venerdì 19 marzo 2010

La propaganda a tavola: le monache del monastero dei Santi Iacopo e Filippo nel Quattrocento




Se la bevevano e se la mangiavano, le Monache dei Santi Iacopo e Filippo di Castelfranco, la propaganda, nell'autunno del Medioevo che nelle popolaresche maioliche di Montelupo era ancora Medioevo, un po' gotico, ma altrove stava divenendo il Rinascimento. Riemergono il frammento di boccale con il giglio, splendido nel blu corposo della zaffera, privilegio di pochi (dicono gli archeologi, ma chissà quanto è vero tutto ciò), e i due frammenti della scodella con un leone che il terzo frammento, perduto per sempre, avrebbe di certo trasformato nel Marzocco della Dominante, negli anni in cui il Valdarno di Sotto risuonava del torneo a squadre e a puntate che a San Romano avrebbe dato gloria a Paolo Uccello, piuttosto che a chi lo combatté e lo vinse ... e pagavano sempre i poveri contadini che nemmeno appaiono sullo sfondo.
Chissà che cosa pensavano, le monache agostiniane, chiuse nelle mura di mattoni costruite nel secolo precedente, in un castello dalle fragili mura certo non rese convincenti dalle torri e da poveri contadini con qualche balestra a far da spauracchio a mercenari e condottieri più bramosi di saccheggio che delle fatiche dell'assedio e dell'assalto.
E il Giglio in blu e il Marzocco a colori (un po' prima, un po' dopo) a rassicurare le monache che il loro muro, muro del castello, non era difeso solo dai miserabili balestrieri di Castelfranco, ma anche dal Leone della Dominante.

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