mercoledì 21 novembre 2012
Il grido della Longobarda (da Piazza al Serchio a New York)
Terribile è il grido della fibula longobarda, sbalzo orrorifico, orripilante nella pienezza etimologica, della figura imberbe, femminea, magie venute di Pannonia o dalla memoria appena impolverata di Valchirie e Walhalla, o segno apotropaico sulla faccia che guarda il tessuto e la donna; oppure, chissà, il grido della Longobarda dura e fiera nell'esibire le bestie contorte che coprono d'intrecci tutto il copribile, sgomenta nel lato occulto.
E quando, navigando per le onde del web, (ri)appare nel comodo dello schermo la fibula giunta a New York passando per le botteghe antiquarie fiorentine, con il terzo grido, dopo quelli di Perugia e di Nocera Umbra, nell'intreccio di mostri della faccia A che generano l'orrore della faccia B, per un attimo l'archeologo sogna di aver davanti la gloria della Longobarda di Piazza al Serchio, svegliata dal suo addobbato riposo dalla via ferrata della Garfagnana, anno 1920 o '21, orrori appena passati e altri in atto, in attesa di quelli supremi.
Il Migliorini e il Galli, il maestro elementare appassionato e trafficante (dice il Galli) e il funzionario spedito nel furore del '22 a cercar notizie frantumate di tombe espilate, ori argenti bronzi vasi dissolti; uno schizzo ritrovato cinquanta anni dopo, spremuto in ogni sua linea, la grafia inconfondibile del Migliorini, per cercare il perduto.
Da Piazza al Serchio, 1920, a Firenze, 1955, e da lì al Met, forse chissà, forse no, ma da dove se non da lì, il terzo grido o il quarto quello della Longobarda giunta a morir vecchia dalle piane del Danubio dove il Serchio di qua si congiunge al Serchio di là per generare il Serchio.
E il giallo del sepolcreto perduto continua.
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