sabato 16 gennaio 2010

Scavar per vasche (o dell'archeologia idraulica)




Dove le fronde mosse dai venti d'occidente facevan cantare le Ninfe Driadi della Terra dell'Auser, potrebbero oggi nuotare le compagne di Diana/Artemis, facilmente spiate da Atteone; ma solo aironi e garzette si affannano a penetrare in campi devastati, ridotti a impasto di erba rami fango.
Dietro il gran mucchio di terra, dilavata, che rivela in briciole minute una storia incredibile, perduta, in una vasca sottratta per un attimo alla quiete dell'acqua, si scoprono lucenti in giacche che sembrano corazze gli archeologi perduti, in paesaggi assediati da aarchitetture del nulla.
Nel fango, perché pur bisogna andare, e navigare, l'archeologo appena uscito dal fango della città commenta, al far della sera, con la luce radente che li esalta, accrocchi di pietre e tegoli, conditi da qualche coccio: e fantastica di una storia del V secolo, con un lacus ritrovato per il cuore di una capanna di pali su zoccolo lapideo, un focolare al punto giusto, la bella discarica su cui volerà, quando sarà trasformata in cassette impilate ad altezze raggiungibili solo con scale improprie. Gli archeologi che s'affannano nell'isola sottratta per un attimo al fango lo ascoltano stanchi, e solo un riverente garbo impedisce apprezzamenti severi.

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