sabato 30 novembre 2019

Il senso dell'Impero. Lucius Venuleius Apronianus Octavius Priscus da Lucca a Nicaea



Sera d'autunno, piove a Firenze, esuli dalla biblioteca di tanto sapere madre, e ora rottamata, come chi la visse e ne visse, ma si sa il mondo cambia. Esuli, ma capita di sfogliare, per curiosità remote, il mitico digesto di chi vuol leggere il mondo antico, Année Epigraphique. Volumi immani, sempre più immani, indici comodi, come usava un dì.
Ed ecco che appare da Nicaea di Bitinia, fresca fresca dalle terre, edita per cura di un dotto turco in un introvabile volume per altro dotto turco, il pezzo in greco che dissolve le nebbie sul manoscritto lucchese dei primi del Seicento.
Quattro secoli per conferme nella pietra alla genialità dei dotti epigrafisti (quasi tutti tedeschi ...) che dal frammento visto da Daniello e qualche amico suo avevano seguito la carriera di L. Venuleius Apronianus Octavius Priscus, console, e poi per simpatia di Lucca (o di Pisa... mmhhh), duoviro quinquennale in casa ... anni di Adriano, il consolato è quello dei bolli. A.D. 123. E poi in Asia, proconsole, ma a far qualcosa per gli antichi devoti del nonno, in Bitinia. Il patronato ha i suoi obblighi e i suoi riconoscimenti.
Schegge di pietra in uno schizzo, in una pagina preziosa, per capire cosa era l'Impero, da Lucca a Nicaea passando per Pisa e per Roma. Molta Roma, va detto, i Venulei non amavano i luoghi di frontiera, il minimo indispensabile. Un po' di tempo in Moesia, con la legio I Italica, non si può rifiutare.
I Nemesiasti di Nicaea, la plebs urbana di Lucca, negli anni che l'archeologo ha visto nelle sigillate un po' sfatte di Pisa e nelle prime sgargianti scodelle d'Africa. E ora nella pietra.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.