lunedì 1 giugno 2009

L'illusione della sicurezza, l'immagine del potere


Aria fresca, dopo un lungo assaggio d'estate, e lento cader della pioggia a far vibrare una luce incerta. Passano viandanti, pellegrini, curiosi, sulle mura, si affacciano nella sala dove amici, per passione, per dovere, per simpatia, per noia, si raccontano anni di ricerche nelle piane di Lucca e per i monti, da Pescia al mare, dalla Versilia alla Garfagnana. Cento e più castelli alla fine si sono accumulati, e dalla concrezione di interessi che accumulano curiosità antiquaria, rigore di studi di archeologia dell'architettura, fatiche di Soprintendenza e di Università, spunta – atteso ma sorprendente, come di solito sono le cose attese – lo scenario delle Gesta Lucanorum, tante volte lette nel faticoso racconto di risse di campagna e di faide di Comune, e dell'arrotondata prosa di Tolomeo: castelli e signori, battaglie ripetitive, insopportabili come le storie della politica dei nostri giorni, fino al trionfo del Primo Signore, il Comune, che dal Primo Castello (la Città) abbatte o risucchia tutti gli altri. La storia si fa anche con i muri, e Enrico ce ne ha dato una bella dimostrazione, riunendo suoni diversi, bande di paese, quartetti, solisti (un omaggio alla solista di oboe, paziente in sala). Montecastrese e il Bargiglio, Villa Basilica e Gorfigliano, Popiglio, storie scavate e storie immaginate dietro relitti di strutture talora ingannevoli; Benabbio e Vergemoli a raccontare altre storie, le punte di freccia e di balestra a far vivere guaite e castellani. Per dar vita alle pietre, è mancato solo, perduto nelle letture degli elevati e delle sequenze stratigrafiche, il monumento principe del Duecento lucchese, il Ritmo del 1213:
Ma come perdetero lor distrieri
così fussero rimasti prescioni
per li nostri cavalieri!
Altressì no fu sopra
Gualterotto Castagnacci
et Ronsinello Pagani;
ma per saramento fur distrecti
et ritornaro dai Christiani:
ma loro arme e lor cavalli
lassaro dai Pagani.
In quello stesse rio segno
fu Orlandin da Sogromigno
che fu Guido et Guidarello.
Pegio non fu lo Garfagnino,
quei che non fu paladino,
filiolo di Guido Garfagnino.
Prese a torto confalone
ke Luca ’l trasse di prescione;
e perciò quel mal portoe.
Mei lo portò Uguicionello,
quei che già no i fu Gainello,
ka Lucca aitò, la sua cittade,
in cui castello ten Christianitade.
ecc. ecc.

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