sabato 10 aprile 2010
Ode prosastica ad un lacerto di catino arrivato a Lucca nel Duecento, seguendo vie d'acqua
Son mutati i tuoi colori,
vivendo nelle acque fangose in compagnia di malacofauna,
frammento emerso dalla miscela di acqua e terra
impreziosita dai ricordi del fuoco,
nel Porto Sepolto della città medievale
figlia della terra e dell'acqua.
Le unghie laccate dell'archeologa
impenetrabile ad acqua e fango,
volatile sui liquidi della terra,
ti hanno strappato all'oblio,
tu che non eri destinato ai fastigi
di campanili o cattedrali,
come i tuoi fratelli più fortunati,
ma all'uso di qualche barchino
che risaliva per l'Arno e il lago,
e i fossi infiniti, fra olmi e ontani
e querce,
su fino al punto in cui le Acque del Fiume d'Occidente
si ricongiungevano alle Acque del Fiume d'Oriente,
e l'Auser perduto divenuto Ozzeri
era infine figlio del suo figlio,
il Serchio, troppo potente d'acqua
per dar agio ai barchini.
Storie d'acqua e di terra,
storie del Porto Sepolto,
storie di colori percolati della Storia della Terra.
Forse anche gli archeologi che misurano base per altezza
fratto due, diviso pigreco,
possono emozionarsi quando in una desolata periferia,
fradicio e marcio, riemerge il colore del cobalto e del manganese,
non a dar luce ai campanili,
ma a dar vita alle Storie della Terra.
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