venerdì 2 aprile 2010

Gorgogliar d'acque e d'Etruschi in una giornata di primavera




Gorgogliano nella buca con l'acqua i Segni degli Etruschi, discarica di un villaggio che riporta ai sogni perduti del novembre '82, con le tombe disperse in una triste periferia che nulla aveva e nulla ha (e avrà?) del Comune del Duecento, con le sue tonde torri ad abbellir le mura, dei tessuti di aristocratici e plebei. E oggi ritornano gli stessi segni, in una fossa che archeologhe bioniche, temprate dal buio delle cantine e dagli odori delle storie sepolte dell'uomo, riescono, fra Acqua e Gas, a scorgere nei grovigli che il tempo ha intrecciato in un lembo di Terra dell'Auser sospeso sotto i Segni del Gas, il Porto Perduto, il fiume che vide i traffici del Comune.
Nel fosso che vide le barche del Duecento andar da un Serchio all'altro, per fosse scavate da contadini più o meno coatti – due fosse per il Comune, una fossa per la propria parte di grano e canne – l'Auser trionfa, erompe e per qualche attimo ritrova gli spazi sottratti ... anche gli Etruschi del VI secolo a.C., con la loro storia di civiltà contadina, di mille capanne e cento villaggi sparsi su per il fiume.
È primavera, è incontenibile la forza della Terra, come cantava Lucrezio (il vecchio archeologo non dimentica gli anni del liceo ...).

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