domenica 28 marzo 2010

Lo sguardo dell'imperatore (ovvero: Gallieno in salotto)




Dis animo voltuque compar è veramente l'imperatore visto prima in una stinta fotografia, e poi con lo sguardo al sole di Alberese, volto al cielo e alla Maremma; ma rivisto in un salotto con fioriere e sgabello, chiuso in un gabbiotto, richiede Photoshop e qualche inquadratura particolare, ritagli e sfondi, per non perdersi nella devastante banalità di chi non ha sentito il fascino inquietante di Ranuccio Bianchi Bandinelli, in pagine che ancora sapevano di Rodenwaldt.
Ma se si trascura la fioriera, si segue il raggio di luce che segna la fronte e le guance ribassate, si scopre che l'imperatore non è simile al dio, è un dio trasformato in imperatore, in anni duri; un Giove Capitolino, forse, possente nelle masse muscolari scandite da qualche copista seriale, ma non immemore della forza dell'aquila e del classicismo policleteo. E si capisce alfine perché il Gallieno di Torre Saline, rigenerato dall'acqua dell'Albegna e dal barcaiolo curioso, fermato ad Alberese perché il viaggio a Firenze era troppo costoso per un tirchio granduca più intento a (far) bonificare che a bearsi dei segni del passato, ritrovato da un giovane archeologo curioso incrociando la fotografia di Grosseto e la pagina del Bullettino di Archeologia e il ricordo di archivi frugati alla ricerca di ciò che lo scavo non avrebnbe mai potuto dar(gli), non è troppo fittschenianiamente o wegneriamente o tedescamente inquadrabile in tipologie, schemi e sottoschemi: era Giove a generare Gallieno, perché Gallieno fosse Giove nel corpo, e Sole nella corona di metallo conficcata a nascondere capelli impropri, per l'imperatore che avrebbe potuto e voluto guidare la travolgente carica del sarcofago Ludovisi; e se ne stava a Milano a salvare il salvabile di un impero che era imperiale soprattutto nei sarcofagi, e nel fascino vincente di un passato tanto vicino da sembrare remoto, perduto per sempre.
Limpido il marmo, dopo che qualcuno tagliò la testa all'imperatore, e qualche altro la ritrovò, e il nitore dei volumi consente letture inaudite, negli anni Ottanta di un secolo scorso che sono più vicini agli anni Cinquanta dell'Ottocento, due secoli passati, che l'imperatore salvato dalle acque vorrebbe – forse – di nuovo rimirare al sole di Maremma, con lo sguardo da dio, il corpo da dio, la spada con l'aquila, pegno perduto del capitano di barca, a richiamare l'aquila che lo mira devota, pronta agli ordini come (non) erano le infide legioni del Reno e del Danubio. Forse non è Gallieno, come insinua la Perfettilla Archeologa innamnorata di Adriano, ma lo sguardo da dio è quello dell'imperatore sospeso tra la tragedia del presente, e il sogno del passato e del futuro.

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