venerdì 4 novembre 2011

La 'Dama con gli Orecchini' - La versione ufficiale









La “Dama con gli Orecchini” della Lucca longobarda. Un ritrovamento eccezionale nell’attività di tutela

Dopo le anticipazioni dello scorso ottobre sul ritrovamento di una tomba femminile databile fra il 600 e il 650 durante le indagini archeologiche condotte a Lucca, in Via Elisa, preliminari alla ristrutturazione di “Casa Betania”, di proprietà della Congregazione delle Suore Ministre degli Infermi, è possibile confermare il rilevante interesse della acquisizioni su Lucca d’età longobarda scaturite dai lavori di scavo. Il dato di Via Elisa si aggiunge a quelli passati in rassegna nel volume “La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico”, appena uscito (maggio 2011), e sottolinea il fondamentale apporto delle “buone pratiche” dell’archeologia di tutela anche per il continuo progresso della ricerca.
Grazie agli accertamenti e approfondimenti delle fasi finali dello scavo è stato infatti possibile chiarire il contesto in cui la sepoltura si inserisce.
La tomba, che – ricordiamo – è la prima di questo tipo a Lucca, raccoglieva le spoglie di una donna appartenente all’aristocrazia della città, deposta in cassa lignea con i suoi oggetti di ornamento peronale: un paio di orecchini a cestello in argento finemente cesellato, rinvenuti ancora “in posto” ai due lati della mandibola; un pettine in osso decorato a incisione adagiato sul ventre. Ma dallo sviluppo dello scavo è apparso che la tomba della “Dama con gli Orecchini” si inseriva all’interno di un gruppo di almeno sette sepolture collocate all’interno di un edificio costruito con possenti muri in ciottoli e malta. Si tratta chiaramente di una chiesa cimiteriale e le caratteristiche architettoniche ancora leggibili, che tradiscono l’acquisizione dei modelli del V e VI secolo d’area milanese e ravennate, avallano l’interpretazione.
Le tombe sono disposte per “righe”, orientate in senso sud-ovest/nord-est, secondo un uso peculiare di questo momento storico, che vede anche a Lucca e in Toscana la progressiva “contaminazione” delle tradizioni romane e di quelle germaniche, come è stato sottolineato nel convegno sulle sepolture longobarde in Italia tenuto a Trento nel settembre scorso.
I dati stratigrafici confermano che la chiesa fu eretta tra V e VI secolo. È stata subito valutata la possibilità di identificarla con la chiesa suburbana di San Gervasio, di cui i documenti lucchesi attestano l’esistenza già nel 739, e la collocazione presso l’attuale chiesa di Santa Maria Foris portam (“Santa Maria bianca”); tuttavia potrebbe trattarsi di altra fondazione di cui non ci è giunta notizia dalle fonti documentarie.
Nondimeno essa costituisce un ritrovamento eccezionale, essendo la prima di così antica fondazione che affiora dall’attività di scavo a Lucca – dopo i resti di San Bartolomeo in silice messi in luce nel vicino complesso del San Ponziano, nel 2005 – e, soprattutto, getta una luce particolare sulla storia del vivace sobborgo detto “di Cipriano”, sorto fuori della porta orientale della Lucca altomedievale lungo l’antica via che portava a Firenze, luogo di residenza di eminenti famiglie dell’aristocrazia longobarda, da cui provengono  vescovi e personaggi di spicco dell’alta società lucchese dell’VIII secolo: Pertuald, il fondatore di San Micheletto; Peredeo vescovo, suo figlio; la famiglia del vescovo Pietro, fondatrice di San Bartolomeo in silice.
L’affioramento durante gli scavi del margine sud dell’antica via inghiaiata (ricalcata dalla via Elisa), che correva a pochi metri dall’edificio ecclesiastico, completa la ricostruzione della topografia di questo settore della contrada, la cui vita si è protratta fino ai secoli centrali del Medioevo, tra X e XI secolo. In questo momento sia la chiesa che l’area cimiteriale risultano dismesse, incise da profonde fosse e scassi di ogni genere, finalizzati al recupero di materiali da costruzione, che preludono a una nuova urbanizzazione di cui sono sopravvissuti solo esigui lembi di strutture messe in opera con materiale di spoglio. Sono gli stessi anni in cui anche i documenti registrano che la chiesa di San Gervasio era ridotta a rudere: un’inquietante coincidenza o un possibile indizio supplementare per l’identificazione dell’edificio affiorato nello scavo?

I lavori di scavo sono stati eseguiti dalla ditta Giunta Sauro sotto la conduzione dell’archeologo Alessandro Giannoni e la direzione scientifica del dott. Giulio Ciampoltrini della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana. Il corredo è attualmente sottoposto alle analisi di laboratorio nel Centro di Restauro della Soprintendenza per i Beni Archeologici, mentre le indagini antropologiche sono state affidate – nella tradizione di proficua collaborazione che ha recentemente portato alla ricostruzione della “Fanciulla di Vagli” – al gruppo di lavoro del professor Gino Fornaciari, ordinario di Paleopatologia presso l’Università di Pisa.

Giulio Ciampoltrini - archeologo direttore coordinatore della Soprintedenza per i Beni Archeologici della Toscana
Alessandro Giannoni - archeologo responsabile del cantiere di scavo di Via Elisa

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