mercoledì 27 gennaio 2010

La cintura del Longobardo, i rilievi del Caucaso




Si seguono i dotti tedeschi e le ricostruzioni alamanne per ricomporre placche placchette puntali e fibbia del vir magnificus morto a Lucca e sepolto davanti a Santa Giulia, scavato centocinquant'anni fa. Son tanto di moda Carlo Carolingi Germani e Renani.
Ma se si vuol scorgere la vita delle aristocrazie alla periferia dell'Impero (Bisanzio/Costantinopoli), dei nobilotti che volevano l'Impero, anche da nemici, o pronti ad essere amici e nemici, non si può non vagare per il Caucaso, dalla cattedrale di Mren a Mzcheta, con patrikioi e hypatoi addobbati a festa, a far riconoscere la loro legittimità dal Cristo venerato.
Non piacque ai dotti d'Italia (anzi: proprio non se la filarono ...) la parentela letta sulla lamina di Agilulfo, fra Longobardi e Georgiani, periferie dell'Impero che comunicavano senza conoscersi con le immagini diffuse da Costantinopoli, e con le navi che dal Mar Mero sostavano alla Capitale, e altre che venivano dai porti d'Italia: dromoni pisani e vascelli d'Alessandria, a scaricare anfore LR qualcosa, negli anni di Maurizio, Foca, Eraclio, immagini di potere e segni del potere.
Ma se si vuol vedere 'funzionare' la cintura del vir magnificus di Lucca, se si volesse darle la vita e non esporla come su un tavolo d'obitorio negli obitori illuminati che spesso sono i musei, bisognerebbe proiettarla sull'immagine del patrikios o dell'hypatos di Georgia, con quei nomi un po'
greci e un po' strani, Demetrio Stepanoz Adarnase. Tutti con il sogno di Costantinopoli, come il Longobardo di Lucca, con i suoi delfini a guizzare su una cintura che aveva visto il mare.

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