domenica 18 novembre 2012

Bientina, la sera di novembre, gli Etruschi del Museo, le generazioni di archeologi



S'affolla o quasi, di nuovo, tredici anni dopo, l'antica chiesa con le reliquie degli Etruschi del Bientina, Storie di Comunità Rurali fra X e V secolo a.C., storie costruite da due generazioni di archeologi ed oggi raccontate dalla terza, pronta a scrivere nuovi capitoli. Ordini antiorari della storia, il Bronzo e il Ferro, l'Arcaico, il Classico, la fine di una civiltà (forse) in una terra (come si direbbe) in perenne equilibrio con l'acqua. E il tardobarocco di campagna di San Girolamo a illuminare le vetrine di amici a cavallo fra la prima e la seconda generazione.

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Presentazione

Il 27 novembre del 1999 la comunità di Bientina coronò il sogno – rimasto tale per più di quaranta anni – di Vittorio Bernardi: raccogliere in un museo i ‘segni’ della storia etrusca del territorio del Comune.
La passione del Bernardi – al quale giustamente è stato dedicato il Museo – aveva sollecitato a scavi di necropoli e insediamenti quando (gli anni Cinquanta del Novecento) questi temi della ricerca erano inusuali in un lembo di Toscana che, per una lettura parziale delle fonti antiche, si voleva assegnare all’ambito culturale ligure, benché il primo e più autorevole fra gli archeologi che avevano presentato ritrovamenti del territorio (il Ghirardini) già sul finire dell’Ottocento avesse riconosciuto i chiari segni della cultura etrusca nella tomba emersa nel settore settentrionale della bonifica del lago di Bientina (o di Sesto, come lo denominava la Repubblica di Lucca, conservando l’antica terminologia me- dievale), al Rio Ralletta.
Sono state le rinnovate indagini degli anni Ottanta e Novanta del XX secolo a chiarire risolutivamente dubbi che non avrebbero mai dovuto affiorare, e a fornire materiale per entrare sin nella vita quotidiana degli Etruschi fioriti per qualche secolo nel territorio che oggi è di Bientina. Infine, l’attenzione per la tutela e l’impegno degli eredi della passione di Vittorio Bernardi hanno portato a scoprire, nell’area di Fossa Cinque, i precedenti del sistema di insediamenti etruschi già dell’VIII, e poi del VI e V secolo a.C.: il villaggio dell’età del Bronzo Finale che occupò, intorno al 1000 a.C., il cuore della piana oggi bonificata, è un’impressionante testimonianza di quanto rimane ancora sepolto, giacché solo con l’apertura di profondi fossati è stato possibile individuarlo ed esplorarne alcuni lembi.
Le razionali vetrine ‘a isola’ del museo ospitato nel San Girolamo, progettate da Mario Pagni, propongono dunque al visitatore un arcipelago che è anche un percorso nella storia del territorio di Bientina, dal 1000 a.C. sino al V secolo a.C., quando una secolare storia si esaurisce in circostanze climatiche avverse, che porteranno a nuovi sistemi di insediamenti.
Non c’è dubbio che per la fruizione di contesti archeologici di non immediata lettura come quelli di Bientina la presenza di una guida ‘in persona’ – interattiva al massimo – sia sempre preferibile, ma la chia- rezza e la misura profuse nell’opera fanno sì che si riesca a sentire presente l’autrice, con l’impegno e la competenza della nuova generazione di archeologi a cui appartiene.

Giulio Ciampoltrini

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