giovedì 6 maggio 2010

Storia di una fibula longobarda e dei tormenti dell'archeologo



L'archeologo un po' ispirato e poetico vorrebbe seguire il filo dei suoi pensieri e dei suoi sogni, affondare la piatta pala della ruspa e la fine punta delle mestola dove i problemi che gli attanagliano le notti trovino soluzione, si faccia luce nel buoi dei secoli, e la gloria ne risplenda. Altra è la praxis ( prexis, siamo ionici), e l'emporie, per risolvere il binomio di anni remoti e di studi non più di moda ... e talora capita di lavorare su commessa, con alto e basso, e il senso del dovere a sopprimere le pulsioni al sogno.
Mai ci si sarebbe avventurati negli artificiosi intrecci delle pagine animalistiche del Roth, se Ananke e Aidós non fossero intervenute, ninfe dimenticate nelle pagine di Mimnermo, a richiamare (almeno per un po', per un pezzettino) alla disciplina. Ed ecco dischiudersi un trionfo di Alemanni per Alemanne, e le loro sorellucce Longobarde, davvero gente poco raccomandabile, anche se le signorotte Romane di Ravenna o di Roma non dovevano essere troppo meno insopportabili, se non per la lingua ... e quegli strani aggeggi che si mettevano addosso, in bella coppia, con tutte le chincagliere suonanti a far bella mostra sulle proterve membra. Fibule ad arco, pure figlie delle nebbie del nord (con un po' di Mediterraneo, tuttavia, alle remote radici) coperte di vichinghi intrecci di bestie feroci nate dal mare del Nord, degne delle imprese di Beowulf o delle cupezze dei Nibelunghi; e i dotti di Germania a gozzovigliare in questi nobili parti dei loro avi conquistatori, della rea progenie degli oppressori, a seguire con amore infinito le boccucce dei mostri che si azzannano (si nel senso di: se stessi), non capendo più nulla fra I Stile, e II, e Schlaufenstil, e le altre follie che solo gli archeologi tedeschi del buon tempo antico sapevano immaginare.
E lo sventurato stampatore della sbatacchiata fibula finita a Lucca, bella sul fondo nero, che non capisce più nulla, e mescola un primo stile degenerato (ahiahi, caro Fuchs, Sullano saeculo scripta, direbbe qualcuno) a un secondo scarabocchiato. Ma forse non si preoccupava degli stili dei Vichinghi e dei figli dell'Elba, lo stampatore, per far bella con queste patacche astruse la sua Longobardotta della campagna lucchese. Forse vagheggiava i delfini del Mediterraneo, i delfini delle fibbie dei guerrieri della Nona Legione di Britannia, che tanto piacevano anche a Longobardi d'alto rango ... e lasciavano volentieri alle belle Longobardotte le fibule con le bestie che si mordono, per la gioia dei discendenti collaterali di millecinquecento anni dopo.

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