giovedì 29 aprile 2010
Il re e il suo doppio: graffita di corte, graffita plebea
È regale il Re di Francia nel trionfo di cornici e colori del piatto ferrarese; è una maschera nello schizzo della scodella di Lucca, che devasta la corona regia in spine di pennellate e trasforma nell'abito di Arlecchino il paludamento di Carlo VIII, riconoscibile in una barbetta che – agli occhi nostri – ne completa il profilo diabolico, con le pupille dilatate. Il re satanico che nella passeggiata d'Italia semina lutti e rapine, l'inizio della fine per la fragile serenità dell'Italia di Lorenzo, la fonte del mal francese, devastante da sempre per l'Italia (come dicevano gli antigiacobini di Lucca). Non si accettano dubbi sulla caricatura, da vedere sullo sfondo delle cronache del '94, fra servili profferte all'erede di un altro male d'Italia, l'Angiò dei gigli. Un inatteso Rinascimento plebeo, dalla terra accumulata nelle viscere di Lucca, nel rovesciamento del mondo che chi ha i piedi nel fango, ma gli occhi al cielo, può apprezzare meglio di chi ha la testa fra le nuvole delle serene tavole di Filippo e Sandro.
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