mercoledì 20 gennaio 2010

Una lucerna per illuminare secoli oscuri




Lividi e cupi come gli anni (i secoli) che li generarono sono gli strati che si accumulano su selciati miserabili, trafitti da buchi di palo, intorno a fonti, vasche, pozze, rifatti, scavati, recuperati. L'argento dei tesori delle chiese, l'oro dei solidi e dei tremissi, dei preziosi di guerrieri goti e longobardi e delle loro dame, dei malloppi di senatori e preti, è assai lontano, seppur coevo, dall'intreccio di terre scure, macerie filtrate e selezionate, in cui l'archeologo ossessionato dalla cronologia tenta di distinguere secoli e al massimo riesce a discernere fasi: Galli Tassi II, Galli Tassi III, quasi si fosse non nei secoli illuminati da pergamene e papiri, massa di cronache e lettere, ma nella preistoria. E l'archeologo sente il limite pesante della sua scienza, quando non affronta più a viso aperto il mondo di Roma e dei suoi traffici, o quello dinamico e dialettico del Trecento e del Rinascimento. Olle e bacini, boccali (gli 'orcioli') in cui s'immagina di riconoscer decorazioni da spruzzi insensati di una misera vernice rossastra, e si fantastica o delira sul significato di qualche schizzo invetriato.
E poi, nella massa di terra appiccicosa, umida e misera che s'appoggia (o riappoggia) ad un muraccio misero, fatto della stessa miseria e di remoti ricordi del bel costruire romano, nella malta sottratta a macerie cotte, all'infelice archeologo che si occupa di cose di là dal muro, in cui non giunge né il rosso dei piatti e delle scodelle di Africa, né il rosato di quelli d'Anatolia, e le anfore sono frammenti incomprensibili, appare per miracolo una lucerna, smangiucchiata, corrosa, ma quasi intera. La luce, infine, per fissare negli anni in cui Frygianus stava passando dalla storia all'agiografia, Funso cedeva a Gummarit, un momento di vita intorno ad una vasca, forse la storia di un muro, forse la storia di qualcuno di coloro di cui conosceremo i nipoti nelle pergamene del secolo VIII.
Atlante XVI, Gualandi qualcosa, e poi la devastante erudizione di Orssaud e Sodini per accontentare qualsiasi curiosità, e ricreare dubbi. Ma giacché bisogna pur credere in qualcosa, come diceva Kant, crediamo pure che la lucerna del Cortile Carrara, scavi di un autunno del '99 umido e triste come gli anni dell'avanzato VI secolo, abbia illuminato i servi di Ranilo, i Lucchesi che stavano sulle mura a chiacchierare con Narsete, che avevan visto Frygianus e soprattutto acqua infinita, dal cielo, dai fiumi, ad annegare anche le speranze.

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