca lontana cugina della Rosellana sepolta sotto i santi della cattedrale di San Lorenzo, memore della beltà fascinosa della madre, anni celebrati nelle assemblee del Pentateuco di Tours; o che una Longobarda forse ancora ignara del Dono del Mattino, o forse no, emulasse finezze urbane di figlie di mercanti.
Un sogno, nel povero argento del secolo VII, per un 8 di marzo.
venerdì 2 marzo 2012
Tesori ritrovati (uscendo dalla Terra dei Quattro Fiumi per andare a Perugia passando da Dresda)
Le vie del web, dalle biblioteche al pdf, ed ecco apparire da Dresda e da Monaco il tesoro conosciuto sulle pagine del Fontanini viste e fotografate a Pisa anno 1984, immaginato nelle mai viste pagine del Bianchini che ora son qui, senza figure (meno male, nessun rimpianto, rimugina l'archeologo vecchio che rinnova le ansie inani di una gioventù remota).
Da Perugia a Villa Albani, il discus votivus e le altre sontuosità riemerse nel 1717 sull'arce di Perugia, Prospettiva 40 o da quelle parti e Mauro Cristofani, i commenti per la fibula che squilla del suo oro dall'oriente sino all'eco nelle tombe di Chiusi, la collezione Baxter e il guerriero che oggi sappiamo d'oro; e gli orecchini, un po' a cestello e un po' no, presidi sul Danubio e studi balcanici; e la collana, con i fermagli tardoantichi e del VI secolo. E quanti anni passati, e le perfettille studiose rerum Byzantinarum che non lo vedono e stanno bene lo stesso.
Ed ora, non faticose stampe in bianco e nero nel buio, graffiate graffite, ma un limpido pdf, buono per tiff e jpeg ed ecco la tavola del Fontanini, incipit dell'archeologia simil-longobarda in Italia, per un erudito che associava immagini fibule orecchini un po' a cestello e un po' no, l'insigne frutto del toreuta che celebrava la vittoria sui Barbari di un Barbaro, magister militum o qualcosa del genere.
Non è Terra dei Quattro Fiumi, ma da qui forse passarono (ma forse no, e più forse no) i truci Langobardi che andavano a prendere Perugia, a tenerla per il re della Lombardia o per l'Imperatore, o un po' per l'uno e un po' per l'altro.
Ed è una pagina ritrovata di anni in cui si credeva in qualcosa.